'Shame'

Il sesso come ossessione e dipendenza

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
26 gennaio 2012 19:00
'Shame'

Nella cinematografia statunitense non mancano film che abbiano indagato le dipendenze, come “Giorni perduti” di Billy Wilder o come “I giorni del vino e delle rose” di Blake Edwards che affrontavano la dipendenza da alcol, sino a innumerevoli film dedicati ai problemi della droga. “ Shame” affronta il tema cinematograficamente scarsamente esplorato della dipendenza dal sesso. Brandon (Michael Fassbender) ,il protagonista è “sex addicted”. E' un brillante trentacinquenne, ha un bel lavoro, un vita apparentemente normale.

In realtà è ossessionato dal sesso, che pratica in ogni forma in maniera compulsiva: lo pratica con professioniste, con donne appena conosciute e che non vedrà più, su webcam erotiche, con omosessuali, con la continua masturbazione sotto la doccia o nei bagni del suo posto di lavoro. La sua è un'esistenza condotta all’insegna dell’aridità emotiva e dell’assenza d’amore. L’unico affetto che ,forse, gli è rimasto è quello della sorella Sissy ( Carey Mulligan), cantante jazz affetta da forti crisi depressive, che Brandon si trova suo malgrado a dover ospitare, dal momento che la ragazza è provvisoriamente senza casa. Il film evidenzia la frustrazione di Brandon e la sofferta consapevolezza dell' incapacità di relazionarsi con gli altri se non tramite un sesso fine a se stesso,algido e privo di intimità e sentimento.

L'unica volta che cerca di avere un rapporto sessuale con una donna che, forse, veramente gli interessa sul piano sentimentale, non ci riesce e l'allontana in malo modo. “Shame”racconta questa sorta di discesa agli inferi di Brandon nella cornice di una New York ben fotografata. Le immagini del sesso sono mostrate in una crudezza priva di qualsiasi compiacimento. Il regista ha una visione apparentemente distaccata che ci permette di cogliere il dramma del protagonista anche nei pochi intensi dialoghi di un film che, attraverso le immagini e una buona colonna sonora, ci conduce nell'inferno di Brandon senza risolvere i dubbi su una difficile guarigione. Alla sua seconda prova come regista l'inglese Steve Mac Queen conferma le sue qualità, coadiuvato da un ottimo Michael Fassbender che riesce a dare verità al controverso Brandon.

Il film regala straordinarie e notevoli immagini in un'atmosfera fredda e metropolitana, che vuole evidenziare l'assenza di emozioni e l'infinita solitudine interiore dei protagonisti, prigionieri nei loro stessi corpi che si offrono senza emozioni. Fenomenologia di una dipendenza che il regista rappresenta senza indagarne la causa ma che, forse, proprio per questo riesce a evidenziare in tutta la drammaticità. Alessandro Lazzeri

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