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Cesar Brie chiede giustizia per la mattanza dei Campesinos

Prima assoluta di “Albero senza ombra”, da ieri sera all'Istituto Francese sino al 15 maggio

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
12 maggio 2010 23:35

Cesar Brie autore, regista, attore e fondatore del Teatro de los Andes, usa tutti i suoi mezzi, tutto se stesso, tutta la sua grandissima esperienza per raccontare una storia avvenuta l’11 settembre 2008. Avvenimenti che se fossero avvenuti il dieci settembre avrebbero avuto più risonanza, ma ormai ciò che accade l’11 settembre pare che appartenga solo all’anno 2001. Ci accomodiamo nella sala dove andrà in scena “Albero senza ombra”. Pronti a poggiare il nostro posteriore, balza agli occhi un’immagine posata sul comodo cuscino.

Una foto, una normale foto ritratto di un boliviano, o una boliviana. Da tenere in mano. Cesar esce da sotto un telo, simile a quelli usati dai militari per coprire le loro vittime. Essenziali elementi di scena per raccontare dei Campesinos del Pando, una zona della Bolivia amazzonica, contadini, raccoglitori di castagne, uomini, donne, bambini, poverissimi, tenuti come schiavi da pochi proprietari terrieri. Poche famiglie che decidono sulla vita e sulla morte, il prefetto Leopoldo Fernández ordina il massacro.

Fernández è il cognome di una potente famiglia latifondista del Pando. “Siamo miti ma non codardi, stiamo zitti ma non siamo muti”. I Campesinos s’incamminano, pacifici, una mattina di buon’ora per riunirsi in assemblea, per chiedere un po’ di terra ai padroni, a metà del ponte che porta al villaggio di El provenir, vengono fermati, accerchiati e assassinati a colpi d'arma da fuoco da funzionari della Prefettura e da gruppi di sicari assoldati dai grandi allevatori e narcotrafficanti della zona. Cesar racconta una storia alla volta e le vittime per qualche minuto tornano a vivere, nella loro splendida vitalità, raggianti assaporano la vita, e nell’incredulità raccontano di come vengono uccisi o torturati.

Magistralmente è un rubacuori, corpo che balla al ritmo dei colpi di arma da fuoco, al ritmo di una musica andina, oppure una madre che ricostruisce il corpo del figlio, è il padre di dodici figli, è il fratello fortunato che è andato all’università. Trasmette la forza di chi sa dov’è e perchè è li. Senza mistero o ambiguità, in una vita vissuta con amore fino in fondo. Buio. Parla un superstite, parla un testimone, il medico legale che ha certificato i morti, che ha notificato le torture, sa tutto. La Bolivia non è ancora dei boliviani, quindi come ci chiede Cesar Brie, sosteniamo e aiutiamo Alberto Brailovsky, il medico legale che ci sta aiutando a fare chiarezza su questi avvenimenti. Cristina Conticelli

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