di Nicola Novelli Direttore responsabile di Nove da Firenze FIRENZE- Ha suscitato molta attenzione e numerosi commenti il corsivo pubblicato nei giorni scorsi su Nove da Firenze, con il titolo “Matteo Renzi vada a Roma, ma lasci Firenze quanto prima”. Commenti veriegati, ma in parte dei quali traspare una certa prevenzione nei confronti di una possibile candidatura del sindaco di Firenze a qualche ruolo di rilievo nazionale. E, sembra di indovinare, questi commenti provegano proprio da lettori fiorentini di sinistra, delusi dalla politica e dalle dichiarazioni del giovane esponente del PD. Questo atteggiamento non è condivisibile.
La coerenza ai principi è un valore nobile. Ma dopo 15 anni di sistema maggioritario è evidente che la Sinistra in Italia non può vincere le elezioni senza la mediazione del Centro. E chi non vince le elezioni non governa il paese, né bene, né male. Dunque un atteggiamento massimalista, che nella nostra città veste i facili panni di un campanilismo diffidente a ogni novità, o cambiamento, sortisce l'esito di favorire gli avversari, che in quest'Italia si chiamano PdL di Silvio Berlusconi e Lega Nord di Umberto Bossi.
Vale la pena di giocare al “tutto, o niente”? Matteo Renzi può aver deluso a Firenze, ma non è detto che le sue qualità non possano esprimersi meglio a Roma. Anzi, mentre a casa nostra, dove i progressisti sono prevalenti quasi in maniera scontata, può valere la pena di fare opposizione da sinistra, a livello nazionale è evidente che non si vince, senza una figura che sappia parlare all'elettorato di centro (decisivo nelle consultazioni), con un linguaggio riformista e pragmatico, sociale e popolare.
Forse quest'orizzionte apparirà deludente a qualcuno, ma è l'unico che può preservare le fasce più deboli della popolazione dagli esiti deleteri che l'attuale crisi economica, e la scarsa azione del presente governo, riservano a precari, disoccupati, immigrati, anziani, coppie di fatto, omosessuali e tutte le categorie emarginate dalla visione attualmente maggioritaria. Qual'è il profilo vincente contro la Destra di governo? Può la Sinistra candidare una buona volta un esponente giovane, laureato, sposato e padre di famiglia, con esperienza vincente come amministratore pubblico, o imprenditore privato? Perché è questo che rassicura l'elettorato italiano e apre le porte di Palazzo Chigi.
Sappiano il PD, o una coalizione di sinistra, o di centro-sinistra, scegliere il miglior candidato per le prossime consultazioni politiche. Fermo restando che il miglior candidato non è il portavoce dei principi più nobili, con cui si perde, ma quello che ha le maggiori possibilità di vincere e portare i progressisti al governo. Tra i principali problemi del nostro paese non c'è la propensione al compromesso, che anzi a sinistra è sempre stata assai scarsa e foriera di rovinose scissioni.
Autentica difficoltà, e differenza rispetto a democrazie evolute, è un'opinione pubblica debole, che si mobilità a corrente alternata e che crede di risolvere il proprio ruolo solo in occasione delle consultazioni elettorali. Stampa indipendente e non tifosa e pubblico attivo e partecipante sono buoni antidoti all'oligarchia e ai poteri forti. Mettersi una testata sotto il braccio, o guardare la TV il giovedì sera non basta per cambiare il paese. Meglio per la democrazia un elettorato militante e un pubblico vigilante, in grado di verificare nel tempo gli esiti di promesse e compromessi della classe politica.
E chiedere conto, al momento giusto, della fiducia conferita.