La politica a Firenze? Interessa attivamente un giovane su dieci, tuttavia l'individualismo che ha caratterizzato progressivamente gli ultimi venti anni non ha spento l'interesse politico dei giovani nel territorio fiorentino. Ai giovani “partecipatori” piacciono più i comitati che i partiti e sono “armati” di mouse. Come accada questo e quali sono le premesse di una nuova stagione di partecipazione è raccontato dalle indagini ‘Una generazione che cambia’ e 'Scegliere di partecipare', commissionata dalla Provincia di Firenze (con l'assessorato alle Politiche sociali guidato da Antonella Coniglio) e curata da Lorenzo Grifone Baglioni, docente di Sociologia dell’Università di Firenze, con il Centro Interuniversitario di Sociologia Politica (Ciuspo) dell’Università di Firenze, svolta su un campione di oltre 500 persone e quindi approfondita con interviste a molti “testimoni privilegiati” dei fenomi analizzati.
Se dunque si considera l’intero territorio della provincia di Firenze, si rileva come la partecipazione all’associazionismo di tipo civico-politico conti un 12,1% di giovani che partecipano in modo assiduo (settimanalmente o più volte nell’arco di un mese) e un 19,7% di partecipanti saltuari (qualche volta l’anno). In particolare, un giovane su dieci tra i 18 ed i 35 anni di età si dichiara politicamente impegnato (9,9%); tra loro prevalgono i soggetti anagraficamente più maturi, più istruiti, di sesso maschile.
Questo impegno si divide tra vecchie e nuove forme della partecipazione; alle prime si ascrive un 2,8% di giovani che si dichiarano attivi nei partiti (gli iscritti sono invece il 4,1%, ma non tutti sembrano vivere in prima persona la dimensione dell’impegno politico), intorno alle seconde (movimenti, comitati e gruppi di azione civica di vario genere) si mobilita una ben più ampia proporzione di soggetti che raggiunge il 7,1%. L’universo degli attivisti vede perciò tre giovani su dieci impegnati nei partiti e sette su dieci che partecipano all’interno di gruppi alternativi ai vecchi contenitori della politica.
“Tra loro – spiega Baglioni - l’assoluta maggioranza si colloca su posizioni ideologiche di sinistra (64,2%), meno di un quinto si dice di centro-sinistra (17,9%), mentre il restante quinto somma giovani di centro (5,1%), di centro-destra (5,1%) e di destra (7,7%) – un dato che dimostra come le radici subculturali contribuiscano ancora ad influenzare in modo massiccio l’orientamento dei giovani politicamente impegnati”. Questi sono i giovani che, a differenza della maggior parte dei propri coetanei, “trovano nella politica un riferimento molto importante, uno stimolo ad un impegno sul territorio ed in tutti quei luoghi dove diviene possibile realizzare un confronto aperto”.
“Nella galassia giovanile – sottolinea l'assessore provinciale alle Politiche sociali Antonella Coniglio - prevale una forma di individualismo che predilige cerchie sociali non troppo ampie, dove è garantito largo spazio allo spontaneismo e dove i soggetti si incontrano e si riconoscono per affinità culturale più che per affinità ideologica”. Sono giovani che hanno “sicuramente una visione innovativa e plurale della politica e che dunque non fuggono dall’impegno politico – osserva per parte sua il Prof.
Gianfranco Bettin - ma lo collocano in spazi alternativi a quelli istituzionali perché sentono una distanza problematica tra il linguaggio ed il repertorio d’azione tipico della politica partitica e le loro aspirazioni e le loro necessità più urgenti. La maggiore informalità delle associazioni e dei movimenti appare più in sintonia con lo stile politico delle nuove generazioni di attivisti, che è uno stile appunto partecipato, che presuppone un coinvolgimento responsabile allargato ed una discussione comune”.
Interessante è cogliere alcune convinzioni. Al giorno d’oggi la democrazia ha trovato un’attuazione solo parziale (secondo il 62,5% dei giovani attivisti e il 73,1% del campione provinciale). Colpisce l’alta proporzione di giovani politicamente impegnati – più di un terzo – che sostiene come la democrazia non si sia invece assolutamente realizzata (35,0%), affermazione che sottintende la presenza di un buon numero di disillusi tra le file degli attivisti politici, di quasi due volte superiore rispetto ai propri coetanei (18,1%).
