Libertà di apertura per gli esercizi commerciali, un dibattito politico, sociale, che non risparmia nessuna ideologia. "La discussione di questi giorni – spiega il vicesindaco di Firenze, Dario Nardella - è un tema complesso che sarebbe fin troppo comodo ridurre a schemi ideologici o meramente politici. La questione diventa poi tecnicamente e politicamente ancor più complessa se viene affrontata da norme contrapposte e da un plateale contrasto istituzionale, come quello che si è determinato tra la Regione Toscana e il Governo in questi giorni. A pagarne le conseguenza – purtroppo – sono i Comuni stretti tra una legge dello stato (il decreto Salva Italia) che impone libertà di aperture agli esercizi commerciali e vieta alle amministrazioni comunali di prevedere ogni forma di regolazione territoriale e merceologica ed una legge regionale che disapplica la norma nazionale confermando la disciplina previgente. La posizione della Regione Toscana è condivisibile in molti aspetti, ne comprendo i timori e la volontà di conservare un patrimonio economico e culturale fatto da tante piccole botteghe a conduzione familiare.
Del resto sono stati proprio i Comuni, Firenze in testa (vedi la stampa locale di fine dicembre) a denunciare gli effetti negativi di una totale “deregulation” del commercio. L’imposizione però al fotofinish, senza un confronto preventivo, di una norma regionale in aperto contrasto con una legge nazionale, fonte normativa gerarchicamente superiore, non facilita affatto il compito di chi queste leggi – entrambe – è chiamato ad applicarle, come i Comuni, né aiuta consumatori e commercianti a muoversi in un quadro di chiarezza.
Viene perciò naturale chiedersi: perché non se ne è parlato prima? La Regione ha cercato in modo ponderato e approfondito una via di cooperazione istituzionale sia con lo Stato che con gli enti locali per arrivare ad un modello quanto più condiviso possibile? In merito alla questione più generale, mi pare importante affermare un principio generale: per il nostro Paese le liberalizzazioni in tanti settori dell’economica non possono che essere un valore. Siamo il paese più arretrato in Europa, legato da corporazioni e gruppi di potere che continuano a crescere vivendo di rendita e impedendo l’accesso al mercato di nuovi competitori.
Personalmente sono orgoglioso del fatto che proprio i governi di centrosinistra del passato siano stati i primi ad avviare coraggiosamente queste riforme in molti settori. Detto questo, la soluzione non può essere l’assenza di ogni regola, soprattutto in un settore con forti implicazioni sociali e culturali. Ci insegnano sin da bambini che l’assenza di regole rafforza il più forte contro la presenza di piccoli e medi attori che rappresentano, invece, per il nostro tessuto economico e sociale prima di tutto una ricchezza. Per questo continuo a pensare che rimanga necessaria una regolazione del mercato con poche ma chiare regole che – nell’ambito di una diffusa liberalizzazione – consentano deroghe ed eccezioni per declinare il principio generale con le specificità dei territori e delle città e quindi riconoscano la responsabilità dei Sindaci che di questi territori sono i primi rappresentanti.
Il commercio, infatti, nasce storicamente nelle città ed è li che si sviluppa e cambia a pari passo con le trasformazioni urbane. Spesso si confonde la questione degli orari con i diritti dei lavoratori. Sono convinto che qualsiasi negozio decida di aprire durante una festività debba necessariamente rispettare i diritti dei propri dipendenti, riconoscendogli i supplementi previsti per chi lavora durante un giorno festivo, prevedendo un’organizzazione del lavoro ed un organico aziendale capace di permettere una giusta e sostenibile turnazione, senza ricatti né violazioni delle norme e dei contratti collettivi nazionali. Perché questo avvenga non è purtroppo sufficiente vietare le aperture dei negozi ma rafforzare i controlli dell’Ispettorato del lavoro da un lato e concentrare gli sforzi dei sindacati sul terreno dell’organizzazione del lavoro, dell’aumento dell’occupazione e delle integrazioni salariali. Sarebbe illusorio pensare che la carenza di contrattazione o la debolezza del lavoro siano risolvibili da un’ordinanza comunale che vieta le aperture dei negozi sabato domenica e feste comandate.
Viceversa abbiamo davanti il compito di affrontare di petto un grande tema politico su cui riorganizzare gli strumenti e le norme della rappresentanza sociale e costruire la partecipazione dei lavoratori, avendo presente l’evoluzione degli stili di vita di cittadini che quasi sempre sono allo stesso tempo sia consumatori che lavoratori" Così Mario Razzanelli, capogruppo della Lega Nord in Palazzo Vecchio, commenta la decisione del Governo di liberalizzare gli orari di apertura e chiusura dei negozi: “Sono contrario.
