Alla protesta dei Cobas si è aggiunta la richiesta di spiegazioni da parte dei dipendenti delle pulizie effettuate all'interno dei mezzi e degli uffici di ATAF. Secondo il piano approntato per il Bando, infatti, dei 50 operatori coinvolti nelle operazioni di lavaggio periodicxo e straordinario ne resteranno solo 20, un rapporto che preoccupa non solo il comparto sociale ma anche in merito al mantenimento dell'igiene sulle vetture. "Né la vecchia gestione che ha deciso la riduzione del personale, né la nuova proprietà hanno accolto la nostra richiesta di sedersi ad un tavolo per capire le ragioni di questa scelta immotivata - ha commentato Maurizio Maggi di Filcams - il rischio di perdere il posto per trenta dipendenti su 50 e la mancanza di misure di solidarietà a partire dal 1 marzo non sono cosa da poco.
Aspettiamo che interceda per noi la Provincia di Firenze con l'assessorato preposto al lavoro, ma aspettiamo anche di conoscere i nuovi proprietari che ancora non abbiamo incontrato in nessun modo" "Ci dicevano che il gestore privato avrebbe riorganizzato Ataf-Gestioni per migliorare l'efficienza e offrire un servizio migliore - recita la nota dei Cobas di Ataf - Pensavano che per far questo, avrebbero presentato un piano industriale, la cui parola d'obbligo fosse “risanamento”. Invece niente di tutto questo.
Non sappiamo niente del piano industriale; possiamo solo intuirlo dalle tre diapositive che ci hanno fatto vedere. Ataf per loro non è l'azienda che per 76 anni ha fatto trasporto e storia in città, è una scatola vuota, senza significato, da far sparire tranquillamente. Ciò che a loro interessa è accaparrarsi il buono per poi, nei prossimi 6/7 mesi (massimo fine anno), passarci a Cap e Busitalia alle loro normative. Un vero e proprio “SACCHEGGIO” già iniziato con la cessione del “Volainbus” e proseguito con il trasferimento forzato degli apprendisti per soddisfare le altre aziende del gruppo proprietario. "La situazione è drammatica.
Racconta la storia di uno sfascio totale di una gloriosa azienda che Renzi si vanta di aver risanato, mentre i nuovi dirigenti commentano con stupore e incredulità la gestione di alcuni reparti che sono stati abbandonati a se stessi. La statistica dice loro che per fare profitto occorrono un numero preciso di lavoratori nei settori strategici. Il resto è da eliminare. Nei loro calcoli statistici non c'è umanità. In alcuni settori si parla addirittura di riduzione del personale di 7,5 unità ovvero 7 persone e mezzo.
È la media del pollo. Ma tutto per loro trova fondamento nella statistica e tutto ciò che è fuori dalla statistica lo chiamano esubero. Era ovvio che tutte le funzioni esistenti già in Trenitalia o Busitalia concorressero a determinare dei “doppioni” in Ataf. Così l'ufficio paghe ce lo hanno già, l'ufficio marketing pure, ufficio contratti anche e così via dicendo. Ma oltre agli impiegati hanno doppione anche la sala clienti che verrà chiusa per trasferire quella lavorazione agli uffici di Cap in largo Alinari e all'autostazione Sita. 16 persone della sala clienti tutte inidonee che risultano essere non utili ai loro progetti e quindi in esubero.
Ma non solo: 17 operai di troppo in officina, 18 manovratori, 6 capideposito e poi uno qui, uno lì e via. Ma non ci è dato ancora di sapere ad es. quale è il loro progetto sulle officine, sui manovratori, negli uffici, sulla gara regionale. In una parola il piano industriale. Significa che loro non vogliono condividerlo con i lavoratori. Non vogliono che il lavoratore capisca o peggio interferisca nei loro piani anche se chi lavora “sul campo di battaglia” ha certamente tante cose da insegnare. Si sono mossi in silenzio.
Si muovono in silenzio. Ogni giorno ne sfilano uno per ridurre il problema senza dar troppo nell'occhio. Oggi sono 109. Erano partiti da 194. Continueranno a scendere fino a che rimarrà un gruppo che non sapranno a chi dare. A quel punto proveranno con la cassa integrazione in deroga, o trasformandoli in rami di azienda da affittare, cedere o forse licenziandoli. Spendono non per investire ma per eliminare i costi. E ovviamente non tirano un euro di tasca loro perché questi soldi li hanno presi dall'ultimo accordo sull'intervallo e sul nastro continuativo di guida da 4,5 ore (1milione e 200 mila euro).