È un giudizio amaro che si accompagna a una diffusa e trasversale percezione di insicurezza sociale. Uno dei motivi principali dell’incertezza sociale, almeno per quanto riguarda le opinioni raccolte tra gli intervistati, dipende dal fatto che “si sta assistendo ad una concentrazione delle risorse nelle mani di pochi e alla graduale erosione delle tutele sociali che si erano diffuse dopo la seconda guerra mondiale”. Tra i giovani schierati a sinistra è convinzione che ciò dipenda “dalla struttura delle disuguaglianze del sistema capitalista, che schiaccia diritti e dignità”, mentre gli attivisti di destra ne attribuiscono la colpa “all’euro, che è stato introdotto senza la dovuta attenzione e senza ottenere la giusta considerazione del nostro ruolo da parte dell’Unione Europea”.
L’incertezza socio-economica pare ormai percepita come un fatto generazionale, “siamo tutti più poveri, intendo soprattutto i giovani, che oggi come oggi sembrano destinati a rimanere precari a vita”. La precarietà è il tasto su cui si insiste con maggior forza e “a questo si associa l’aleatorietà dell’importanza del titolo di studio, la difficoltà di trovare un lavoro con una paga che consenta una sopravvivenza dignitosa, se a questo si somma l’aumento del costo degli affitti, della benzina e dei generi alimentari si fa in fretta a fare i conti … nonostante ciò sono aumentate le vendite delle auto di lusso, evidentemente atri settori della società non se la passano così male!”.
A scatenare nuovi conflitti potrebbero concorrere “l’esaurimento delle risorse necessarie a mantenere il nostro attuale livello di benessere e di sviluppo, le future crisi del capitalismo, il radicalizzarsi dei fondamentalismi religiosi” anche “la paranoia della sicurezza sta mettendo gli uni contro gli altri e i conflitti tra culture diverse, nei prossimi anni, saranno inevitabili”. Insieme ai conflitti armati, alla competizione economica esasperata e allo scontro tra culture, una delle guerre più silenziose, ma dagli effetti devastanti, è “la violenza perpetrata quotidianamente al Pianeta e alla salute degli esseri viventi: la devozione al profitto devasta l’ambiente e non si cura delle necessità dei più bisognosi”.
Tra la percezione di una certa fragilità e la pressione dell'individualismo, si collocano anche le fonti informative di crescita politica. Baglioni rileva che chi compone in modo prevalentemente soggettivo il proprio percorso civico-politico “utilizza autonomamente le risorse cognitive e informative a propria disposizione, è quindi molto attento rispetto ai messaggi che vengono dal mondo della comunicazione ed è particolarmente sensibile nei confronti del diversificarsi dell’informazione politica.
In questo specifico caso, i media divengono non solo una fonte da cui attingere notizie, ma assolvono anche ad un’importante funzione di socializzazione che si inserisce negli spazi lasciati scoperti dalle agenzie di tipo tradizionale” . Dall’indagine emerge come i media più utilizzati in assoluto siano la carta stampata e il variegato universo di internet (siti dedicati, blog, newsletter, giornali on line). Per quanto riguarda l’informazione generale o quotidiana vengono seguiti anche telegiornali e radiogiornali, mentre per l’approfondimento sono utilizzati soprattutto i periodici specializzati, le riviste di ‘controinformazione’, ma anche libri e documenti di vario genere (rapporti di ricerca, leggi e atti di convegni).
A livello locale una fonte molto importante è il passaparola con le realtà di base e con i conoscenti impegnati nelle iniziative partecipative, ma anche il contributo delle radio diviene importante. Sul versante globale è internet la risorsa più utilizzata, Le due indagini segnano una tappa importante nella collaborazione tra Provincia di Firenze e Centro Interuniversitario di Sociologia Politica (Ciuspo) dell’Università di Firenze, che mostra la rinnovata attenzione degli enti pubblici, territoriali e della ricerca, per la realtà giovanile.