La crisi del debito e le tensioni sul mercato interbancario, in un contesto europeo a rischio recessione, hanno spinto la Bce a tagliare il costo del denaro malgrado il sensibile rialzo dell’inflazione che, negli ultimi mesi (settembre-ottobre), si è attestata al 3%, superando abbondantemente la soglia limite del 2% tollerata, almeno sulla carta, dalle autorità. L’allentamento delle condizioni monetarie con ogni probabilità proseguirà anche nei prossimi mesi, in totale controtendenza con quanto avviene sul fronte dei prezzi che continueranno a crescere a ritmi sostenuti almeno fino ad agosto 2012.
L’area Research di Banca Monte dei Paschi di Siena si attende un ulteriore taglio del costo del denaro da 25 basis points nel primo trimestre 2012, quando anche il rallentamento del ciclo di Francia e Germania sarà più evidente. Poche ormai le armi in mano alla Bce per contrastare il rialzo dei prezzi al consumo, in uno scenario in cui molti osservatori si attendono una crescita economica di poco superiore allo 0% per l’intera area Euro nel 2012 ed in presenza soprattutto di una critica situazione debitoria di alcuni paesi dell’area.
Due i motivi principali per cui la Bce dovrà allentare il morso sull’inflazione anche nei mesi a venire: la situazione debitoria in area Euro e le tensioni sul mercato interbancario. Relativamente ai debiti sovrani, a preoccupare, oltre alla Grecia, con i mercati che scontano un default pilotato con haircut superiore a quanto concordato al livello europeo, sono anche altri paesi dell’area Euro, Italia in primis, il cui debito pubblico “commerciabile” è pari a oltre 1500 miliardi di euro con evidenti conseguenze disastrose per l’intero sistema finanziario europeo qualora il paese dovesse risultare insolvente.
Sotto queste condizioni l’inflazione non fa paura, tutt’altro: l’inflazione diviene un valido alleato per ridurre i rendimenti reali e consentire un sostenibile aggiustamento dei conti pubblici, soprattutto in contesti di bassa crescita o addirittura crescita negativa (-7,34% a/a e -1,01% il Pil della Grecia e del Portogallo rispettivamente nel secondo trimestre del 2011). Per quanto riguarda l’intensificarsi delle tensioni sul monetario, malgrado le iniezioni di liquidità intraprese dalla Bce che, con le operazioni di mercato aperto, ha iniettato quasi 600 miliardi di euro, c’è ancora una forte crisi di fiducia che impedisce agli istituti di credito di scambiarsi flussi sull’interbancario: i depositi presso l’Istituto Centrale sono infatti saliti a 229 miliardi di euro, il massimo da oltre un anno.
Dopo l’Irlanda e la Grecia è la Germania il paese il cui sistema finanziario ha fatto maggior ricorso alle aste Bce in termini di importi finanziati nei primi 5 mesi 2011. In tali circostanze la Bce non può far altro che adottare politiche monetarie espansive malgrado il rialzo dei prezzi. La riapertura dell’asta a 12 mesi avvenuta lo scorso 25 ottobre aveva già iniziato a spingere al ribasso i tassi sul mercato monetario in particolare sulle scadenze 3, 6 e 12, il taglio del tasso di riferimento ha semplicemente accelerato il processo in atto.
L’inflazione e l’effetto sui consumi delle famiglie Se da un lato quindi l’inflazione è auspicabile per non cadere nella spirale deflattiva, che in questo momento porterebbe anche l’area Euro a soffrire le condizioni tipiche della sindrome giapponese, dall’altro l’accelerazione dell’indice dei prezzi al consumo comporta una riduzione del potere di acquisto delle famiglie. In Italia, ad esempio, dopo il forte calo del potere di acquisto registrato nel biennio 2008-2009, il dato è tornato a contrarsi su base tendenziale (-0,3% nel secondo trimestre 2011) e la recente accelerazione dei prezzi al consumo (3,4% anno su anno il Nic di ottobre) continuerà a pesare sulla spesa personale. Questo va ad aggiungersi ad una manovra fiscale restrittiva (i dettagli del decreto sviluppo e del maxiemendamento dovrebbero essere noti entro la metà di novembre) che, secondo la revisione al documento di finanza pubblica, da un lato innalzerà la pressione fiscale (che potrebbe salire al 44,9%, dal 43,5% attuale e dal 40,8% del 2000) e dall’altro andrà a ridurre la spesa pubblica (con la spesa per investimenti nel triennio 2011-2013 dovrebbe contrarsi del 25% rispetto al 2010) con un effetto restrittivo sull’economia.
Secondo le stime dell’Area Research di Banca Monte dei Paschi di Siena nel 2012 i consumi privati torneranno a contrarsi (-0,4%, rispetto al +1% nei primi 6 mesi del 2011).