"L'Azienda sostiene di attraversare un momento di crisi di liquidità - spiegano i Cobas di Ginori - e, pur avendo ottenuto risultati positivi in termini di fatturato nell'anno 2012 e soprattutto essendo in possesso di ordinativi pari a 47 milioni di euro per il 2012 con una conseguente previsione di crescita per lo stesso anno, di non trovare nel sistema bancario l'appoggio finanziario necessario e sufficiente per superare questa fase e potersi concentrare nel consolidamento e il rilancio dell'attività.
Per questo motivo, con l'appoggio dei sindacati confederali, sono stati attivati una serie di tavoli con Regione Toscana, Provincia di Firenze, Comune di Sesto Fiorentino, Prefetto, per sensibilizzare le Istituzioni circa il difficile momento attraversato dall'Azienda e per, attraverso il contributo delle istituzioni stesse, intervenire presso gli Istituti di Credito nel tentativo di sbloccare la situazione in modo da favorire l'accesso al credito da parte di Richard Ginori 1735. L'effetto di questa operazione, che ha visto CGIL CISL E UIL in prima linea nella denuncia della rigidità da parte delle Banche, a parer nostro con l'obbiettivo principale di riacquistare consensi tra i lavoratori dello stabilimento crollati nell'ultimo anno, e schierati sulle posizioni dell'Azienda, è stato ad oggi praticamente pari a zero.
Nonostante l'operazione mediatica imponente, il fiorire di iniziative, le reiterate denunce della gravità della situazione, le banche hanno stanziato solo 500,000 euro, appena sufficienti a pagare una mensilità ai lavoratori. Contraddittorio è stato l’atteggiamento delle istituzioni, prima fra tutte l’amministrazione comunale di Sesto Fiorentino che non ha monitorato costantemente i comportamenti e gli atti aziendali e quelli di Confindustria Firenze, ha ignorato la repressione in fabbrica sui diritti e sulle libertà sindacali, ha enfatizzato le deroghe contrattuali e le esternalizzazioni in nome di una ripresa e di uno sviluppo i cui i primi a non credere sono proprio gli istituti finanziari che devono concedere il credito.
Sospetta è invece la drammatizzazione fatta all’ultimo minuto dove in una situazione difficile già conclamata vengono riaccesi i riflettori fuori dallo stabilimento riscoprendo la questione Ginori. Rimane ancora in sospeso la paventata speculazione edilizia che incombe sull’area dove insiste lo stabilimento oggetto da anni di voci e allusioni circa chiusure, dismissioni, delocalizzazioni, ridimensionamenti occupazionali e riprese di sviluppo. Su questo piano l’amministrazione comunale che è titolare del governo del territorio deve chiarire una volta per tutte se ci sono progetti o intenzioni di natura speculativa sull’area.
Contemporaneamente assistiamo ad una escalation sempre più veloce ed inquietante, in cui l'Azienda e i Sindacati Confederali stessi annunciano, se al più presto le banche non decideranno di finanziare Richard Ginori, il possibile fallimento e la messa in liquidazione dell'Azienda. Roberto Villa, presidente di RG, dichiara addirittura in un'intervista, che ormai è solo questione di giorni: o arrivano i soldi o l'Azienda sarà chiusa o venduta. Si è venuto così a formare un quadro, a nostro parere ben orchestrato, in cui tutte le responsabilità della gravità della situazione e delle possibili tragiche conseguenze sono state attribuite alle Banche, in cui Richard Ginori si è ritagliata il ruolo della vittima e agli istituti di credito attribuito quello del carnefice.
Il nostro tentativo è quello di fornire una versione diversa dei fatti, una lettura della situazione in contrasto con questo pensiero dominante, determinata dall'esperienza vissuta tutti i giorni nello stabilimento, e da alcune evidenze che nessuno sembra voler affrontare e approfondire, al solo scopo di analizzare la situazione e, attraverso una maggiore comprensione delle circostanze tutelare i lavoratori di Richard Ginori. E' quindi opportuno rivolgersi alcune domande: E' mai possibile passare così velocemente dai toni trionfalistici sbandierati dall'Azienda fino a pochi giorni fa per i risultati raggiunti nel 2011, agli annunci drammatici di oggi di un'imminente chiusura dell'Azienda? Per quale motivo le banche, nonostante 47 mil.
di ordinativi sicuri e previsioni di fatturato in crescita come sostiene R.G, si ostinano a non finanziare lo stabilimento? Perchè R.G. che sostiene di aver bisogno di una cifra modesta per uscire dalle secche in cui si è infilata (2/3 mil. di euro), e in possesso di queste certezze e con alle spalle una solida società come STARFIN non produce lei stessa uno sforzo finanziario e ricapitalizza la società? Perché Richard Ginori, pur intensificando i turni di lavoro, la mancata chiusura dell’azienda nel periodo feriale, l’evasione di commesse consistenti, l’assunzione di circa 40 lavoratori a tempo determinato, l’esternalizzazione di alcune attività produttive, non ha prodotto risultati che consentono tranquillità finanziaria e la fuoriuscita di uno sbilancio economico? L’autorevolezza di un gruppo dirigente è data da atti e fatti concreti, a tutt’oggi mancano: un serio piano industriale, un piano di risanamento economico, e la stabilizzazione degli assetti societari, presupposti che rendono credibile la permanenza il rilancio e lo sviluppo dell’impresa.
Queste garanzie sono state fornite al pool di banche (MPS, Unicredit, Banca Intesa, Fidi Toscana)? Detto questo, quale scenario reale si profila? E’ un problema solo economico finanziario o dietro a tutto ciò insiste anche una questione politica? Noi crediamo che il problema con le banche possa essere il pretesto teso a creare le condizioni anche sociali per mettere in atto un piano già a suo tempo determinato di ridimensionamento occupazionale occasione questa per normalizzare dal punto di vista sindacale lo stabilimento, liberandosi degli ostacoli che impediscono la deregolamentazione dei contratti, delle esternalizzazioni, della scarsa attenzione sui temi della prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro fino ad arrivare a limitare le libertà di rappresentanza e di associazione sindacale di ogni lavoratore.
Se invece il problema è solo limitato all’accesso al credito allora la questione è molto meno complessa e drammatica di quella che viene presentata perché, carta alla mano, Richard Ginori unitamente alla Confindustria dovranno esibire e vantare quali garanzie i tanto sbandierati 47 milioni di euro di ordinativi certi attivando contestualmente e con urgenza un tavolo presso il Ministero dello Sviluppo Economico di cui l’Associazione Industriali di Firenze si faccia promotrice, per risolvere le crisi di liquidità del sistema imprese.
Sull’annosa questione dell’acquisizione del Marchio ben venga il definitivo assetto societario con l’arrivo anche di un nuovo socio che metta sotto tutela la prestigiosa manifattura da qualsiasi gioco di mercato a partire dalla conferma dello stabilimento a Sesto Fiorentino, della tenuta occupazionale e dello sviluppo dell’attività. Infine, non è più accettabile speculare e giocare sulla pelle dei lavoratori: Noi non lo consentiremo" così concludono i Cobas Ginori ed il Gruppo Consiliare provinciale Rifondazione Comunista