Tosca e Massimo Venturiello tornano puntuali all’appuntamento con il pubblico del Teatro della Pergola proponendo un grande classico: Il Borghese Gentiluomo di Molière. Dopo aver affrontato autori come Petrolini e Fellini e aver reso omaggio al teatro-canzone in un recital dove risuonavano melodie e parole di Pasolini e Modugno, Gabriella Ferri, Nino Rota, Carpi e Strehler fino a Totò e Anna Magnani, misurano oggi la loro cifra stilistica con l’invenzione di Molière che ha segnato la storia del teatro. L’indiscusso capolavoro del Borghese Gentiluomo fu una novità assoluta, non facile da definire, che alla fine riduttivamente trovò una sintesi nella comédie-ballet.
L’estrema libertà con cui l’autore tratta la vicenda, i toni farseschi, satireggianti, gli elementi fiabeschi, onirici, la prosa densa di ritmo, la tessitura musicale scritta da Jean-Baptiste Lully, la coreografia dei balletti, il tutto, è teso a una teatralità assoluta di grande effetto comico. Ma è l’attualità dell’opera ad aver orientato la scelta registica e produttiva di questo nuovo allestimento. “Non è forse a noi molto vicino questo ‘borghese’ con la sua necessità di adeguarsi al gusto dominante, che nega le sue origini, i suoi valori e che è pronto a trasformarsi in ‘altro da se’ e a modificare persino la sua immagine fisica?” è stata la riflessione e l’interrogativo di partenza di Massimo Venturiello nell’affrontare questa regia, che ha portato a riaffermare con forza la necessità del teatro: “Non è forse una malattia del nostro tempo quella di inseguire patologicamente un ideale fisico e psichico imposto dai nostri media? Non siamo forse circondati da eterni giovani, da bellezze siliconate, da rampanti pronti a tutto? Questo allestimento, che oltre a me e a Tosca, vede in scena un nutrito cast di attori, ballerini e cantanti, alcuni dei quali già presenti in altri nostri precedenti spettacoli, rappresenta inoltre una caparbia necessità di mettere in scena il ‘gran teatro’, a dispetto dei tagli e delle logiche di mercato dominanti, che inevitabilmente impongono agli enti privati una linea produttiva restrittiva e di conseguenza pericolosa per il futuro del nostro teatro.” Sulla trama semplice del ricco borghese Monsieur Jourdain che sogna di diventare nobile con tutte le sue forze, pretendendolo con un’esaltazione fuori dal comune, si dispiega la commedia confermando analogie ed echi di cronaca quotidiana.
Intorno al Borghese ruota un’umanità di adulatori e di scrocconi, un’umanità priva di autentiche qualità, che si nutre di ‘senso comune’, che ovviamente lo raggira e asseconda la sua follia, pur di ottenerne un guadagno. E’ la moglie a fare da contraltare opponendo tutto il suo senso pratico e la sua concretezza nel tentativo, inutile, di farlo rinsavire. La lettura operata da Venturiello di questo grande classico del teatro internazionale non intende tradire in alcun modo le intenzioni dell’autore, ma al contrario approfondirle, rispettando anzitutto quello spirito di libertà che anima l’intera opera.
Senza limiti geografici e temporali e l’azione si colloca in una atmosfera visionaria composta dallo scenografo Alessandro Chiti e dalla costumista Santuzza Calì dal sapore napoletano-parigino, con tutto quello che ne consegue, dalla lingua parlata alla musica. Anche le musiche originali di Germano Mazzocchetti, seguono la stessa direzione e accrescono l’ironia insita in tutto il lavoro, ricercando arrangiamenti e sonorità che spaziano dal rinascimento alla sceneggiata napoletana. I brani cantati, alcuni dei quali già previsti dall’autore e le coreografie di Fabrizio Angelini, contribuiscono a ‘mostrare’ la vicenda di questo ‘borghese’ accentuandone con sottile sarcasmo, la miseria ideologica.