La manovra finanziaria presentata dal Governo prosegue, purtroppo, lungo questa traccia: nessuna misura strutturale, tagli lineari, interventi emergenziali, settoriali o a colpi di una tantum. Misure inique, dunque, dall'efficacia limitata, ma soprattutto senza alcuna prospettiva, per il nostro Paese, di riforme, crescita, sviluppo. Una manovra finanziaria per la quale il Governo aveva deciso di utilizzare lo strumento del decreto, più agile, più snello, da far entrare in vigore subito e da far poi ratificare al Parlamento trasformandolo in legge.
Ma una manovra, però, quella che almeno finora abbiamo visto che, in realtà, fa dei tagli lineari il principio su cui si fonda e non realizza le riforme di cui il Paese avrebbe bisogno. Le entrate vengono previste dalla lotta all'evasione fiscale. Invece di metterle a consuntivo, infatti, tutti sappiamo già che il 40 per cento delle entrate di questa manovra proverranno dalla lotta all'evasione fiscale, e già questo è un punto grave della manovra. Ciò fa presagire che, in realtà, questo tipo di intervento avrà vita breve e che, probabilmente, a settembre saremo costretti a parlare nuovamente di manovra e a realizzare un altro tipo di intervento. Delle pensioni, delle quali si è parlato solo per un refuso.
Dal lavoro al welfare, dalle pensioni alle liberalizzazioni, anche il primo decennio degli anni Duemila è trascorso senza quelle riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno per interrompere quel che a non pochi appare ed è temuto come uno strutturale, istituzionale degrado o almeno declino. Si è recepita la sentenza della Corte di giustizia europea, ma non lo si è fatto nell'ambito della manovra bensì solo con un emendamento che non sappiamo se ora sarà contenuto nel maxi-emendamento. "I Genitori sono sempre più preoccupati per il dissesto della Scuola Pubblica e ancor più determinati a consegnare un futuro ai propri figli", commenta così Alessandro Margaglio, membro della segreteria nazionale del C.G.D., la class action sottoscritta congiuntamente alla FLC-CGIL.
"Di fronte alla sordità culturale, tutta italiana, che equipara la Scuola a mero centro di spesa, mentre la Commissione Europea sotto la Presidenza Barroso elabora il Piano 2020 per l'Istruzione con importanti obbiettivi comunitari, le rappresentanze di Docenti, Dirigenti, ATA e dei Genitori reclamano per la Scuola Italiana, per tutti gli studenti, 1,6 miliardi di euro di finanziamenti arretrati e dovuti ex-Lege !!!" In queste ore già pervengono richieste di adesione da parte di Comitati generatisi ovunque spontaneamente in questi anni.
"I Genitori non demordono e riaffermano, in ogni sede, il diritto alla Scuola della Costituzione, quella sancita agli artt. 3, 33 e 34", conclude Alessandro Margaglio rappresentante del C.G.D. Sono 48, oltre alle 44 già sostenute a partire dallo scorso anno, le nuove sezioni di scuola dell'infanzia che apriranno in Toscana solo grazie ai fondi della Regione: il complesso delle 92 sezioni che – a 40 ore settimanali l'una - saranno attivate (le 44 aperte lo scorso anno e le 48 da aprire con il nuovo anno scolastico 2010/2011 per un totale di circa 2.300 bambini) implica finanziamenti nell'ordine dei 4,9 milioni di euro.
«Ce ne faremo carico noi sostituendoci allo Stato – spiega Stella Targetti, assessore all'Istruzione e vicepresidente di Regione Toscana, che questa mattina ha presentato in Consiglio Regionale una specifica comunicazione – perché non possiamo accettare che il risanamento del debito pubblico sia fatto pagare ai bambini». Il numero di sezioni di scuola statale dell'infanzia su cui il ministero ha posto il blocco garantendo finanziamenti statali è, in Toscana, 2.680: restano fuori circa 40 nuove sezioni ogni anno con bambine e bambini rimasti in lista d'attesa e una pesante situazione che colpisce le giovani famiglie.
Da qui la scelta della Regione perché – aggiunge Targetti - «vogliamo investire sul nostro futuro e il capitale umano di un Paese si costruisce dall'infanzia». Garantire la scuola, anche quella dell'infanzia, a tutti i bambini è, inoltre, «un servizio importante per i genitori altrimenti lasciati soli nel difficile compito educativo che compete loro in una fase così delicata nello sviluppo dei figli». E' con il DPR 89 del 20 marzo 2009 che il governo ha introdotto «una autentica riforma in senso minimalista dei primi cicli di istruzione”.
