Firenze, 18 maggio 2013– Ad aprire la seconda giornata di Terra Futura, la mostra convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale, in programma fino a domenica 19 maggio alla Fortezza da Basso di Firenze, è l’economista Susan George che, per impedire il “sopravvento” delle banche in Europa, propone tre vie: «È necessario regolamentare il capitalismo, lavorare con le associazioni che lottano contro i paradigmi fiscali esistenti e rinforzare quelle istituzioni, come Banca Etica, che resistono e non sono capitalistiche - afferma la George - .
Ognuno può fare qualcosa, a partire in primo luogo dai cittadini, perché ovviamente non saranno i Governi ad agire in quanto totalmente asserviti alle banche e alle potenze finanziarie». «Occorre quindi unire le forze di tutti - associazioni, cittadini, società civile - per cambiare rotta e uscire da un sistema in cui la finanza è fine a se stessa e non uno strumento a sostegno delle persone - continua la George -. Tra le grandi priorità: chiudere lo scandalo dei paradisi fiscali dove sono depositati almeno 26mila miliardi di dollari, risorse non tassate, che indeboliscono gli Stati e fanno ricadere l’intero costo della crisi sui cittadini». Da qui la necessità di una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF), la cui introduzione nell’Unione europea è stata sollecitata con forza dalla Campagna “ZeroZeroCinque”, promossa da oltre cinquanta organizzazioni della società civile italiana ed espressione di un più vasto movimento globale a sostegno della tassa.
La Campagna ha accolto con soddisfazione l’autorizzazione del Consiglio europeo ad attivare la procedura della cooperazione rafforzata, permettendo così a undici Stati membri dell’UE, tra cui l’Italia, di introdurre un’imposta comune. La nuova proposta di direttiva, presentata il 14 febbraio scorso dalla Commissione Europea, è un testo - così come attualmente formulato - gradito alla “ZeroZeroCinque”, che evidenzia però la necessità di alcune modifiche e integrazioni per rendere maggiormente efficace l'applicazione dell'imposta.
«Sappiamo che un euro utilizzato nel modo più opportuno può moltiplicare i propri effetti in termini di promozione di lotta alla povertà, inclusione sociale e creazione di valore sostenibile - commenta Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata e portavoce della campagna. Nonostante gran parte dei nostri destini si giochi proprio attorno alla finanza, e nonostante la crisi sia stata originata dai suoi dissesti, il dibattito economico sembra concentrarsi su altro, anche perché la complessità dei temi finanziari non aiuta la gente a farsi un’opinione». A dimostrare quanto siano importanti i singoli cittadini nella ridefinizione del ruolo della finanza, anche la nuova campagna di educazione “Conimieisoldi” di Banca Etica, presentata oggi a Terra Futura: un’iniziativa che rende concreti e tangibili i tanti modi con cui i cittadini-risparmiatori agiscono dal basso per contrastare la finanza speculativa, che ha distorto l’economia globale negli ultimi decenni, scegliendo invece prodotti e servizi finanziari “etici”: pensati, cioè, in un’ottica di trasparenza, sostenibilità, a sostegno dell’economia reale e delle imprese che lavorano in settori di interesse collettivo, nel rispetto dell’ambiente e dei diritti umani.
Attraverso un sito web le persone che vorranno potranno raccontare la propria azione. «C’è un sistema finanziario che è decine di volte l’economia reale e, nello stesso momento, è praticamente impossibile in Italia avere accesso al credito. Non solo la finanza non svolge il ruolo che dovrebbe, ma addirittura crea disastri. Serve quindi un diverso sistema finanziario, che sia strumento al servizio dell’economia e non fine a se stesso - afferma Andrea Baranes, presidente di Fondazione culturale Responsabilità etica, del sistema Banca Etica -.
Con questa campagna vogliamo dimostrare che tutti noi con i piccoli risparmi possiamo indirizzare dal basso l’economia, scegliendo di finanziare agricoltura biologica piuttosto che mine antiuomo». Ad affrontare il fenomeno delle implicazioni finanziarie a livello globale, anche Caritas Italiana, che ha presentato a Terra Futura il sussidio “Finanze e speculazioni, o cura del bene comune?” (EDB n.17, 2013): la crisi finanziaria ha costretto a immettere grandi quantità di denaro pubblico per salvare tutte quelle banche che non riuscivano a recuperare i crediti.
Il minor denaro disponibile ha innescato una spirale recessiva negli scambi internazionali. Contemporaneamente i Paesi “BRICS”, o emergenti, si sono affacciati sul mercato con prezzi concorrenziali, con impatto negativo sulle produzioni dei Paesi più deboli. Per effetto speculativo sono aumentati i prezzi agricoli, la disoccupazione e la povertà. Di conseguenza sono anche aumentate le proteste e i conflitti. Alta la competizione in particolare per le risorse e la disponibilità di cibo: sono 40 i Paesi a rischio entro il 2030, per i quali la produzione è in pericolo a causa di cambiamenti climatici, land grabbing, speculazione finanziaria.
Sostegno al sistema lavoro attraverso la garanzia dell’accesso al credito e lo sviluppo di una cultura della responsabilità sociale d’impresa: queste le leve di intervento oggi prioritarie, per un’efficace lotta contro l’illegalità e la criminalità organizzata. Un’azione di contrasto che può portare frutti solo se condotta a livello europeo: da istituzioni consce che le mafie non hanno confini, e da cittadini che sanno riconoscere le forme in cui il “nemico” si manifesta nella vita di tutti i giorni.