Becchi e bastonati. A tutto questo noi non ci stiamo cari politici ed amministratori non ci avete ascoltato noi non vi votiamo" concludono. Ma in Ataf si è consumato anche uno strappo all'interno del sindacato: "Tra i principali compiti di un Sindacalista c'è sicuramente il dovere di informare i lavoratori; ancor più in questo periodo in cui tutto sta accadendo e trasformandosi nella nostra azienda - a scriverlo è Claudio Pizzuto reo di aver causato le dimmissioni dall'RSU - informare per me significa riportare ciò che ho ascoltato, ciò che ho visto, ciò che ho vissuto durante le tante ore di riunioni, intessendo il tutto con l'esperienza che ho maturato in quasi 10 anni di impegno sindacale svolto gratuitamente nel mio tempo libero e senza turni particolari. Molteplici sono le possibilità per far giungere al lavoratore ciò di cui sono venuto a conoscenza, per renderlo partecipe e soprattutto consapevole di ciò che lo riguarda, a cominciare dalle assemblee, dai volantini ed anche con i sistemi telematici. La piena partecipazione del lavoratore è l'elemento fondamentale per dar senso e forza alla rappresentanza sindacale, mentre il silenzio, l'ambiguità e la negazione del confronto nelle assemblee aperte a tutti è la morte degli interessi dei lavoratori.
In questi anni ho sempre svolto con queste intenzioni il mio mandato. Ho cercato di informare tutti nella totale trasparenza, a costo di essere frainteso oppure, come ora, di dover accollarmi le pretestuose accuse di aver causato le dimissioni della RSU. Come già riportato nel mio precedente post “Come se nulla fosse”, avevo già documentato delle dimissioni dei delegati RSU annunciate ufficialmente solo alla dirigenza e stranamente ritirate, subito dopo tale incontro. Oggi posso affermare che non erano state ritirate ma solo rinviate furbescamente in modo da scaricare le colpe su “i soliti Cobas” e colpendo direttamente il sottoscritto, reo di aver parlato troppo. La verità è scomoda, fa male, è fastidiosa, soprattutto se non puoi nasconderla se accanto a te c'è qualcuno che non fa l'interesse del sindacato ma difende con tutta la sua forza e incazzatura ciò che ritiene dannoso per tutti i lavoratori ed in particolare con quelli che condividono con lui la stessa mansione. Non è per merito di fantomatiche trattative o di accordi strappati con la forza della ragione, ma esclusivamente per il sacrificio di chi ha sempre lavorato con tenacia e con condizioni e ritmi oltre ogni limite se il carrozzone Ataf è potuto andare avanti. Ho sempre sostenuto che se il lavoratore sta bene, conseguentemente starà bene anche l'azienda; e che un'azienda in buona salute lo può essere solo con i suoi dipendenti motivati e partecipi di un progetto. È questo il modo con cui il sindacato dovrebbe approcciarsi alle trattative.
Invece, assistiamo ogni volta a sindacalisti che rinunciano alle loro idee, rinunciano ad esporre la loro esperienza perché sempre più distanti dal lavoro e sempre più vicini all'apparato sindacale che devono difendere per mantenerlo in piedi. Provoca rabbia osservare “sindacalisti” che trascorrono la giornata intera senza dire una sola parola nella riunione e si risvegliano solo al momento di apporre la firma senza nemmeno leggere il testo dell'accordo che è stato confezionato e preparato senza che nessuno di loro abbia riflettuto sulle conseguenze. Anche a me piacerebbe firmare un accordo e poter dire: state tranquilli...
grazie a noi... ma non posso sedermi con qualcuno se prima io non sono rispettato per l'uomo che sono e per le persone che rappresento. Nelle ultime trattative ho dato la mia completa disponibilità a “rimetter in gioco” tutto ciò che regola Ataf, ma non è servito a niente perché la dirigenza non ha bisogno di condividere con i lavoratori un percorso di ristrutturazione, in quanto qualsiasi cosa imponga sarà sempre accettata dai sindacati. Nel mezzo, ci sono i lavoratori che continuano a delegare persone di cui non sanno neanche il nome e che spesso non hanno mai visto né ascoltato parlare o tanto meno letto un suo pur breve testo.
Tanti, troppi, sono i “sindacalisti” che si fregiano di questo titolo, solo per garantirsi un turno che li ponga in condizioni migliori delle persone che dovrebbero assistere. Il sindacato è morto ogni qualvolta un lavoratore delega un “sindacalista” senza controllarlo, senza chiedergli spiegazioni di ciò che accade o del suo comportamento, fidandosi ciecamente e mai dubitando della sua correttezza. I dimissionari che si sono prestati al volere dei loro dirigenti sindacali, hanno attribuito un valore spropositato alle mie semplici e trasparenti parole rafforzando la veridicità di quanto da me affermato.
Altrimenti, se fossero state false, perché dimettersi? Con tale gesto, hanno però reso complici delle dimissioni tutti i lavoratori che in piena libertà li hanno democraticamente scelti tramite votazioni, perché potessero essere al loro servizio e non per essere servi di qualcuno"