La Toscana ha il primato italiano per feriti in seguito ad alluvioni. Dal 1 gennaio 1960 al 13 novembre di ques'anno ci sono stati 364 casi. Più basso il dato relativo ai morti, 77, dove invece il primato spetta al Piemonte con 125. Sono i dati Istat elaborati dal Cnr-Irpi (Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica) sulle vittime e sugli sfollati causati da frane e inondazioni. Per quanto riguarda le frane, il triste primato dei morti va al Veneto, 1780 (disastro frana Vajont), mentre la Toscana ne conta 69 e 91 feriti, numeri che la pongono al settimo posto dietro a Trentino Alto Adige con 365 morti, Campania (363, prima per feriti 445), Friuli Venezia Giulia (230), Piemonte (144) e Lombardia (141). In Toscana gli sfollati per alluvione sono stati 33.468 e 25.844 i senza tetto.
Dati che la pongono al terzo posto preceduta soltanto da Veneto, 46.037 e Lombardia 37.305. Per quanto riguarda, invece, le frane in Toscana gli sfollati sono stati “soltanto” 4.195, contro il primo posto della Lombardia con 33.344. «I dati mostrano come in Toscana la più aggressiva criticità geologica per quanto riguarda i danni alle abitazioni (in termini di numero di senza tetto) sia legata alle inondazioni in misura nettamente maggiore rispetto all’altro problema geologico impellente, le frane», commenta Maria Teresa Fagioli, presidente dell'Ordine dei Geologi della Toscana.
«Questo, ovviamente e purtroppo, non significa che il territorio toscano non sia affetto da fenomeni franosi, significa solo che il numero insediamenti abitativi minacciato dalle alluvioni è maggiore di quello minacciato da frane. Ciò è abbastanza ovvio, se si pensa a come certa “urbanistica” tanto “creativa” quanto ignorante abbia prevalentemente invaso pianure alluvionali e aree costiere che in natura sarebbero lagune, ben più di quanto non abbia fatto con versanti ripidi ed instabili». «Gli stessi dati Cnr Irpi mostrano anche come in Toscana, rispetto ad altre regioni, i danni ai beni siano comparativamente molto maggiori rispetto al danno alle persone, segno che le stringenti normative della nostra regione, e la preparazione e buon senso dei cittadini ci hanno consentito per ora di evitare, in molti casi, il peggio».
«Le piane alluvionali, guarda caso, - continua la presidente Fagioli - si chiamano così proprio perché create dalle alluvioni e quindi alle alluvioni soggette. Il terribile “fango”, che ad ogni “disastro” invade garage, capannoni e case, altro non è che un naturalissimo sedimento, esattamente come quelli su cui quelle case, garage e capannoni sono stati edificati. Un materiale naturale che per magia burocratica, nel dopo alluvione, senza alcuna distinzione si trasforma in “rifiuto” da smaltire, a carissimo prezzo per la collettività, ad altissimo lucro per gli ecofurbi di turno». Il caso Albinia, un paese costruito in una “vasca”.
«Albinia è il classico esempio di territorio (mal) adattato alle opere. E in questo caso, l’”opera” è una intera cittadina. L’abitato, come molti altri centri della Maremma, si è sviluppato attorno dagli anni '50 con la Riforma Fondiaria. Nel Catasto Leopoldino del 1820 l’area ora urbanizzata era denominata “Piano delle saline”, un toponimo che da solo ci dice trattarsi di una laguna costiera. Il fiume Albegna, che circondava questa laguna è stato rettificato e arginato, due poderosi terrapieni, ed est e ad ovest, la Ferrovia Tirrenica e la Variante Aurelia, l’hanno isolata idraulicamente dal resto della pianura.
In questa vasca artificiale, col fondo appena un poco più alto della piana circostante è stata costruita la città». Finora era andata bene. «le alluvioni che avevano ripetutamente invaso la pianura senza raggiungere la vasca, questa volta ce l’hanno fatta». Quello che lascia sgomenti sono le parole, dettate sull'onda dell'emozione, del vicesindaco di Orbetello. «In una trasmissione televisiva questo pubblico amministratore, che è anche professionista, non geologo, ha sostenuto “col senno di poi” che facendo saltare con l’esplosivo i rilevati stradali e ferroviari “tanto poi l’alluvione li ha danneggiati comunque” si sarebbe salvato l’abitato.
Questo la dice lunga sul livello di ignoranza con cui alcune sfortunate aree del nostro territorio sono state gestite», commenta laconicamente Fagioli. Intanto la politica bussa alla porta del Governo: “Siamo totalmente insoddisfatti della risposta data dal governo alla nostra interrogazione con la quale chiedevamo quanti fondi siano stati destinati alle aziende agricole colpite dai recenti eventi alluvionali. Purtroppo non c’è stato nessun impegno per assegnare adeguate risorse al Fondo di solidarietà nazionale finalizzate ad interventi compensativi per queste aziende”.
Lo dicono i deputati democratici in commissione Agricoltura Susanna Cenni, Luca Sani e Carlo Trappolino commentando la risposta del governo alla loro interrogazione avvenuta questa mattina in commissione. “Ci auguriamo - proseguono i parlamentari del Pd – che almeno l’impegno preso dal governo in Aula con l’accoglimento dell’ordine del giorno a prima firma Sani, faccia fare una riflessione che porti ad una inversione di marcia con un rapido e adeguato rifinanziamento del Fondo”.