Adattata dal poema di Oscar Wilde, potente e drammatica, magnificamente interpretata dall'orchestra del Maggio diretta da Ralf Weikert e dai cantanti Janice Baird (Salome) e Mark S. Doss (Jochanaan). Nonostante alcuni spunti originali, non è altrettanto raffinata la regia di Robert Carsen, che già avevamo visto al Teatro Comunale con Fidelio nel 2003 e con Elektra nel 2008. Siamo nel caveau di una banca coperta da cima a fondo con cassette di sicurezza. Un buon stratagemma moderno per evocare la ricchezza del palazzo di Erode.
Dodici schermi, simili a quelli collegati alle telecamere di sicurezza, ci mostrano che cosa succede nel palazzo e fuori. Vediamo il banchetto sontuoso di Erode, la sala da giochi, le mani del croupier alle prese con la roulette e con le carte, l'interno del caveau e la luna. Tra poliziotti in divisa che rappresentano i capitani di Erode, centurioni e fanciulle dal sapore egizio, si aggira la bella Salome. Come una principessa che si rispetti usa il potere e il fascino per realizzare il suo capriccio, quello di conoscere il profeta Giovanni Battista, imprigionato in fondo al pozzo (nel nostro caso dietro la porta blindata del caveau).
Jochanaan, che illumina d'oro la stanza quando profetizza l'imminente fine dei figli di Sodoma, diffonde su tutti i presenti la sua aura che impaurisce per forza e purezza. Salome se ne innamora subito e più il Battista la rifiuta più lei lo brama, fino a inseguirlo strisciando perché vuole baciare la sua bocca. arrivano Erode ed Erodiade. Carsen li veste con uno sfarzo pacchiano, tinge loro i capelli di biondo e rosso e gli mette al seguito una corte debosciata, composta da uomini travestiti da donna e anziani figuri, trasformandoli nei padroni perfetti di una casa dove imperversa il peccato.
La loro eccessiva depravazione contrasta ragionevolmente con la purezza del Battista, il momento in cui invece poteva essere attenuata la volgarità, per non incorrere nel rischio di una ripetizione, è quello della 'mitica' danza dei sette veli. Ci troviamo ad assistere a una vera e propria orgia di corpi capeggiata da Salome che, vestita e pettinata esattamente come la madre Erodiade, si lancia in un balletto osceno, apre le gambe, mostra le cosce e mette il suo corpo a disposizione di tutti i presenti.
A enfatizzare la scena, la presenza di una telecamera che riprende in tempo reale le sue 'gesta', proprio come fosse un filmino pornografico fatto in casa, con flash di corpi nudi che scimmiottano il film Fight Club. Un escamotage, quello della telecamera, che non è nemmeno tanto originale e che avevamo visto, con bel altro stile, nella Tosca di Barberio Corsetti del 2005. Applausi in sala e qualche fischio, forse non casuale nella serata della ripresa radiofonica, ma tutto passa in secondo piano rispetto al comunicato letto prima dell'inizio dello spettacolo, che ci ricorda la situazione drammatica del Carlo Felice di Genova che rischia di chiudere.
La speranza è quella di poter continuare ad applaudire e anche a fischiare, visto che sta diventando sempre meno scontato poterlo fare. Silvia Cosi