Foto di Giovanna Biondi per la Fondazione Ernesto Balducci Non era facile raccontare per immagini Ernesto Balducci: uomo della parola, grandissimo oratore, scrittore profondo ed arguto, intellettuale raffinato. “Una fuga immobile” riesce a compiere questa impresa: una galleria di fotografie scattate sui luoghi che hanno segnato la vita, la spiritualità, l’intelletto di Balducci. Sono state scattate dalla fotografa Giovanna Biondi in occasione delle iniziative della Fondazione Ernesto Balducci nel ventennale della morte del padre scolopio e letterato. Biondi non conosceva padre Ernesto prima di questo lavoro, “ma attraverso i suoi numerosi scritti e interviste l'ho incontrato, conosciuto, stimato, ammirato.
Mi ha condotto per mano dove è nato, dove gli si è rivelata la vocazione, nei posti del forzato esilio fino al ritorno alla sua Fiesole. Attraverso le mie foto ho tentato di rendere visibili, vivi, comprensibili la sua vita, i suoi pensieri, i suoi luoghi. Con le mie immagini ho provato a sfiorare l'uomo planetario”. Dal 16 maggio all’11 giugno nel chiostro della Badia Fiesolana con ingresso gratuito, “Una fuga immobile” racconta la vicenda biografica di un uomo di fede e spiritualità profonda, di pensieri talvolta scomodi, infaticabile costruttore di un progetto di integrale umanizzazione del mondo, di pace universale, di salvaguardia del creato.
Attraverso le immagini dei luoghi nei quali padre Balducci è vissuto ed ha instancabilmente operato, rivediamo e riviviamo quelle che sono state le tappe principali della sua vita e della sua testimonianza: dalla natia Santa Fiora, al periodo romano, al ritorno in Toscana alla Badia Fiesolana. Il Monte Amiata, il monte Labbro, le miniere del Siele, i castagneti, la sua casa, la sua finestra, la nera trachite dei muri del paese, il convento, la rupe, la chiesa della prima messa, la torre del Lazzeretti.
Nelle sue prime immagini Giovanna Biondi fa sentire il silenzio di quei luoghi decisivi per la formazione e la spiritualità del giovane Ernesto all’interno dell’impegno civile e sociale legato alle problematiche dei minatori e il sacrificio degli 83 trucidati dai nazisti alla Niccioleta. Nelle immagini c’è anche la Firenze dove la vocazione gli si è rivelata, città che “ormai appartiene al mio sangue”, scriveva. Poi l'esilio tuscolano-romano dove ha vissuto la primavera di rinnovamento della Chiesa, potendo vivere in prima persona il Concilio e dove intravide, nei sacri palazzi, inattesa, quella dimensione umana che forse lì riteneva perduta.
E, infine, il sospirato ritorno a Firenze, o meglio, a Fiesole, in quel posto magnifico che è la Badia, da cui si domina la città, e dove resta immortale nella sua predicazione domenicale. Anche la scelta del bianco e nero, eliminando la possibile “distrazione” del colore, aiuta a cogliere l’essenzialità delle immagini e a renderle in qualche modo atemporali. La scelta dei soggetti o le particolari prospettive consentono poi, ora di concentrare l’attenzione su un dettaglio significativo, ora di percepire la bellezza struggente di certi luoghi, ora di rievocare con vivezza i momenti nei quali tanti amici hanno condiviso con lui la Parola, la riflessione, la testimonianza.