Prosegue a San Salvi “Il Sogno matto”, percorso teatrale (e non solo) sulla figura di don Chisciotte. Lunedì 4 marzo alle ore 21,15 un piccolo grande evento con la presenza del regista Maurizio Scaparro e del suo film “Don Chisciotte”. A fine proiezione, Scaparro narrerà questa folle avventura multimediale nata nell’ormai lontano 1983, confrontandosi con gli allievi del Laboratorio dei Chille, impegnati quest’anno proprio sulla figura del Cavaliere dalla triste figura. Il “Don Chisciotte” di Scaparro è uno spettacolo a tre teste: una serie TV, uno spettacolo teatrale, e un film per le sale di circa 100 minuti, che sarà appunto presentato a San Salvi.
In esso, Pino Micol è don Chisciotte, Peppe Barra Sancho; oltre alla presenza speciale di Els comediants, si segnalano il testo di Tullio Kezich, i costumi di Lele Luzzati, le musiche di Eugenio Bennato e naturalmente la regia di Maurizio Scaparro. In questa lettura del romanzo di Cervantes la chiave dell'impresa è l'utopia del teatro: Don Chisciotte esce da casa, si arma, sale a cavallo, entra in un luogo chiuso, in uno stanzone circolare che è un vecchio teatro abbandonato e in degrado. Tutte le sue avventure avvengono in quel circolo, "prigioniero di un viaggio mentale da cui non può uscire".
Come diceva Michel Foucault, “la verità in teatro è illusione, anzi follia in senso proprio”. Scaparro, come Cervantes, è innamorato di Napoli, e non è un caso che i Chille abbiano collaborato con il Maestro già dagli anni del Carnevale di Venezia che ospitò il teatro napoletano, ritrovandosi poi nel 1992 in occasione della Expo di Siviglia. E nel “Don Chisciotte”, come notò Giulio Baffi, “Maurizio Scaparro è ancora una volta… Napoli, città familiare ed amata, ancora una volta il suo linguaggio è impastato di una dolce malinconia in cui si fa spazio il sorriso.
Mai un eccesso, mai una nota stonata che copra, fragorosa, i lievi sussurri della fantasia. Regista incapace di aggredire l'attore, di gridare il suo imperioso indirizzo. Si guarda intorno e annota puntale i mutamenti provocati da anni che hanno visto cadere le ideologie, crollare i miti, nascere alternative non condivise: «Con la coscienza che quando questo nostro essere uomini cesserà, passeremo la mano ai robot, se non riusciremo a fare entrare nei contenitori nuovi che le tecnologie più avanzate ci hanno preparato e ci preparano per il linguaggio degli anni Duemila, parole e idee come amore, teatro, vita, pace, fantasia» .
Maurizio Scaparro cerca di costruire un suo teatro attento al presente, capace di superare barriere stilistiche. Un teatro che potremmo ben definire come "poesia civile". In cui si legga non la rabbia verso le ingiustizie di una società tanto imperfetta, quanto piuttosto l' indignazione. Il fatto è che oggi, più di ieri, quel cavaliere sognatore che vive rinchiuso nella sua misera stanza vivendo con gli occhi della fantasia avventure ed amori cavallereschi può essere «il simbolo della festa, della malinconia, della solitudine, insomma del teatro; parente di Amleto, questo personaggio cavalleresco vive nell' età del ferro, ma sogna l' età dell' oro». Per la serata sansalvina l’ingresso libero, ma per il numero limitato dei posti disponibili, si consiglia una tempestiva prenotazione: tel.
055 6236195, mail chille_@libero.it.