Sarà l’Islamic Banking un nuovo motore per la finanza in Italia? Con una popolazione musulmana residente in Europa in crescita e una progressiva integrazione di lavoratori e imprese nell’economia continentale il fenomeno dell’Islamic Banking si sta trasformando in un possibile strumento di spinta per il sistema finanziario. L’Area Research di Banca Monte dei Paschi ha studiato il potenziale sviluppo della finanza islamica in Italia, valutando che è ipotizzabile nel 2015 una raccolta potenziale di 4,5 miliardi di Euro con una popolazione musulmana residente di circa 1,3 milioni di persone.
Mentre il caso del Regno Unito rappresenta un modello ripetibile in altri Paesi dell’Unione. La recente integrazione della popolazione musulmana nel tessuto socio-economico europeo e i sostenuti ritmi di crescita delle dimensioni del mercato finanziario islamico portano l’attenzione del mondo finanziario sul forte potenziale di sviluppo della finanza islamica, ossia quel complesso di pratiche e attività finanziarie (bancarie e non) che rispettano i dettami della legge islamica (Shari’a).
Nonostante il mercato finanziario islamico rappresenti soltanto l’1% delle attività finanziarie mondiali, il tasso di crescita degli assets è pari al 10-15% annuo e negli ultimi cinque anni, i ricavi dell’Islamic retail banking sono cresciuti del 44% annuo circa. Anche l’ambito di applicazione dei contratti finanziari islamici è in crescita. Proprio per la veloce espansione della domanda di tali prodotti, oltre ai contratti di tipo retail, si sta sviluppando un’ampia varietà di strumenti finanziari appositamente realizzati per conciliare i dettami della Shari’a: tra questi una tipologia importante è quella dei Sukuku (certificati) che a fine 2008 hanno raggiunto un valore di 100mld $.
Elementi caratterizzanti dei contratti, sia dei prodotti retail che degli strumenti finanziari, sono la presenza di forme di compartecipazione al rischio per gli impieghi e per la raccolta, il rapporto fiduciario sottostante, il divieto di interesse, incertezza, speculazione e di attività ritenute immorali. In particolare, tra i contratti d’impiego ci sono i Musharaka e i Murabaha. I Musharaka sono simili alle Joint Venture nella finanza convenzionale e si usano per finanziare i progetti a lungo termine.
Questa tipologia di contratto prevede che la Banca finanzi il progetto dell’imprenditore e che entrambi partecipino agli utili e alle perdite. I Murabaha, invece, rappresentano uno degli strumenti di finanziamento più usati (circa il 75%) e sono dei contratti di scambio in cui la Banca acquista un bene in nome proprio ma per conto del cliente per poi rivenderglielo ad un prezzo più alto, preventivamente concordato. Il pagamento di tale prezzo può essere rateale e differito. Lo studio redatto dall’ “Area Research” di BMPS analizza il fenomeno partendo dall’analisi demografica della popolazione musulmana in Europa per arrivare ad evidenziare le prospettive di sviluppo della finanza islamica in Italia.
In Europa Occidentale esistono oltre 13 milioni di musulmani, di cui circa 830.000 unità residenti in Italia. Gli immigrati musulmani rappresentano, pertanto, un segmento di mercato molto rilevante ed in continua espansione, servito per il momento da 26 Banche islamiche e Convenzionali (con filiali o islamic windows) presenti in Europa, di cui 19 si trovano nel Regno Unito e ancora nessuna in Italia. Si evidenzia, in particolare, che in UK la prima banca ad operare interamente secondo i principi della Shari’a alla fine del 2008 (dopo 4 anni dall’apertura) conta più di 40.000 clienti e una raccolta di 153 mln £. Sulla base dei dati relativi alla crescita delle banche già avviate in UK, lo studio dell’”Area Research” effettua delle stime sul potenziale di crescita della finanza islamica in Italia.
I clienti islamici secondo l’Istat potrebbero salire a 1,3 mln nel 2015: in caso di avvio di filiali islamiche o di islamic windows sarebbero in grado di generare per il sistema bancario italiano una raccolta potenziale di circa €4.500 mln nel 2015 e ricavi superiori a 150 mln. I numeri evidenziano, dunque, l’esistenza di un potenziale sviluppo del mercato finanziario islamico in Italia, la cui diffusione però è ancora ritardata da un contesto fiscale e regolamentare non ancora implementato.