Non più solo “caporalato e pizzini”: le mafie evolvono in continuazione e sono sempre più invisibili, operando in arene dai limiti in apparenza perfettamente legali. Ci vuole, insomma, più Europa per ricostruire quel welfare e quella legalità, che stanno alla base di una possibile uscita dalla crisi. Se ne è parlato e se ne continua a parlare a Terra Futura, la mostra convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale fino a domenica 19 maggio, alla Fortezza da Basso di Firenze. Segnali incoraggianti in tale direzione arrivano da Gianni Pittella, vicepresidente vicario del Parlamento europeo: «In Europa si sta lavorando a una direttiva per favorire l'utilizzo dei beni confiscati alla mafia.
Esistono, comunque, già strumenti concreti – come le norme contro il riciclaggio, organismi come l'Olaf (Ufficio europeo per la lotta antifrode), l'Europol (Ufficio di Polizia europeo) e l'Eurojust (Unità europea di cooperazione giudiziaria) – ma possiamo fare di più. Eliminare i paradisi fiscali, ad esempio, ma anche aumentare la collaborazione tra le autorità di intelligence dei vari Paesi e istituire un procuratore antimafia europeo. E ancora, sostenere le reti di associazioni impegnate nella lotta contro tutte le mafie, che chiedono la gestione dei beni confiscati: potremmo infliggere così un duro colpo ai poteri criminali che succhiano il sangue dei cittadini».
Fra i nodi urgenti ancora da sciogliere, il problema della connivenza di parte della politica e delle pubbliche amministrazioni con la criminalità organizzata. E quello degli istituti di credito che «impediscono ai soggetti che vogliano prendersi in carico i beni confiscati, di metterli a disposizione della collettività, per problemi burocratici». Ha condiviso, ieri, la centralità dei temi del dibattito Rodolfo Maria Sabelli, presidente dell’Associazione nazionale magistrati che sulla globalizzazione delle infiltrazioni criminali nel tessuto economico finanziario ha affermato: «Contro le mafie e l’illegalità occorre un processo di armonizzazione delle legislazioni esistenti, anche se non è cosa semplice data la presenza di legislazioni strutturalmente diverse fra loro: abbiamo Paesi di common law, come la Gran Bretagna, e Paesi di civil law.
Questo processo è stato ormai avviato, favorito anche da realtà sovrannazionali e si pone come obiettivo la condivisione di principi e l’individuazione di standard comuni». Per combattere un mostro a molte teste, come quello in questione, occorre però il contributo di tutti. Servono la repressione, la celebrazione dei processi, l’arresto dei colpevoli, il sequestro dei patrimoni. Ma non basta. Ribadisce il concetto Giuseppe Pignatone, procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Roma: «Magistratura, polizie e forze dell’ordine devono svolgere i propri compiti.
Poi c’è la società tutta, cui spetta di restringere i possibili spazi di infiltrazione. La tentazione di accettare proposte allettanti di denaro a bassi interessi, soprattutto in un momento tanto difficile, è forte. L’esperienza, triste, che si sta facendo in tante regioni di Italia - e non solo del Sud -, insegna però che una volta fatto entrare il mafioso, non si riesce più a richiudere la porta né tanto meno a cacciarlo via. Si finisce col perdere la proprietà, l’azienda, la libertà». Per questo occorre un diverso approccio sistemico, non sono sufficienti singole misure: l’iniezione di nuova liquidità alle banche, ad esempio, non aiuta la ripresa perché poi gli istituti di credito non prestano; e non basta neppure la confisca di singoli patrimoni.
La necessità di questo passaggio è emerso in tutta la sua evidenza oggi, in occasione del lancio della “Banca della Fiducia” del Progetto San Francesco. «Istituzioni locali, nazionali e europee, magistratura, forze investigative, banche, sindacati e società civile: tutti devono collaborare per recidere i legami con cui la criminalità organizzata “compera” il consenso sociale attraverso la liquidità. Chiediamo che il 35% del capitale confiscato venga reinvestito in credito a sostegno di imprese e famiglie, utilizzando le risorse del Fondo Unico Giustizia» afferma Alessandro De Lisi, direttore del Centro Studi Sociali Progetto Sociale San Francesco che ha sede a Cermenate (Como), presso un edificio confiscato alla ’ndrangheta. Leggi semplici ed efficaci per il datore di lavoro e verifica del rispetto di tutti gli standard di sicurezza (specie in settori quali edilizia e logistica interessati, più di altri, da ramificazioni di tipo criminale), sono invece le azioni da intraprendere a livello politico, secondo l’avvocato Umberto Ambrosoli, candidato alla presidenza della Regione Lombardia alle ultime elezioni.
Serve inoltre «stimolare le aziende ad andare oltre la normativa in senso stretto, per farsi portatrici di una più ampia cultura di giustizia». “Toscana e Emilia Romagna, due regioni diverse ma accomunate da forti analogie: entrambe hanno praticato la pianificazione come metodo di governo del territorio; entrambe dalla fine degli anni novanta hanno scelto di ridimensionare fortemente il ruolo delle regioni rispetto alle scelte di pianificazione degli enti locali; entrambe ora si stanno interrogando su come mettere in atto politiche piu’ efficaci per contrastare il consumo di suolo.
“ Lo ha detto l’assessore al governo del territorio Anna Marson nel suo intervento a Terra Futura a conclusione del seminario sulle politiche di contrasto al consumo di suolo cui era stato invitato anche Roberto Gabrielli, responsabile del servizio pianificazione urbanistica, paesaggio e uso sostenibile del territorio dell’Emilia Romagna. L’urbanista emiliano ha tracciato un quadro dell’evoluzione urbanistica degli ultimi vent’anni nella sua regione insistendo sulla necessità di puntare sulla rigenerazione urbana come “occasione per rimettere in gioco l’esistente e contrastare la dispersione insediativa che ha fatto lievitare in Emilia Romagna anche più che in Toscana il consumo di suolo”.