Firenze– In Toscana i dati a disposizione sembrerebbero smentire la presenza del fenomeno degli aborti selettivi per privilegiare la nascita di maschi, come accade in alcuni paesi del mondo. Questa è la valutazione cui è giunto l’assessore al Diritto alla salute Luigi Marroni, il quale ha risposto ieri in aula a un’interrogazione sull’argomento presentata dalla consigliera del Gruppo Misto Marina Staccioli. Marroni ha spiegato che il valore del rapporto dei sessi alla nascita – la cosiddetta “sex ratio” – è per i bambini nati da entrambi genitori italiani di 106 maschi nati ogni 100 femmine.
In alcune popolazioni, come quella cinese e indiana, il rapporto è più elevato, sia nel paese di origine sia quando essi emigrano; in Toscana le nascite da genitori indiani presentano un rapporto di 131, da cinesi di 112, da albanesi di 109. Però il ricorso ad esami diagnostici prenatali come la villocentesi e l’amniocentesi, che permettono di individuare il sesso del bambino in fasi non avanzate della gravidanza, è molto basso nelle donne straniere. Inoltre per quanto riguarda le interruzioni di gravidanza registrate in Toscana il numero è più alto per le donne straniere rispetto alle donne italiane: ma le nazionalità che vi fanno maggior ricorso sono quella peruviana e quella cubana, seguite da Romania, Nigeria, Repubblica Dominicana, Ucraina e Moldavia.
Cina e Albania presentano valori più bassi. Infine, gli aborti spontanei sono minori fra le straniere che fra le italiane, anche per la più bassa età media delle donne in gravidanza. “In sintesi – ha concluso Marroni – pur rilevando tra le donne con cittadinanza straniera un rapporto di abortività volontaria più alto rispetto a quello registrato per le donne italiane, il dato non sembra direttamente correlato alla sex ratio delle diverse etnie”. La Regione comunque sta lavorando per coinvolgere maggiormente le comunità straniere e per promuovere la procreazione responsabile, la salute riproduttiva e l’integrazione sociale.
Marina Staccioli si è detta “non completamente soddisfatta” della risposta dell’assessore. “Bisognerebbe avere in mano non solo i dati delle strutture pubbliche, ma anche quelli delle strutture private – ha osservato la consigliera -. La Regione Toscana deve fare un lavoro di educazione e di informazione, altrimenti non si può parlare di integrazione e tanto meno di pari opportunità”. (cem)