Una riforma a costo zero. Anzi, con qualche riduzione dei costi della macchina a vantaggio di una maggiore efficienza. Una riforma che semplifica, anche. Con incentivi ai Comuni che si fonderanno – a partire da quelli obbligati all’esercizio associato di funzioni dalla recenti norme statali -, uno spazio più ampio per le unioni dei Comuni che in Toscana al momento sono sette, cresciute e destinate a crescere ancora, altre unioni dei Comuni al posto delle ex tredici comunità montane che saranno sciolte e aiuti per per i servizi di prossimità nei territori più periferici e disagiati con meno di cinquemila abitanti. La legge che mette ordine e riorganizza in parte il sistema degli enti locali è stata approvata dal Consiglio regionale ieri in tarda sera.
La proposta era stata presentata dall’assessore Nencini e inviata dalla giunta all’assemblea toscana a luglio. Era all’ordine del giorno dei lavori dell’aula due settimane fa. Poi la discussione fu rinviata, in modo da tener conto anche delle ultime disposizioni del governo su province ed enti locali. “La Toscana conta molti meno Comuni di altre regioni in Italia, per ragioni storiche. Ma una riforma era necessaria – sottolinea l’assessore Nencini – Serve infatti una pubblica amministrazione ancora più efficiente ed una struttura burocratica semplificata per accompagnare la ripresa e lo sviluppo.
Mancano inoltre in Toscana vere città ed aree metropolitane di dimensione europea”. “La riforma che abbiamo presentato sei mesi fa e che anticipava alcuni elementi della riforma Monti – spiega ancora l’assessore – vuol dire meno meno costi per la politica, organismi territoriali più vicini al cittadino, incentivi a fondere i comuni più piccoli e aiuti per i comuni montani”. Una legge modificata in corso d’opera La legge che è arrivata ieri nell’aula del consiglio regionale non è la stessa proposta a suo tempo dalla giunta e dall’assessore Nencini.
Nel corso dei lavori in Consiglio qualcosa è stata modificato, anche prima dell’ultimo rinvio, per meglio armonizzare il testo alle norme introdotte con la manovra del governo Berlusconi in estate ad esempio. E’ sparita inoltre, in due tempi, la parte che parlava di aree vaste e gestione associata di funzioni tra Province. Troppo incerto, a giudizio delle commissione consiliare, il quadro di riferimento nazionale, peraltro ampiamente superato dalle ultime decisioni del governo Monti che cancellano le giunte e trasformano le Province in enti di secondo livello, con consiglieri nominati dai Comuni. Ma l’impianto della legge è quello della giunta.
Costi più bassi e enti più coesi. Una riforma a costo zero, per risparmiare ma sopratutto per essere più efficienti e garantire gli stessi servizi (o servizi migliori) con minori risorse, nel momento in cui queste subiscono tagli. “Perché – ricorda Nencini – in un modo globalizzato piccolo non è più sempre sinonimo di bello”. 37 ambiti, 107 comuni e incentivi La legge di riordino istituzionale fissa 37 ambiti di dimensione territoriale adeguata, coerenti con le zone distretto, e 90 comuni (oltre ad altri 17 più piccoli), su 287 in tutta la regione, obbligati da subito ad esercitare insieme funzioni fondamentali.
Ma il meccanismo è flessibile ed aperto. All’interno i Comuni obbligati all’esercizio associato dovranno stipulare convenzioni o dar vita ad unioni. Obbligati sono tutti quelli che non superano i 5.000 abitanti (3.000 se parte finora di una comunità montana). Ma anche i Comuni non obbligati potranno farne parte, magari delegando le gestione solo di alcune funzioni. Gli incentivi per le gestione associate dispensati in passato vengono sostituiti da premi per le unioni dei Comuni. Anche il circondario dell’Empolese-Valdelsa viene riconosciuto come unione di Comuni.
Non ci saranno oneri aggiuntivi per il bilancio regionale, ad eccezione di un fondo di rotazione di 2 milioni di euro, che poi rientreranno nelle disponibilità regionale, e di un fondo di sostegno per gli enti locali da 200 mila euro che intendono ridurre il loro indebitamento. Le unioni saranno costituite da una giunta composta dai sindaci dei comuni che vi aderiscono, un presidente scelto tra i primi cittadini e un consiglio con delegati delle singole assemblee comunali. Le unioni di Comuni accederanno ai contributi regionali solo se raggiungeranno almeno 10 mila abitanti o se saranno costituite da cinque comuni o da tutti i comuni di uno stesso ambito.
Un’eccezione è prevista per le unioni di piccoli comuni fino a mille abitanti, che non avranno limiti nell’accesso ai contributi. Per i Comuni che si fonderanno è previsto un contributo di 150 mila euro per ogni comune originario per cinque anni, fino ad un massimo di 600 mila euro per il nuovo Comune. Se tutti e 135 i Comuni toscani con meno di cinquemila abitanti creassero unioni di Comuni, hanno ipotizzato gli uffici della Regione, si risparmierebbero sei milioni di euro. E addirittura 35 nel caso di fusioni. La legge di riordino prevede anche nuove regole per il patto di stabilità territoriale e che entro il 2012 i trasferimenti agli enti locali saranno sostituiti con aliquote di tributi regionali.
Il testo regolamenta anche la partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento dei tributi regionali.