di Nicola Novelli foto di Antonio Lenoci Nel corso dell'inchiesta di Nove da Firenze sul potenziale idroelettrico dell'Arno fiorentino abbiamo visto come sarebbe possibile attivare una dozzina di turbine piazzate sulle briglie prossime alla città. Abbiamo anche visto che nell'ultimo decennio diversi imprenditori avevano avanzato richiesta di concessione di quelle briglie. Alcuni dei procedimenti erano a buon punto quando nel 2007 la Provincia di Firenze cambiò orientamento bloccando tutti gli imprenditori, per lanciare un bando pubblico di assegnazione globale delle briglie con il sistema del Project financing.
A distanza di tre anni non è ancora chiaro quanto tempo dovremo attendere per usufruire del primo kw di energia idroelettrica prodotta sull'Arno. Il caso del lago di Bilancino, dove Publiacqua ha ottenuto la concessione e realizzato un impianto in breve tempo, ci dice proprio il contrario di quel che pensano a Palazzo Medici Riccardi: è più facile realizzare un singolo progetto in un sito, piuttosto che attivarne 13 contemporaneamente. In recepimento del Protocollo di Kyoto le centrali idroelettriche sono diventate “opere pubbliche improrogabili e urgenti”, e a Firenze lo fruttamento del fiume avrebbe pure comportato la messa in sicurezza di una dozzina di briglie con la produzione di elettricità sufficiente a soddisfare il fabbisogno annuale di, si stima, 50.000 persone.
Ma ormai il rischio concreto e che la matassa non si sbrogli prima di tre lustri dal suo inizio. Un ritardo imperdonabile per le amministrazioni locali. Ma andiamo con ordine. In Toscana l'energia idroelettrica è una realtà da oltre 100 anni, lungo la dorsale appenninica, in particolare in provincia di Lucca e in Casentino. Ormai si potrebbe dire che stiamo raschiando il barile, se non fosse che nel lontano 1992 lo Stato italiano ha dato vita a un sistema di incentivi (il così detto Cip6) che ha messo in moto l'interesse per le fonti energetiche alternative, riportando di moda le vecchie turbine ad acqua.
E' da almeno dieci anni che diversi imprenditori hanno iniziato ad interessarsi alle antiche traverse del fiume, in particolare Gualchiere, Nave di Rovezzano ed Ellera. Ma per ottenere le consessioni dei siti si deve passare dalla Provincia di Firenze, costituzionalmente preposta al governo delle acque superficiali e sotterranee. Quando nel 2006 alcuni di questi procedimenti amministrativi sono quasi arrivati alla fine, nella pentola dell'allora Presidente provinciale, Matteo Renzi, comincia a bollire l'idea di accorpare tutte le concessioni in un unico bando pubblico da assegnare con il procedimento del Project financing.
Il progetto, inizialmente stimato in € 44 milioni da uno studio dell'Università di Firenze, metterà ben 13 briglie sull'Arno nelle mani di un unico gestore, che in cambio dell'obbligo alla manutenzione (inserita nell'elenco triennale delle opere pubbliche della Provincia di Firenze) otterrà lo sfruttamento per qualche decennio delle acque in caduta per produrre energia elettrica. Al termine del contratto, questo forse l'obiettivo di Renzi, la proprietà privativa delle infrastrutture idroelettriche passerà alla Provincia.
Al presidente provinciale, che di lì a poco deciderà di candidarsi sindaco di Firenze, l'idea fa pure gioco elettorale. Accade così nel 2007 che tutte le precedenti domande di concessione vengano bloccate improvvisamente, con la conseguenza, nel giro di pochi mesi, di far citare l'Amministrazione provinciale davanti al Tribunale superiore delle Acque pubbliche per iniziativa di ben nove controparti. Ciò che sostengono i diretti interessati nei loro ricorsi è che per poter bloccare i procedimenti, alcuni dei quali giunti a conclusione, la Provincia avrebbe dovuto dimostrare di aver trovato alternative di miglior utilizzo rispetto alle domande presentate.
