Non si sono soltanto i sindacati dei lavoratori ad esprimersi contro la “deregulation” del settore del commercio imposta dal Governo. Secondo infatti CGIL, CISL e UIL in questa fase cosi delicatissima per il paese non aiuta lo sviluppo, il consolidamento dell’occupazione, la ripresa dei consumi, anzi si aumenteranno ulteriori elementi di precarietà nel lavoro dipendente e si apriranno nuovi conflitti sociali. Insostenibile secondo le organizzazioni sindacali sarà per imprese e lavoratori, coniugare il lavoro con tutte le altre sacrosante esigibilità dei tempi di vita privati o familiari.
Competere con la grande distribuzione organizzata sarà un grosso problema con il rischio di chiusura di migliaia di piccole aziende e imprese con conseguenze negative sull’occupazione già precaria e instabile. Dai Telegiornali regionali e dalle molte testate quotidiane abbiamo appreso la "posizione favorevole" delle Associazioni dei Consumatori in merito alle aperture domenicali e più in generale alla prevista liberalizzazione delle aperture dei negozi. Ebbene, adesso anche Federconsumatori, l'associazione vicina a CGIL (62 sportelli che operano con 300 volontari e oltre 13.000 associati) precisa la posizione: "Non riteniamo la normativa contenuta nella così detta Legge Salva Italia del Governo Monti una legge che va incontro al processo di liberalizzazione, ma che appartiene più alle scelte di autoregolazione del mercato.
Abbiamo già visto in altri settori i gravi danni di un "mercato senza regole. C'è il rischio grave di favorire l'espansione dei soli grandi centri commerciali a danno ulteriore dei singoli negozi, in particolare quelli periferici, che restano un riferimento essenziale per molti cittadini, in particolare le persone più anziane, meno attrezzate a spostamenti verso i grandi centri commerciali. Ricordiamo, ed è il punto sul quale siamo da sempre più sensibili, che specie in periodi di grave crisi come quella che stiamo attraversando, che sarà di lunga durata, abbiamo la necessità di cambiare profondamente i nostri stili di vita e di consumo e proprio per queste ragioni consideriamo contradditorio dare un segnale di apertura generale e permanente dei negozi quale ricetta vincente per favorire i consumi in senso lato e attraverso questi avviare l'auspicata ripresa.
Sono ben altri i segnali da dare e le risposte concrete che si aspettano i cittadini a partire dalla sicurezza del proprio reddito ad un maggiore potere di acquisto alle famiglie. Rivolgiamo, infine, un invito collettivo al Governo a svolgere un'attenta lettura sull'andamento dei consumi di questo Natale e dei prossimi saldi, quei dati dovrebbe aiutare il Governo a ragionare seriamente sui problemi che vive la stragrande maggioranza dei cittadini". Confartigianato Imprese Firenze dice no allo shopping non stop e si schiera dalla parte del Governatore della Toscana che ricorrerà davanti alla Corte Costituzionale contro la liberalizzazione selvaggia delle aperture dei negozi introdotta dal Governo Monti.
La liberalizzazione metterà ko un’economia (già duramente provata dalla crisi in atto) sostenuta a livello locale non certo dalle catene della grande distribuzione, ma dalla piccola e micro impresa: aziende commerciali ed artigianali, spesso a conduzione familiare, che non possono oggettivamente organizzare turni lavorativi in grado di assicurare un’apertura infinita degli esercizi che saranno, di fatto, messe fuori mercato. Il provvedimento, inoltre, non sosterrà i consumi, di cui per altro già si stima un calo nel 2012.
Maggiori aperture implicano infatti maggiori costi che finiranno per essere scaricati sui prezzi. Insomma, una scelta non solo anti economica ma anche eticamente criticabile: per le ripercussioni negative che innescherà sulla qualità della vita delle famiglie (tanto degli imprenditori, quanto dei dipendenti) e sulla qualità del lavoro. Confartigianato crede nel valore della piccola impresa e chiede agli enti locali e statali di fare altrettanto supportando artigianato e commercio, ovvero sostenendo una produzione ed un servizio di qualità, puntando sul Made in Italy, facendo convivere così la piccola e la grande distribuzione e offrendo alla clientela scelte e opportunità diverse.
Due le proposte lanciate a tal proposito per il territorio fiorentino. In attesa dell’esito del ricorso alla Corte Costituzionale, la sottoscrizione da parte di associazioni di categoria (commercio, artigianato, industria, grande distribuzione), sindacati dei lavoratori, Comune e Provincia di un codice di autoregolamentazione temporaneo in cui ci si impegni a limitare le aperture agli orari attuali. In alternativa, l’introduzione di strumenti che diano alle piccole e microimprese la possibilità di affrontare la liberalizzazione: sgravi contributivi per l’assunzione dei dipendenti, agevolazioni su tributi locali (quali Cosap, Imu, Tia), la promozione di eventi e manifestazioni in cui siano coinvolte le piccole imprese, così da meglio far conoscere le loro produzioni. “Da un lato scavalca il governo, dall’altro esautora i comuni delle loro funzioni.
In un colpo solo il presidente Rossi riesce a creare ancor più confusione nel già complesso campo della liberalizzazione degli orari delle attività commerciali. Il risultato è un ricorso alla Corte Costituzionale, dall’esito prevedibilmente negativo, è un’impasse per le amministrazioni comunali che non sanno come muoversi. Una mossa davvero lungimirante”. Così Nicola Nascosti, consigliere regionale PdL e vicepresidente della commissione regionale Attività produttive, commenta l’operato della Giunta regionale sul tema delle liberalizzazioni, alla luce del decreto Monti e del ricorso presentato dalla Regione Toscana alla Corte Costituzionale.
“Ma Rossi era riuscito addirittura a crear confusione preventivamente, intervenendo sulla materia nell’ultima finanziaria regionale, bloccando gli effetti del decreto ancor prima che le norme contenute fossero rese esecutive. Non contento – prosegue l’esponente del PdL - ha aggiunto il carico del ricorso, il tutto senza un benché minimo confronto con le amministrazioni comunali, direttamente interessate alla disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali. Bene hanno fatto i sindaci del comprensorio dell’empolese Valdelsa a ritrovarsi per individuare una linea condivisa, ma certo un maggior coinvolgimento dei comuni sarebbe stato opportuno.
E invece niente: l’atto di forza e arroganza da parte della Giunta regionale, in barba ai basilari principi di trasparenza e collaborazione istituzionale. In questo momento danno peggiore non poteva essere fatto. Gli operatori hanno bisogno di norme certe, non di istituzioni che si combattono l'una contro l'altra con il risultato di un vuoto normativo che rischia di compromettere lo sviluppo economico del commercio in Toscana”, conclude Nascosti.