Nel mese di ottobre 2011 si è conclusa la settima campagna di scavo archeologico sul sito etrusco di Montereggi, nel comune di Capraia e Limite. Le ricerche, condotte dal Museo Archeologico di Montelupo, in accordo con il comune di Capraia e Limite e in collaborazione con l’Università di Siena, hanno ancora una volta ottenuto importanti risultati scientifici. Dopo il rinvenimento, lo scorso anno, di lastra con figura femminile posta sul fondo della cisterna per la raccolta dell’acqua, anche nel corso della campagna di scavo del 2011 non sono mancate le sorprese di grande valore scientifico che fanno dell’abitato di Montereggi un sito interessante per lo studio degli etruschi.
Infatti, tra i risultati della campagna di scavo 2011, va annoverato anche lo scavo di un pozzo (S004) collocato nella porzione orientale del suo pianoro superiore. La struttura era stata rinvenuta nell’anno passato e già scavata sino alla profondità di circa 8 metri dal piano di campagna. Lo svuotamento di S004 aveva incontrato un riempimento realizzato soltanto con pietre e laterizi, ma nel 2011, giunti alla profondità di metri 9,50, è emersa finalmente l’attesa discontinuità: si trattava di un piano realizzato con le grandi tegole tipiche dei tetti etruschi, sotto il quale è tornato alla luce la parte superiore di una grande orcio (dolium), appositamente spezzata e posta a coprire una nuova superficie. Asportate le pesanti porzioni del dolium, gli scavatori si sono imbattuti con grande sorpresa in resti umani.
Si trattava dello scheletro intero - con parti in connessione - di un uomo adulto, calato nel pozzo – presumibilmente già morto – dopo averlo inserito in un sacco-sudario. Sotto lo scheletro è emersa una quantità significativa di vasi destinati al consumo di vino, che al loro interno conservano una cospicua quantità di resina, destinata ad renderli impermeabili. Lo scheletro si trova attualmente presso il Laboratorio di Antropologia umana della Soprintendenza Archeologica per la Toscana, ove sarà restaurato e studiato per appurare tutti gli elementi utili (dna etc.) a conoscerne l’identità genetica e definire l’evento della sua morte, che al momento appare assai misterioso.
Sappiamo, infatti, che per legge (la Legge delle 12 Tavole romana, non difforme, però, per quanto sappiamo, dalle usanze etrusche) era vietato con estremo rigore il seppellimento umano in area urbana. Nessun caso noto, infatti, riguarda la sepoltura di un uomo in un pozzo, né tantomeno rispecchia una situazione (copertura di ben 9,50 metri di pietre, sistemazione successiva) che eloquentemente, ci sembra, testimonia della volontà di “tenere ben fermo” il defunto. Il vero e proprio “letto” di ceramiche vinarie, sul quale giaceva il corpo, segnala una strana successione di fatti, e cioè un grande banchetto – probabilmente collettivo – che precedette la deposizione del defunto. Lo scavo del pozzo è stata ripreso dopo la breve chiusura autunnale, necessaria per il riordino dei reperti, per completarne lo svuotamento e verificare così cosa si cela al disotto della sepoltura.
Poiché il restauro e le analisi richiederanno alcuni mesi di tempo, si prevede di esporre lo scheletro ed i materiali rinvenuti al disotto di esso – oltre agli eventuali, altri reperti rinvenuti nel pozzo – presso il Museo Archeologico di Montelupo nel corso della prossima estate. La campagna di scavo ha consentito di approfondire la conoscenza dell’abitato etrusco di Montereggi, il cui valore da un punto di vista scientifico è indubbio. L’esplorazione del sito, infatti, si è spinta sino ad accertare la presenza di una vera e propria urbanizzazione, che risulta essere stata imposta all’abitato alla metà circa del III secolo a.
C. In quel periodo, infatti, venne definitivamente sistemato, secondo il modello delle “grandi case” della città etrusca fondata nei pressi di Marzabotto (la cittadina dell’Appennino bolognese tristemente nota per gli avvenimenti dell’ultimo conflitto mondiale), l’edificio che occupa l’intera porzione di nordovest (oltre 440 metri quadrati) del pianoro superiore di Montereggi, facendone coincidere i lati est e sud con i principali assai viari, noti nell’urbanistica romana con gli appellativi di cardo e decumano.
A quest’ultimo, che attraversa l’abitato in senso est-ovest, venne assegnata una larghezza di 8 metri, misura che ricorre spesso nell’edificazione di nuovi centri urbani. Ripetendo la forma classica degli insediamenti antichi, inoltre, nel punto d’incrocio tra il cardo ed il decumano si apre uno spiazzo aperto, nel quale è facile riconoscere il foro o l’agorà dell’abitato, e ciò conferma puntualmente l’evidenza della “forma urbana”, imposta all’abitato preesistente (tracce consistenti del quale risalgono al periodo tra VI e V secolo a.
C.). La cronologia del nuovo impianto urbano ellenistico si può desumere dalla lastra con figura femminile posta sul fondo della cisterna per la raccolta dell’acqua rinvenuta negli scavi dell’anno 2010. Lo studio del documento apparirà in un volume collettaneo, stampato dalla Soprintendenza Archeologica per la Toscana in memoria di Francesco Nicosia; esso ha confermato la datazione del manufatto alla metà circa del III secolo e ribadito il carattere di prodotto dell’arte magnogreca, da assegnare con ogni probabilità ad artisti che provengono da città della Puglia che lo contraddistingue: nell’iconografia della lastra si evidenziano tematiche che troveranno applicazione e sviluppo con le molteplici vie di diffusione dell’ellenismo (riscontri sino all’India), ancora in epoca romana.
La presenza di apporti culturali di questo genere in Montereggi segnala dunque una possibile soluzione – e qui si apre un vasto territorio di ricerca – per il problema dell’urbanistica etrusca, evidentemente legata, come del resto quella romana, ad apporti culturali ellenistici di origine magnogreca. Gli scavi condotti nell’abitato di Montereggi sono il frutto di un rapporto di collaborazione fra Montelupo Fiorentino e Capria e Limite; da anni, infatti, i due comuni con atti formalizzati.
“L’ultimo protocollo è scaduto nel luglio scorso, ma i tempi e la portata dei ritrovamenti sono tali da giustificare un impegno delle due amministrazioni per elaborare un nuovo accordo che costituisca non solo l’occasione per disporre di un documento operativo, ma anche l’elaborazione di un documento di indirizzo che entri nel merito delle funzioni che l’ente locale può esercitare nella fruizione del patrimonio di un territorio, confrontandosi con tutti i soggetti interessati. Così riusciremo a definire buone pratiche per collaborazioni in grado di ottimizzare mezzi e risorse per il raggiungimento di risultati duraturi e non episodici.
È in questa ottica che va iniziata una riflessione sulla funzione degli istituti museali presenti sul territorio. Nello specifico la funzione di una struttura quale Il Museo Archeologico di Montelupo che costituisce non solo una garanzia da un punto di vista scientifico ma anche la certezza che le azioni di ricerca possono trovare in tempi brevi una corretta e adeguata divulgazione”. Il protocollo, che con ogni probabilità sarà stipulato entro la primavera prossima, dovrà chiarire l’atteggiamento che le amministrazioni hanno in merito alla gestione dei beni artistici e archeologici e ribadire la volontà di condividere strumenti al fine di attuare azioni comuni improntate ad una ricerca di qualità e ad una razionalizzazione degli interventi.