Una filiera di carne di razza Chianina interamente no-ogm è possibile. Secondo un’indagine Bovinitaly condotta su 500 allevamenti di razza Chianina sulle circa 600 attive in Toscana – all’interno del progetto “Pro.sper.a.n.o. protocollo sperimentale alimentazione no ogm”, cofinanziato dal PSR della Regione Toscana (azioni innovative, Misura 124) – con Cia Toscana come partner per il trasferimento dell’innovazione -, il 7% delle aziende zootecniche toscane (di razza Chianina) utilizza una parte di mangime per l’alimentazione animale di origine Ogm (organismi geneticamente modificati), in particolare soia importata.
Infatti secondo l’indagine effettuata il 73% delle aziende zootecniche ha dichiarato di essere già completamente “No-Ogm” mentre un 20% è no-ogm pur non sapendolo con certezza. Il restante 7% - come emerso dagli esami di Bovinitaly - utilizza una parte di mangime per l’alimentazione animale che è soia ogm. Ma nessun allarme comunque per i consumatori perché la carne non è ovviamente ogm; tuttavia i produttori toscani intendono garantire un prodotto interamente proveniente da alimentazione ogm.
Il protocollo sperimentale per un’alimentazione no-Ogm è stato presentato quest’oggi a Foiano della Chiana (Ar) nel punto vendita dell’azienda agricola Rosalba Tedeschi. «I risultati di questo progetto – ha commentato Giordano Pascucci, presidente della Cia Toscana – sono molto importanti perché evidenziano un quadro degli allevamenti toscani di carne Chianina che fa della qualità delle produzioni ma anche ambientale una base di partenza. Creare una filiera di carne Chianina interamente no-ogm è un ulteriore passo avanti nei confronti del consumatore, ma deve essere sempre corrisposto un prezzo equo all’allevatore». «Il progetto – ha spiegato il presidente della cooperativa Bovinitaly Stefano Mengoli – ha definito una metodologia di controllo dell’intera filiera produttiva, dalla nascita del vitello fino alla macellazione, con l’obiettivo di poter dichiarare e garantire, nella fase di commercializzazione, l’adozione di una alimentazione ‘no-Ogm’ dei bovini certificati IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale di razza chianina allevati in Toscana.
La fase di sperimentazione è stata positiva ed è quindi fattibile in tempi rapidi l’adozione di un protocollo produttivo ed innovativo e delle relative procedure di vigilanza in azienda attraverso controlli periodici ed analisi sui prelievi effettuati (con riferimento agli allevamenti linea vacca-vitello; d’ingrasso e a ciclo chiuso). La Chianina ha aggiunto Mengoli – è un’isola felice, visto che dagli esami è emerso che solo il 7% utilizza mangimi Ogm, grazie al fatto che la maggior parte delle materie prime per l’alimentazione è autoprodotto in azienda».
Il problema maggiore è dato dai costi di produzione: ad esempio una soia no-ogm rispetto ad una soia ogm ha un costo maggiore per l’allevatore del 15%. Un costo – evidenziano gli allevatori – che non è compensato da altre parti della filiera (es. distribuzione), quindi anche il mercato dovrebbe dimostrare – riconoscendo un prezzo superiore - di volere una produzione interamente no-ogm, riconoscendo alla parte agricola un valore aggiunto. Inoltre la soia no-ogm è di difficile reperimento e potrebbe essere sostituita da altri mangimi proteici, come favino, girasole e erba medica che possono essere prodotti direttamente in azienda. Secondo i dati forniti da Andrea Petrini – coordinatore del Consorzio di tutela del vitellone bianco dell’Appennino Centrale (che comprende le razze Chianina-Romagnola-Marchigiana) - gli allevamenti IGP sono 3203 (erano 2961 5 anni fa); in Toscana ci sono 659 allevamenti di Chianina, 198 punti vendita; 2805 certificazioni IGP di razza Chianina (erano 2403 nel 2008). Gli allevamenti toscani di Chianina sono medio piccoli; il 53% fa ciclo chiuso ovvero produce mangimi per alimentazione direttamente in proprio; ed è un settore dove il ricambio generazionale è già praticamente avvenuto visto che circa 1 azienda su 3 è condotta da un giovane.