Aumenta ancora il numero di donne toscane che decide di rivolgersi ai Centri Antiviolenza. Analoga tendenza anche per le denunce di abusi (anche se resta ancora troppo elevato il numero di episodi non segnalato alle autorità). Se poi, ad assistere alla violenza ci sono anche i figli, il dato delle denunce è ancora più alto. Sono questi i dati più significativi che emergono dal III Rapporto sulla Violenza di genere in Toscana, presentato stamattina a Livorno, al Museo di Storia del Mediterraneo. “Secondo l’OMS – ha detto l’assessore regionale al welfare e alle pari opportunità Salvatore Allocca – la violenza sulle donne è un grave problema di salute pubblica, che incide direttamente sul benessere fisico e psichico delle vittime ed indirettamente su quello sociale e culturale di tutta la popolazione.
Una vera e propria piaga purtroppo, spesso colpevolmente sottovalutata e difficile da contrastare, perché avvolta nel silenzio di chi la fa e di chi, ahimè, la subisce. Il sistema di monitoraggio ed analisi che abbiamo costruito a livello regionale e provinciale ci mette a disposizione questo strumento, fondamentale per le politiche da adottare”. “Non dobbiamo ricordarci della triste piaga della violenza sulle donne solo in occasione delle celebrazioni – ha dichiarato il presidente della Provincia di Livorno Giorgio Kutufà -, ma come istituzioni dobbiamo impegnarci ogni giorno per contrastare questo fenomeno, perché nonostante sia cresciuta la sensibilità su questo tema, sono ancora troppe le situazioni che vedono le donne vittime di un dramma che spesso rimane silenzioso”. “Nelle attività che portiamo avanti come assessorato – ha detto l’assessore alla qualità sociale Monica Mannucci -, grande importanza riveste il lavoro di rete, che consente di mettere insieme le varie competenze e creare migliori condizioni per una vera politica di prevenzione.
In questo senso risposte immediate, con concreti effetti positivi, sono stati raggiunti grazie al progetto Ascolto Donna Aiuto, attraverso il quale la Provincia ha promosso la creazione di una rete di soggetti che intervengono a vario titolo nel difficile percorso di prevenzione e sostegno alle donne vittime della violenza”. “La violenza di genere – ha dichiarato l’assessore alle pari opportunità Maria Teresa Sposito – rappresenta una violenza ai diritti fondamentali delle donne.
E’, quindi, di grande importanza che anche le giovani generazioni comprendano appieno il significato dell’art. 3 della nostra Costituzione, che sancisce il rispetto dei diritti sociali della persona, affinché si tenga sempre alta l’attenzione sul fenomeno della violenza”. Le donne che si sono rivolte alle 23 strutture sparse sul territorio nel periodo 1 luglio 2010-30 giugno 2011 sono state 1.882, 121 in più rispetto alla rilevazione precedente. Due su tre sono di nazionalità italiana. Grado d’ istruzione.
Più della metà possiede almeno il diploma di scuola media superiore. Più esattamente, il 42,9% ha il diploma e il 13% circa una laurea. In poche parole, le donne che vanno ai Centri sono più istruite della media della popolazione toscana. Le donne straniere sono sensibilmente più giovani. Quasi il 68% ha meno di 40 anni, contro il 43% circa delle italiane, e si concentrano soprattutto nella fascia d’età 30-49 anni; il 31% delle italiane ha tra i 40 e i 49 anni. Più della metà (53%) delle donne italiane e quasi il 71% delle donne straniere vive con il partner. Situazione lavorativa.
Tra italiane e straniere ci sono significative differenze. Metà delle prime ha un’occupazione stabile, per le seconde la percentuale scende al 37,7%. Quasi la metà delle italiane ha una professione impiegatizia. Più del 64% delle straniere svolge una mansione da operaia. Accesso ai Centri. Più del 60% delle donne lo ha fatto direttamente. Le donne sono andate di persona alle strutture, in cerca d’informazioni, assistenza psicologica, ascolto, consulenza legale e, nei casi più gravi, sostegno per l’allontanamento del/dall’aggressore.
Inoltre quasi due su tre, prima di andare al Centro, si sono rivolte anche agli altri servizi: il 33% alle forze dell’ordine, il 24% al servizio sociale, il 14% al pronto soccorso, solo il 2% al consultorio e il 19% ad altre strutture. Le violenze subite. Sono stati denunciati complessivamente 3.562 casi di violenza di vario genere: 1.426 di violenza psicologica (81%), 1.106 fisica (63%), 486 economica (27,5%), 283 stalking (16%), 179 violenza sessuale (10%), 67 molestie sessuali (3,8%) e 15 mobbing (1%).
Rispetto al precedente rapporto sono diminuite le donne che dichiarano di aver subito una violenza di tipo fisico (erano il 65%) mentre sono aumentate le violenze sessuali (7,8%) e lo stalking (11%). L’aggressore. Nella maggior parte dei casi, le donne hanno o hanno avuto una relazione intima: nel 62% dei casi si è trattato del partner, nel 21% dall’ex partner. Nel 10% dei casi l’aggressore è un parente più o meno prossimo, l’8% è rappresentato da un’altra figura (collega di lavoro, conoscente, datore di lavoro o sconosciuto).
Il legame affettivo o il vincolo parentale influisce in modo rilevante sulla propensione alla denuncia da parte delle vittime (dato in aumento rispetto alla precedente rilevazione, 29,5% contro il 26%, anche se resta ancora elevato il ‘sommerso’): più è stretto tale legame, meno le donne denunciano. Se si confrontano i dati relativi agli ultimi due anni abbiamo una conferma delle relazioni evidenziate nel II rapporto di monitoraggio, tra la scelta della denuncia e la legislazione vigente, che è esplicita in una più alta frequenza di denuncia da parte delle vittime di stalking: quasi la metà delle donne che lo hanno subito ha fatto denuncia. Infine va sottolineato che una spinta forte alla denuncia dei soprusi è anche la presenza di figli che assistono alla violenza, elemento trattato nel rapporto per la prima volta.
La percentuale di donne che sporge denuncia, in questo caso, sale al 31,8% (contro il 24,8% delle donne senza figli, o i cui figli non assistono alla violenza). Il dato della violenza assistita è particolarmente allarmante: sono 999 le donne che si sono rivolte ai Centri dichiarando che i propri figli hanno assistito alla violenza. Di questi, 1.429 sono minorenni.