Per l'assessore toscano “la scelta del ministro Gelmini di non assicurare più a tutti i bambini l'accesso al percorso educativo a partire dall'infanzia, è basata sulla scusa che questa scuola non fa parte dell'obbligo di istruzione ed è un grave esempio di disimpegno da parte dello Stato rispetto alla garanzia di un diritto riconosciuto dalla Costituzione e assicurato dal legislatore». Nella comunicazione al Consiglio è anche confermato, per il 2011, il sostegno alle scuole materne paritarie (un milione e mezzo di euro per quelle comunali; 2 milioni per le paritarie private oltre a un contributo di 300 mila euro per le paritarie cattoliche associate alla Fism).
«Crediamo all'importanza di un'offerta educativa sussidiaria che possa ampliare – conclude Stella Targetti – le possibilità di scelta delle famiglie avendo però ben presente che tale offerta potrà essere solo integrativa, e non sostitutiva, rispetto alla scuola statale dell'infanzia». «Siamo di fronte a una crisi istituzionale senza precedenti. La giunta ha portato avanti la concertazione sul Dpef 2011 infrangendo tutte le regole statutarie». La denuncia parte dal gruppo del Pdl in Consiglio regionale, che ha potuto verificare come ai tavoli di concertazione con le parti sociali non siano mai approdati tutti gli atti votati dal Consiglio regionale, compresi quelli non approvati, come vorrebbero i commi 4 e 5 dell’articolo 155 del Regolamento interno al Consiglio regionale, collegato all’articolo 48 dello Statuto.
«Si tratta – ha attaccato il Presidente del Gruppo Pdl in Consiglio regionale Alberto Magnolfi – di una infrazione grave in sé, ma anche gravemente lesiva delle prerogative del Consiglio, e in particolare di quelle delle minoranze. Con questa condotta, ancora una volta Rossi ha dato uno schiaffo istituzionale all’assemblea toscana e ai cittadini che essa rappresenta. Non solo: ha preso in giro le parti sociali e le associazioni con cui, al posto della concertazione, ha in realtà portato avanti una chiacchierata informale che non ha loro fornito il quadro complessivo degli indirizzi possibili su cui intervenire.
In pratica, Rossi qui si è comportato da sovrano assoluto, più che da governatore». Il fatto è questo: l’articolo 48 dello Statuto e i commi 4 e 5 dell’articolo 155 del Regolamento prevedono complessivamente che il presidente della giunta possa promuovere concertazione, ma debba portare ai tavoli tutti gli atti di indirizzo: quelli approvati dal Consiglio, ma anche quelli votati e non approvati. Questo non è successo. «Eppure – ricorda il Pdl – da parte nostra avevamo presentato ben 20 ordini del giorno che, pur votati in aula, non sono mai giunti ai tavoli di una concertazione i cui verbali dimostrano l’andamento più da chiacchierata tè e pasticcini che non da incontro di spessore istituzionale».
E sì che il Pdl, che aveva proceduto per suo conto a incontri con le categorie economiche, aveva trovato convergenze su molti dei suoi 20 atti di indirizzo. «Che fine ha fatto il sostegno che avevamo raccolto?», si chiede ora il Vicecapogruppo Vicario del Pdl Paolo Enrico Ammirati. «Non hanno dato nessun frutto – prosegue – perché Rossi non ha portato a conoscenza di nessuno i nostri indirizzi. Proprio lui che con il suo partito tanto predica diritti, rispetto delle regole, trasparenza e partecipazione.
Evidentemente per Rossi sono valori che vanno solo in un senso». Strappo istituzionale? Ci siamo vicini: «Siamo dinanzi a una crisi istituzionale senza precedenti – afferma il Vicepresidente del Consiglio regionale Roberto Benedetti – in cui si aggrava il quadro di non rispetto di ruoli e competenze istituzionali praticato da Rossi e segnalato anche stamani in apertura dei lavori dal Presidente del Consiglio Alberto Monaci. Ritengo che una simile situazione, mai verificatasi finora, abbia a produrre strascichi di non poco conto». Maggioranza compatta per chiedere alla Giunta regionale di intervenire presso il Governo e il Parlamento perché siano apportate “sostanziali modifiche” al taglio delle risorse alla cultura e perché, in caso di tagli confermati, non vengano fatti “in maniera indiscriminata”.
Questa in estrema sintesi la proposta di risoluzione approvata in aula, che ha registrato il voto favorevole dei gruppi di maggioranza e quello contrario di quelli di minoranza (Pdl, An e Lega). Come illustrato dal presidente della commissione Cultura e Istruzione Nicola Danti (Pd), nel prossimo Programma regionale di sviluppo (PRS) dovranno essere previste “politiche volte a garantire la sopravvivenza delle istituzioni culturali toscane, anche incentivando la gestione unitaria di alcuni servizi”.
