Tutti gli uomini, a prescindere da sesso, etnia e reddito hanno diritto a vivere in un ambiente sostenibile, equilibrato e sano. Questo il principio alla base della Giornata della Terra (Earth Day) che celebra, il 22 aprile (1 mese e 2 giorni dopo l'equinozio di primavera), l'ambiente e la salvaguardia del nostro pianeta. Quello che è divenuto ormai un avvenimento informativo ed educativo a livello planetario, è nato in origine come movimento universitario. Il 22 aprile del 1970 ben 20 milioni di cittadini americani si mobilitarono in una storica manifestazione ispirata all'azione del senatore democratico Gaylord Nelson che decise di portare la questione all'attenzione dell'opinione pubblica in seguito alla fuoriuscita di petrolio dal pozzo della Union Oil al largo di Santa Barbara (California) nel 1969, ed al conseguente disastro ambientale. Il 26 febbraio 1971, il segretario generale delle Nazioni Unite, U Thant, firmò il proclama che ufficializzava la partecipazione dell'ONU alla celebrazione annuale dell'Earth Day. La manifestazione è l'occasione perfetta - ed in questo senso è usata in particolar modo dai vari gruppi ecologisti - per riflettere sulle problematiche del pianeta: il riscaldamento globale, l'inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali in continua estinzione e l'esaurimento delle risorse non rinnovabili. Con l'avvento di internet e la sua trasformazione in fenomeno di massa è stato possibile coinvolgere in modo sempre più incisivo l'opinione pubblica e rendere familiari concetti quali "decrescita felice" e "prodotti a km zero" (o "a impatto zero"). Anche le aziende hanno iniziato a muoversi in questo senso con attività e sponsorizzazioni che consentono loro di abbattere o quantomeno ridurre l'impatto ambientale legato allo svolgimento delle proprie attività.
Progetti quali Zero Impact Web o Treedom ne sono un esempio. Anche le grandi multinazionali (vedi la campagna EnelPremia) si scoprono attente all'ambiente ed al benessere dei loro clienti - percepiti e trattati sempre più come persone e non solo come consumatori - e dei cittadini in generale. Ovviamente non ci troviamo sempre di fronte ad un'adesione convinta.
In molti casi, di fatto, le multinazionali si stanno trovando costrette ad adeguarsi, a non poter più fare a meno delle leve del cosiddetto "green marketing", pena la perdita di quote di mercato sempre più consistenti a favore delle compagnie più sensibili a questo tema. Sono sempre di più infatti i "green consumer", le persone che per le proprie scelte di acquisto valutano attentamente non soltanto il prezzo e la qualità di beni e servizi, ma anche i valori etico-ambientali di chi li ha prodotti.
E a formare ed accrescere una tale consapevolezza ha contribuito fortemente proprio la rete, che ha certamente facilitato la circolazione e la condivisione di informazioni e valutazioni critiche su aziende e prodotti. Ecco allora che lanciare campagne di green marketing e comunicare la propria responsabilità ambientale comporta un ritorno positivo in termini di immagine e l'acquisizione di un importante vantaggio competitivo. Il che, al netto delle reali intenzioni, è certamente una fatto positivo... Photo credits: il doodle di Google dedicato all'Earth Day 2013