“Identità virtuali” la nuova mostra allestita alla Strozzina sino al 17 luglio ,presenta opere e installazioni di artisti internazionali che riflettono sulle conseguenze politiche, sociali e culturali del nuovo rapporto tra uomo e tecnologia nel segno delle “identità virtuali” con cui sempre più spesso affrontiamo la realtà, anche senza accorgercene. Se Il problema dell'identità ha attraversato la letteratura di ogni tempo da Seneca fino a Pirandello e l'uomo si è sempre interrogato sull'identità e sull'altro,adesso è importante analizzare il termine ‘identità’ alla luce della cultura digitale basata su nuove tecnologie e forme di comunicazione.
Nell’odierna società della comunicazione, una persona sembra esistere solo se rintracciabile online e nel costante flusso di informazioni. Tuttavia, ancor prima che Facebook ufficializzasse la totale obsolescenza della nozione di vita privata nel mondo di oggi, possiamo registrare una crescente inconsapevolezza degli utenti di internet nell’utilizzare loro dati personali online. L'antico sogno di essere un altro, di celarsi sotto mentite spoglie ed agire in maniera diversa, è stato reso possibile grazie alle identità virtuali della rete.Ma ciò che ha affascinato i primi internauti sembra non interessare più le giovani generazioni.
La tendenza adesso è opposta: svelarsi, farsi vedere, invadere la rete con il proprio io. Essere costantemente reperibili con i telefoni cellulari o condividere pensieri ed esperienze della propria vita tramite i social network sono elementi comuni alla vita della maggior parte delle persone. In mostra gli artisti inducono a queste riflessioni evidenziando le identità virtuali dei nostri tempi con significative foto, video e installazioni - Michael Wolf (Germania), nella serie fotografica Paris Street View, porta all’estremo il paradosso del rapporto tra arte e tecnologia digitale, realizzando le immagini non per le strade della città francese, ma attingendo dal materiale disponibile su Google Street View. Nell’opera video Immersion, Robbie Cooper (Gran Bretagna) affronta il tema del feedback visivo ed emotivo tra individuo e mondo digitale, mentre il fotografo Evan Baden (USA) coglie volti di adolescenti immersi nella comunicazione digitale, illuminati unicamente dalla luce degli schermi dei diversi supporti tecnologici che utilizzano. Il video The Catalogue di Chris Oakley (Gran Bretagna) affronta il tema della tracciabilità e mette in scena un sistema di videosorveglianza di un grande magazzino in cui le persone riprese diventano entità/identità trasparenti e vulnerabili.
Tracciabilità e visualizzazione di dati personali sono anche al centro del lavoro del designer Nicholas Felton (USA), il quale crea diagrammi e tabelle per documentare azioni e dati della sua vita quotidiana. Il collettivo etoy.CORPORATION (Svizzera) propone TAMATAR, un’installazione del progetto Mission Eternity, con cui si affronta il tema dell’identità e della sua memoria a partire dalle diverse tracce lasciate nell’interazione con la rete, riflettendo su ciò che rimane della persona dopo la morte.
Il Sociable Media Group (USA) propone Metropath(ologies), un’installazione multimediale che, tramite il semplice inserimento del proprio nome, permette la visualizzazione spaziale di frammenti di informazioni disponibili online di ogni persona, dimostrando la trasparenza e la visibilità dell’individuo sulla rete. Il gruppo Les Liens Invisibles (Italia) si caratterizza per progetti online che, con ironia ma sempre puntando su un forte senso di attivismo politico, riflettono su distorsioni e paradossi nel rapporto con i social network.
Significativa la video installazionee Hello World! di Christopher Baker (USA) che mette in scena un monumentale puzzle di video provenienti da YouTube, in cui singoli individui lanciano il loro video messaggio al pubblico della rete, creando un’accumulazione di voci che si uniscono in un indistinto rumore di fondo. L’opera Mass Ornament di Natalie Bookchin (USA) crea un’unica coreografia di movimenti unendo video tratti da YouTube, in cui singole persone ballano nella solitudine delle loro case private, davanti all’occhio della webcam. La mostra ospita anche un progetto della fotografa iraniana Diana Djeddi (Iran/Germania) che ricostruisce il caso di Neda Agha-Soltan, la giovane studentessa uccisa a Teheran durante le manifestazioni del 2009, esempio delle potenzialità ma anche dei rischi legati alla diffusione di informazioni sulla rete. Identità virtuali è un progetto del CCC Strozzina, con la consulenza scientifica di Antonio Glessi (ISIA, Firenze), Christiane Feser (artista), Franziska Nori (direttore, CCC Strozzina) e Roberto Simanowski (Institut for Media Studies, University of Basel). di Alessandro Lazzeri