Danti, ricordando le audizioni svolte con i rappresentanti delle diverse istituzioni, particolarmente preoccupati per i tagli, ha parlato della necessità di mettere in atto azioni efficaci per valorizzare questo “immenso patrimonio culturale”. Da qui la raccomandazione del Consiglio alla Giunta regionale di garantire nel bilancio 2011 “uno stanziamento invariato rispetto agli anni precedenti” per le istituzioni culturali di rilievo regionale. Con dati alla mano, il presidente della V Commissione ha ricordato che dei 232 istituti che subirebbero tagli, ben 33 sono in Toscana, e tra questi ci sono enti di grande rilievo come il Museo Galileo, la Società Dantesca, l’Accademia dei Georgofili.
“L’attenzione alla cultura deve far parte delle strategie di sviluppo della nostra regione ed è una sfida per tutto il Consiglio regionale”, ha concluso Danti, esprimendo rammarico per non aver trovato un punto di sintesi con i colleghi dei gruppi di minoranza. “Il patrimonio culturale della Toscana, quando merita di essere difeso, interessa tutti”, ha esordito Giovanni Donzelli (Pdl), invitando ad approfondire la questione. “Ad oggi non si riesce a distinguere tra i vari enti e notiamo più la volontà di mettere in discussione ciò che fa il Governo, piuttosto che impegnarsi a razionalizzare il sistema – ha sottolineato il consigliere – Quindi votiamo contro perché non intendiamo stare nel percorso di polemica politica”.
“Voteremo con convinzione questo atto, perché ha come priorità la difesa del patrimonio culturale della nostra Regione”, ha detto Mauro Romanelli (FdS e Verdi), sottolineando che “l’obiettivo non è quello di razionalizzare il sistema, ma di incanalare le risorse in modo più efficace e efficiente, valorizzando queste realtà, che sono patrimonio di tutti”. Secondo Gianluca Lazzeri (Lega Nord) occorre abbandonare il retaggio culturale che non intende mai mettere in discussione lo stato di fatto.
“Il territorio, in attesa del federalismo, va gestito in maniera diversa – ha spiegato – Se in Toscana ci sono istituzioni in difficoltà dobbiamo essere in grado di trovare una risposta nostra”. Daniela Lastri (Pd) ha specificato che si tratta di “enti culturali patrimonio di tutti, enti di gran valore che in alcuni casi sono punto di riferimento a livello nazionale”, e garantire lo sviluppo della cultura sul territorio significa garantire la vita sociale della nostra regione. “La mozione del Pd ‘In merito alle conseguenze dei previsti tagli ai finanziamenti statale destinati alle istituzioni culturali’ vuole garantire lo Stato di fatto -ribatte il consigliere regionale della Lega Nord Toscana Gian Luca Lazzeri- Uno Stato di fatto costituito da piccoli feudi gestiti dai signorotti di turno.
La situazione economica del nostro Paese richiede degli sforzi e non permette che questo Stato di fatto venga mantenuto. Non possiamo sempre chiedere tutto allo Stato. È una battaglia falsa, che falsifica la realtà. E questo lo sa benissimo anche il Pd. I promotori di questa mozione sanno benissimo che non è possibile mantenerlo se non ricorrendo a una migliore gestione del territorio. Le istituzioni culturali toscane in difficoltà devono ricevere una risposta da parte nostra perché lo Stato non può dare se non ci sono fondi.
Nel nostro Paese esiste un patrimonio culturale enorme, ma questo viene usufruito da tutti? Il patrimonio artistico toscano è di proprietà dei toscani? Questo patrimonio è di proprietà dei feudatari rossi. Ci sono troppi enti che gestiscono la cultura, perciò, perché non accorparli? Chi dice sempre ‘Piove, Governo ladro!’ dimostra di non saper governare in vista di un cambiamento in senso federalista, ossia in vista di una maggiore responsabilizzazione territoriale”. Si è tenuto stamani nel Palazzo Comunale di Calenzano l’incontro conclusivo tra sindaci e R.S.U.
dei comuni di Campi Bisenzio, Lastra a Signa, Signa, Scandicci, Sesto Fiorentino e Calenzano, sulla difficile situazione delle pubbliche amministrazioni messe ancor più a dura prova dalla manovra finanziaria varata dal Governo negli scorsi giorni. Ne è scaturito un documento d’intesa firmato dalle parti che ha come obiettivo quello di rendere possibile il proseguimento delle politiche di miglioramento e modernizzazione dei servizi pubblici locali per renderli sempre più rispondenti ai bisogni dei cittadini, processo nel quale è importante il contributo dei lavoratori con le loro competenze e professionalità.
