La Riforma del Lavoro è un tema delicato che torna spesso sul tavolo dei sindacati, che è ben presente a coloro che, ben pochi rimasti, hanno a che fare con il mondo 'monotono' del lavorativo quotidiano, ma che interessa anche coloro che una speranza la tengono stretta sul proprio futuro, tanto da interrompere le più svariate conversazioni con un interrogativo "Già.. ma l'articolo 18?". "Devo leggere bene. Devo capire - scrive il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi su Facebook - La riforma del mercato del lavoro pare presentare anche aspetti interessanti e positivi.
Ma l’art. 18, così come viene cambiato, leggendo stamani sui giornali, mi ricorda mia madre quando, giovane operaia in una segheria di Buti nel dopoguerra, mi raccontava che il padrone si permetteva di mandare a casa le sue dipendenti semplicemente con un urlo. Certo oggi il mondo è cambiato e si dovrà fare un po’ di carte e pagare anche un indennizzo di diversi mesi. Ma la sostanza mi pare non cambi: libertà di licenziare". "L'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori venne istituito nel nostro Paese negli anni Settanta per scongiurare la pratica allora diffusa - particolarmente nella grande industria, come la Fiat - del cosiddetto "licenziamento politico" spiega Roberto Rizzo, Responsabile Dipartimento Lavoro-Welfare Idv Toscana. "Oggi, con la crisi economica che ancora non ha definitivamente allentato la morsa sul nostro Paese, noi di Italia dei Valori - spiega ancora Rizzo - assistiamo e temiamo che la recessione divenga strumento e soprattutto pretesto per attaccare i diritti e la dignità dei lavoratori italiani.
Lo abbiamo visto, in questi mesi, con l'esclusione della Fiom dalla Fiat, o con la vicenda dei tre operai di Melfi, e per questo vogliamo scongiurare che il Modello Marchionne, inefficace anche dal punto di vista produttivo giacché la Fiat continua inesorabilmente a perdere quote di mercato, possa divenire il modello principe nei rapporti tra impresa e lavoratore in Italia. Il Governo ha scelto una via sbagliata e molto pericolosa, in continuità con le scelte precedenti, ovvero la monetizzazione dei diritti dentro una logica di "liberalizzazione dei licenziamenti" per motivi economici.
In una fase di crisi acuta che sta investendo il Paese, con moltissimi lavoratori in cassa integrazione (trentamila soltanto in Toscana), questa scelta non garantisce la promessa riduzione della precarietà per i giovani e, anzi, apre la via ai licenziamenti facili per i lavoratori anziani, ai quali pochi mesi fa è stata allungata l'età pensionabile, creando così un problema sociale di enormi dimensioni. Per questo gridiamo con forza la nostra contrarietà all'abolizione dell'Articolo 18 e ci siamo uniti alla battaglia di diritti promossa dai lavoratori.
Parliamoci chiaramente: l'abolizione dell'Articolo 18 non rappresenta la panacea di tutti i mali, non potrà mai essere la chiave di volta per l'uscita del nostro Paese dalle morse della recessione, non garantirà alcun tipo di ulteriori crescita e sviluppo. L'Articolo 18 è un simbolo, è l'emblema dei diritti conquistati dai lavoratori nel corso degli anni. Non è la risposta alla crisi, ma una provocazione politica del Governo Monti che, in perfetta continuità con la catastrofe berlusconiana, per quanto riguarda il lavoro e il welfare, affama i lavoratori, in termini economici e di diritti, senza incidere su scelte che potrebbero davvero garantire la crescita del nostro Paese". "Se, infatti, la manovra "Salva Italia" ha abbondantemente pescato nelle tasche dei lavoratori dipendenti, dei pensionati e dei piccoli imprenditori, al decreto "Cresci Italia" è mancata purtroppo quella progettualità di ampio respiro che potesse restituire competitività al sistema economico del nostro Paese: pensiamo a un piano nazionale della grande industria capace di rilanciare i nostri siti di eccellenza, un piano nazionale dei trasporti capace di valorizzare uno dei nostri asset potenzialmente più solidi, quello ferroviario, un'azione di difesa dell'industria pubblica civile targata Finmeccanica che rappresenta un fiore all'occhiello a livello internazionale per le nuove tecnologie.
Di esempi, in Toscana come nel resto del Paese, se ne potrebbero fare a bizzeffe. Invece, per il Premier Monti e il Ministro Fornero, dopo la spolveratina palliativa di liberalizzazioni troppo blande e poco incisive nei confronti dei poteri forti, sembra che il rilancio italiano passi soltanto dall'abolizione dell'Articolo 18 e dai licenziamenti facili. Sono queste le misure che servono al rilancio del Paese e a creare effetti virtuosi sul piano dello sviluppo economico? Noi di Italia dei Valori crediamo di no e per questo lavoreremo, a tutti i livelli a partire dal territorio, affinché si arrivi in Parlamento a modificare la Riforma del Lavoro, con l'obiettivo che siano i lavoratori e le lavoratrici a poter decidere, in prima linea, come disegnare il loro futuro, senza lasciarlo arbitrariamente soltanto nelle mani di alcuni tecnici". “Rossi si candida a leader dei conservatori, che in questo momento in Italia sono rappresentati dalla CGIL e dalla sinistra estrema -ribatte Alberto Magnolfi, Presidente Gruppo regionale PdL- Dopo la breve stagione della discontinuità solo annunciata, ormai perfino il linguaggio del Presidente della Regione evoca le immagini di un mondo che da decenni non esiste più.Il risultato di questo sguardo ossessivamente rivolto al passato è nella paralisi di ogni decisione della Giunta toscana e nell'imbarazzante bilancio politico di questi due anni di legislatura.
La Toscana attende una capacità di interpretare e dirigere il cambiamento e Rossi risponde con un quadretto elegiaco di sapore vetero-marxista.Ogni giorno diventa più percepibile il disagio di ampi settori del PD e della maggioranza consiliare, che ancora non riesce ad esprimere ipotesi di alternativa sul piano dell'analisi e delle proposte.Se questa contraddizione non verrà risolta la presente legislatura regionale non avrà più molto da dare e da dire alla Toscana. Su questo complesso scenario, al di là dei tavoli a due più o meno improvvisati, sarebbe necessario che da più parti venisse aperta una riflessione capace di individuare con chiarezza lo spartiacque tra chi ripropone le certezze e le ideologie del passato e chi intende misurarsi con le difficili sfide del futuro.”