Proprio nella sala di Rifredi, nel lontano 1986, ha debuttato in anteprima il fortunatissimo spettacolo di Benvenuti, divenuto poi film “cult” e riproposto adesso in una inedita versione teatrale con tutti i personaggi in scena, e i due ruoli principali di Adele e Gino affidati ad Anna Meacci e Carlo Monni. Una nuova vita per la famiglia Gori, ancora una volta riunita per questo rito natalizio, l' interminabile pranzo dove vengono serviti crostini e prosciutto, dissapori e desideri repressi, tortellini in brodo e questioni di interesse, pollo arrosto e antichi rancori.
Ugo Chiti e Alessandro Benvenuti, scrissero a quattro mani, in due pomeriggi soltanto, il testo di Benvenuti in casa Gori nel novembre del 1986. Lo spettacolo debuttò il 31 gennaio del 1988. Tutti e nove i personaggi, allora e per tutte le repliche dello spettacolo nei cartelloni dei maggiori teatri italiani per molti anni, furono interpretati da Alessandro Benvenuti che ricorda così la cronaca di quel giorno santo: “Si trovarono riuniti intorno al desco dieci commensali: l'ormai novantenne Annibale Papini, Gino Gori: il capo famiglia, sua moglie Adele, suo figlio Danilo, Cinzia la di lui fidanzata, Bruna secondogenita di Annibale, Libero, suo marito, Sandra la loro figlia, Luciano il marito di quest'ultima e la piccola Samantha di due anni, frutto del matrimonio di Sandra e Luciano.
Inoltre, via etere, avrebbero dovuto essere presente anche Carol Woityla ma quel giorno il Santo Padre, strano a dirsi, si fece attendere in televisione più del dovuto. E fu proprio aspettando l'"Urbi et Orbi" che i dieci, in mancanza di un'alternativa ragionata, non poterono fare a meno di ingannare il tempo tirando fuori il catalogo dei loro problemi esistenziali. Che non fossero tutte rose e fiori apparve subito chiaro. Per un fortunato caso quel Natale mi trovavo a Pontassieve in visita alla famiglia Gori.
Fu così che alle prime avvisaglie dell'insolita piega che stava prendendo quella strana giornata, pensai bene, come certi vampirelli talvolta usano fare, di prendere qualche appunto. Successivamente riportai ciò che avevo udito all'amico Ugo Chiti e assieme, più o meno rispettosi degli ispiratori, abbiamo cercato di raccontare anche a voi quello che altri involontariamente avevano raccontato a noi”.