E’ un provvedimento che non aumenterà la capacità di spesa degli italiani e di conseguenza non avrà nessun effetto positivo sui consumi globali se non quello di spostarli sulla la grande distribuzione che ha la forza economica di tenere aperti i negozi anche la domenica. Tra l’altro - continua Razzanelli - ritengo, che questo tipo di decisioni debbano essere comunque prese a livello comunale e non certo imposte da Roma. Se Monti e Passera pensano di far ripartire l’Italia con misure del genere e di eliminare o ridurre l’evasione con la tracciabilità a 1000 euro costringendo i pensionati ad aprire un conto corrente per incassare la pensione siamo veramente a posto.
Come diceva Massimo Troisi ” Non ci resta che piangere !!!”. Il Sindaco di Sinalunga Maurizio Botarelli plaude alla decisione del Governatore della Toscana di impugnare davanti alla Corte Costituzionale l’articolo 31 del decreto “salva Italia” che liberalizza orari e giorni di apertura di negozi, bar e ristoranti: “Per noi vale la legge regionale approvata il 27 dicembre: l’assenza di limiti metterebbe in ginocchio la piccola e media distribuzione, vera ricchezza del nostro territorio.
Senza considerare l’aspetto etico e morale di una spinta al consumismo sfrenato in una situazione di crisi in cui le retribuzioni sono al palo e aumentano disoccupazione e ricorso agli ammortizzatori sociali” “Riteniamo che una liberalizzazione selvaggia con possibilità di aperture 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno sia prima di tutto la tomba della piccola e media distribuzione, la vera ricchezza del nostro territorio e che come amministrazione comunale puntiamo a tutelare il più possibile – spiega il Primo Cittadino – Non si combatte la grave crisi economica in atto affossando le attività a conduzione familiare o che comunque non hanno la forza economica e di personale della grande distribuzione, l’unica che trarrebbe vantaggio dalla liberalizzazione prevista dal Governo Monti, seppur con un aggravio di costi di gestione che poi si scaricherebbe inevitabilmente sull’aumento dei prezzi e quindi sui consumatori”. “Inoltre mi preme sottolineare l’aspetto etico e morale della vicenda – precisa Botarelli – Per essere concorrenziali, tutti coloro che lavorano in negozi, bar e ristoranti si troverebbero costretti a vivere praticamente sempre al lavoro, senza pause né festività riconosciute, privati della propria identità di “persone” e del diritto ad avere una vita privata e familiare, in barba a tutte le nostre tradizioni e alla nostra identità culturale.
Vorrei quindi che oltre alla Regione Toscana, anche tutte le altre istituzioni, in primis la Chiesa, facessero sentire la loro voce per tutelare la dignità di queste persone”. La posizione del sindaco di Castiglione della Pescaia Giancarlo Farnetani che in materia dice: "Io, come sindaco di questo paese, sento il dovere di tutelare i cittadini impegnati nelle attività commerciali che con grande fatica stanno affrontando l?inverno a Castiglione. Mi rivolgo a loro perché chi ha la tenacia, la perseveranza e le spalle per rimanere aperto nel nostro paese tutto l'anno merita un vero e proprio riconoscimento, da parte mia e di tutta l'amministrazione che rappresento.
Considerando il tessuto economico della nostra realtà fatto ancora (e per fortuna) di piccole attività e botteghe che connotano fortemente una identità culturale e territoriale che vogliamo salvaguardare, sono convinto che l'assenza di regole sulle aperture delle attività commerciali non farebbe altro che aumentare rischi sulla sicurezza cittadina e l'esodo verso le città vicine che dispongono di centri per la grande distribuzione lasciando deserte le strade e le vie del nostro paese. Non serve una battaglia ideologica su questo argomento, ma una valutazione attenta e imparziale che tenga però conto delle singole realtà territoriali.
Per questo sostengo che si debba difendere la prerogativa che il Titolo V della Costituzione assegna alle Regioni: quella appunto di decidere parametri di dettaglio e di scelta all'interno delle norme stabilite dallo Stato. La mia posizione sul tema della liberalizzazione degli orari è dunque in assoluto accordo con le parole espresse dal Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e sostengo che queste decisioni debbano giungere a compimento solo dopo un'attenta concertazione e disamina del problema ad un tavolo che coinvolga prima di tutto i sindaci che detengono, per loro mestiere, le capacità e le conoscenze adeguate per valutare l?applicabilità di tale provvedimento sui singoli territori.
Non mi trovo d?accordo invece sulle limitazioni regionali che vorrebbero la chiusura degli esercizi commerciali alle 22 e sulla individuazione delle chiusure obbligatorie in occasione di festività prestabilite: nella logica della concertazione ritengo che questi elementi dovrebbero essere valutati facendo scelte attinenti alle singole realtà. Nel nostro paese, infatti, è impensabile chiudere i negozi alle 22 così come stabilire lo stop per festività che ricadono nei periodi di maggiore affluenza turistica".