I biologi dell’Università di Firenze studiano da detective. Per indagare l’origine di una alga infestante nel Mediterraneo, la Caulerpa racemosa, tre ricercatori dell’Ateneo fiorentino hanno impiegato un metodo investigativo, il Geographic profiling, diffuso in criminologia per individuare la possibile residenza di un serial killer. La ricerca, condotta nel 2012, è stata illustrata in un articolo pubblicato sulla rivista Biological Invasions col titolo “ Tracking the origin of the invading Caulerpa (Caulerpales, Chlorophyta) with Geographic Profiling, a criminological technique for a killer alga” (DOI 10.1007/s10530-012-0396-5) Il Geographic profiling si fonda su una formula matematica, la cosiddetta formula di Rossmo, dal nome del suo scopritore, che, in ambito investigativo, partendo dai luoghi in cui sono avvenuti dei delitti seriali, consente di avanzare delle ipotesi su dove si trovi l’assassino.
In ambito scientifico, questa tecnica è stata in parte adoperata dai biogeografi per individuare il luogo di diffusione di una specie o gruppi di specie. Mai finora era stata applicata per determinare il focolaio di un’invasione biologica che si registra quando un ecosistema viene infestato da un organismo esterno. “Per verificare l’efficacia del Geographic profiling a questo scopo –spiega Alessio Papini (nella foto)del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo fiorentino – ci siamo concentrati inizialmente sulla Caulerpa taxifolia, un’alga invasiva che si è diffusa a seguito di un travaso dall'acquario di Monaco.
Il test ha fornito risultati positivi e, a quel punto, abbiamo focalizzato la nostra attenzione su’altra varietà, la Caulerpa racemosa, la cui diffusione sta causando seri problemi di conservazione a vari ecositemi naturali. Approfondendo i nostri studi, considerando la distribuzione di quest’alga nel Mediterraneo, abbiamo individuato con il Geographic profiling il focolaio in un porto della Sicilia Occidentale, dovuto, probabilmente, dall’attracco di una nave da carico proveniente dall’Australia.
I dati hanno confermato la fondatezza di questa ipotesi”. La scoperta dell’Università di Firenze ha una rilevanza scientifica perché apre nuovi scenari in materia di salvaguardia degli ecosistemi. “Il modello – conclude Papini – si presta a essere impiegato oltre che nella biologia marina anche in altre discipline, quali la geologia per esempio, e può fornire elementi utili per ridurre l’impatto ambientale dovuto a eventi di invasione biologica”.