Ma come poteva l'Amministrazione Renzi dimostrate l'interesse prevalente, se i progetti sulle singole briglie sarebbero stati realizzati dopo l'aggiudicazione del bando? Si tenga poi conto che alcuni procedimenti avevano già dato luogo all'approvazione della Verifica di Impatto Ambientale sui siti e alla pubblicazione sul BURT, il bollettino ufficiale della Regione Toscana, passaggio estremo per manifestare interesse da parte di progetti alternativi. Nel caso ad esempio del vecchio molino in via Villamagna, il complesso immobiliare, comprensivo di canali di regimazione e denominato “Mulino Guasti”, era stato appostamente acquistato dal Comune di Firenze.
Al di là dell'interesse dei privati per lo sfruttamento delle singole briglie, non si può non rilevare che il conto economico del bando di Project financing (prima 44 milioni, poi € 48) contiene evidenti errori. Ad esempio sono assenti i costi di esproprio delle aree necessarie per la realizzazione degli impianti idroelettrici. Come si fa a pianificare un investimento imprenditoriale a monte di una decina di trattative per l'acquisto di terreni senza i quali non sarà possibile dare vita all'azienda? Si aggiunga che senza certezza sulla disponibilità delle aree l'aggiudicatario sta preparando le richieste di concessione, almeno a detta dell'Assessore provinciale all'Ambiente, Renzo Cresioli.
Né sono state presentate all'ente locale le verifiche di impatto ambientale. E in assenza di così tante informazioni decisive, com'è possibile determinare in che misura tutte e 13 le briglie interessate saranno redditizie e nell'arco di quanti anni? E' evidente che il rischio di aborto del Project financing (un piano economico che ha l'obbligo di quadrare) è concreto. Un'evenienza che vanificherebbe anni e anni di attese e soldi buttati. La storia dell'energia idroelettrica sull'Arno è lunga e complessa, troppo forse per consentire l'attenzione di un'opinione pubblica locale abitualmente distratta.
Eppure i costi che la collettività potrebbe essere chiamata a pagare sono rilevanti. Il fallimento del Project potrebbe sommare la mancata produzione di energia pulita per un decennio, al costo degli eventuali indennizzi agli imprenditori ricorrenti nel 2008 (le cause sono tuttora in corso). Comunque, nel caso di una rinuncia da parte dell'aggiudicatario del Project, è probabile pensare che i vecchi procedimenti bloccati nel 2007 siano di fatto annullati. E dunque, anche qualora i vecchi richiedenti concessione volessero ritentare, dovrebbero ricominciare da capo i procedimenti amministrativi. Nei giorni scorsi, durante la pubblicazione dell'inchiesta, la redazione di Nove da Firenze è stata contattata da un lettore, che ha raccontato di essersi interessato delle briglie fiorentine sin dal 2000: “Poi quando si capì che le cose a Firenze si complicavano decisi di abbandonare il progetto sull'Arno per spostarmi su un più tranquillo emissario a monte”.
Ma l'interlocutore, che per timore di ritorsioni burocratiche chiede di rimanere anonimo, si è ritrovato nella stessa situazione dei richiedenti sull'Arno: “Sono trascorsi ben più dei 210 giorni previsti dalla legge, abbiamo provveduto alla pubblicazione delle nostre domande sul BURT, ma gli enti locali ostacolano i procedimenti e nonostante il pronunciamento a noi favorevole del Tribunale Superiore delle Acque, non riusciamo ad ottenere le concessioni di sfruttamento. Non basta la disponibilità a ripristinare le briglie, vasche di risalita dei salmonidi comprese".
Superare la burocrazia italica è infatti un po' come risalire un fiume controcorrente: spesso gli imprenditori, anche armati di risorse, competenze e coraggio, soccombono. Con buona pace del Protocollo di Kyoto e delle sue opere pubbliche improrogabili e urgenti.
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