Un grido di allarme di Sindaci e lavoratori che scelgono di unire le forze affinchè sia assicurata la dignità di chi amministra e di chi lavora nei servizi, nel nome dell’autonomia e delle rispettive prerogative, che puntano al confronto e la collaborazione per la salvaguardia dei livelli di qualità raggiunti dai comuni. Il sindacato riconosce valore al dialogo e al confronto instaurati e rivendica l’unitarietà delle sigle nell’iniziativa nata dalla base, cioè dalle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro. Tagli importanti, che influiranno sulla qualità della vita dei cittadini: anche il Comune di Vaglia risentirà pesantemente degli effetti della manovra finanziaria varata dal governo.
A spiegare gli effetti della manovra è proprio il Sindaco di Vaglia Fabio Pieri "i cittadini si renderanno conto da soli – afferma - degli effetti della manovra finanziaria, saremo, ad esempio, costretti a sospendere completamente lo spazzamento manuale e meccanico della strade su tutto il nostro territorio, a dimezzare il taglio del verde urbano ed extraurbano, la manutenzione dei giardini comunali e delle aree pubbliche. Diminuiscono sostanzialmente anche le risorse economiche per la manutenzione della pubblica illiminazione e dell'illuminazione stradale".
Oltre a questo ci saranno anche difficoltà che toccheranno più da vicino le famiglie "saremo costretti - spiega ancora il Sindaco Pieri - a ridurre le convenzioni con le associazione di volontariato come Auser e Misericordie che ci aiutano in importanti attività sociali come l'accompagnamento sugli scuolabus, il trasporto dei portatori di handicap, l'assistenza agli anziani con il trasporto al centro diurno". In questo quadro veramente complicato, il Comune di Vaglia ha fatto di tutto per cercare di mantenere il maggior numero di servizi "abbiamo cercato di tutelare tutti i più importanti servizi alla persona - prosegue Pieri - da quelli sociali a quelli scolastici, alla sicurezza stradale, ma siamo consapevoli che la situazione è critica e difficile".
Il Sindaco di Vaglia lancia anche un appello al Governo: se i tagli continueranno non sarà più possibile fornire alla cittadinanza servizi divenuti ormai indispensabili "se prosegue su questa scellerata strada - afferma - gli enti locali non saranno più in grado di garantire quei servizi ritenuti da sempre indispensabili o essenziali in un paese democratico e civile. Chiediamo che il Governo cessi la sua sciagurata azione nei confronti dei Comuni, delle regioni, delle Provincie, delle Comunità Montane e soprattutto nei confronti dei cittadini italiani".
Quel che vuole ribadire il Sindaco di Vaglia è che i comuni non sono un centro di spreco " non siamo mai stati così – afferma - ed adesso più che mai devono essere cercati ideali di alto profilo nuove prospettive di vita per un nuovo futuro di tutti noi e che parli di: rispetto e solidarietà, coesione sociale, condivisione, unità delle parti sociali e questione morale. Non sono molti gli argomenti su cui puntare fra questi investire sui servizi pubblici rivolti ai cittadini , il sociale, il trasporto pubblico, la scuola e le politiche rivolte ai giovani - conclude Pieri – tutti essenziali per un paese che si può ancora definire civile e democratico, noi ci proviamo...". E' un grido d'allarme quello lanciato stamani a Roma da Asstra (l'associazione nazionale delle aziende di Tpl) durante la conferenza stampa convocata per illustrare i risultati dell'indagine condotta dall'associazione su un campione di 50 aziende (tra le quali anche Ataf) per calcolare l'impatto della manovra correttiva del Governo sul Tpl.
Senza mezzi termini, il presidente di Asstra Marcello Panettoni ha detto che "se i tagli verranno confermati nell'ampiezza e portata prospettata, è la condanna a morte certa del sistema dei trasporti pubblici locali come lo conosciamo oggi in Italia". Ataf ha fornito le proprie stime sull'impatto e le conseguenze provocate della manovra correttiva, simulando due scenari: il primo a fronte di una riduzione di risorse del 10%, il secondo con una riduzione del 20%.
TAGLIO 10 % Addetti - 128 unità Km percorsi - 1milione e 900mila linee - 5 corse - 200.000 domanda di trasporto - 8 milioni di passeggeri TAGLIO 20% Addetti - 256 unità km percorsi - 3milioni e 700mila linee - 10 corse - 400.000 domanda di trasporto - 17 milioni di passeggeriLa situazione è drammatica per tutte le città italiane con ricadute negative in termini di quantità e qualità del servizio, domanda di trasporto, rinnovo delle flotte e personale addetto.
"Non vogliamo neppure sentire pronunciare le parole licenziamenti, aumenti di tariffe e tagli di corse e di linee, ma gli effetti della manovra governativa 'antiGrecia' saranno il peggioramento della qualità della vita delle nostre città e la limitazione della libertà di movimento per I cittadini meno abbienti: in una parola, una manovra socio/ecoinsostenibile, l'esatto contrario di quel che serve alle nostre città. Significa tornare indietro di 30 anni", dice il presidente di Ataf Filippo Bonaccorsi.