Arezzo- La Toscana è ancora la regione con il maggior numero di cacciatori di tutto il paese, nonostante che siano passati dai 270mila d’inizio anni '80 ai 105mila attuali, rispetto ai 700mila a livello nazionale. Per questo la Regione ha deciso di organizzare la prima conferenza toscana sulla caccia (13 e 14 febbraio al Centro Affari e Convegni di Arezzo), che si è aperta stamani con il saluto del presidente della Provincia di Arezzo Vincenzo Ceccarelli e dell'amministratore dell'Arsia Maria Grazia Mammuccini.
Ormai da un anno è stato avviato un confronto con tutti i soggetti interessati, associazioni di categoria, enti locali, istituti di ricerca scientifica, ha ricordato Paolo Banti, dirigente del settore in Regione, presentando il documento programmatico messo in discussione nella conferenza. Ora è arrivato il momento di concordare e chiudere per riformare e adeguare la caccia ai nuovi , mutati contesti ambientali, climatici, ma anche culturali.
L'esempio più evidente di questi mutamenti è la situazione creatasi con il cinghiale e in genere con la grossa fauna ungulata: cervi, daini, caprioli.
Nonostante l'impegno e anche i risultati ottenuti riguardo al controllo delle popolazioni e all'impatto sulle coltivazioni agricole, il contesto ambientale è diventato particolarmente favorevole a queste specie, in particolare per il cinghiale. Si può ormai ben parlare di uno squilibrio faunistico in atto, occorre pertanto riportare la situazione a livelli sostenibili di densità delle presenze ed eliminare la possibilità di danni arrecati alle coltivazioni. Questa è la prima sfida, e il primo obiettivo che va raggiunto ad Arezzo: la Regione si impegna a ridurre da subito la popolazione dei cinghiali, ed entro due anni i livelli della fauna ungulata dovrà essere riportata a livelli sostenibili dal territorio.
Già oggi ammontano a circa 80mila gli abbattimenti all'anno di ungulati (65mila sono i cinghiali). Poteri straordinari saranno attribuiti alle amministrazioni provinciali per far fronte a situazioni locali di emergenza a tutela delle coltivazioni. Occorre costruire una cultura della prevenzione che deve articolarsi a partire dal divieto di foraggiamento dei cinghiali fino all'apertura di tutti i territori, comprese le aree a divieto di caccia, alla possibilità di intervento venatorio per l'abbattimento dell'eccesso di presenze.
Accanto a questo deve essere sollecitata ed incrementata la partecipazione dei cacciatori di ungulati alla gestione della specie, in stretto rapporto con le esigenze specifiche recepibili dal territorio. Ma per questo vanno anche ripensate e rese omogenee a livello regionale le modalità formative e di esame per l'abilitazione alla caccia di selezione, forma venatoria che deve crescere ed espandersi anche perché p ropone al cacciatore un modo diverso di esercitare la sua attività. Accanto alle azioni attive, vanno concretizzate quelle passive di prevenzione.
Agli agricoltori che si impegneranno nella predisposizione e nella manutenzione delle opere di prevenzione, studiate di concerto con amministrazioni provinciali e ATC, saranno riconosciute forme di incentivazione. Saranno anche avviate forme di “filiera corta” per i prodotti derivati dagli abbattimenti: si tratta di prodotti del tutto integrati con la tradizionale produzione regionale, e quindi in grado di utilizzare canali commerciali già esistenti.
Tre cinghiali per ogni agricoltore.
Un rapporto che spiega il perché dei danni alle produzioni in Toscana, pari a 5milioni e mezzo di euro di risarcimenti degli Atc, dal 2005 al 2007. E’ presente 1 cinghiale ogni 5 ettari di superficie agricola - oltre agli altri ungulati (daini, cervi, caprioli), - ovvero ben il 3 per cento del totale europeo (7 milioni di capi). Sono i numeri allarmanti forniti dalla Cia-Confederazione Italiana Agricoltori della Toscana in occasione dell’apertura della Conferenza regionale sulla caccia, organizzata dalla Regione Toscana ad Arezzo, ribadendo l’urgenza di attivare subito un piano straordinario per il contenimento degli ungulati.
Quella dei danni all’agricoltura è un’emergenza che dura da troppo tempo. Dal 2005 al 2007 – rileva la Cia Toscana - sono aumentati del 70% i danni alle produzioni agricole riconosciuti dagli Atc; si è assistito ad un incremento incontrollato di cinghiali e altri animali, e contemporaneamente a danni sempre più ingenti al patrimonio forestale, alla fauna minore e all’ambiente. Il trend degli ultimi tre anni è in ascesa, 1.400mil. di euro nel 2005, 1.6 nel ’06 e 2milioni e 500mila euro nel 2007.
La Cia Toscana ha partecipato a tutti gli incontri preparatori alla Conferenza regionale sulla caccia dando il proprio contributo di proposte e idee, attraverso un confronto positivo con le istituzioni, i rappresentanti del mondo venatorio ed ambientalista.
Sono 5 le azioni strategiche proposte dalla Cia Toscana: interventi straordinari ed urgenti per il contenimento degli ungulati, attraverso un provvedimento immediato per superare l’emergenza e riporti in equilibrio le popolazioni di ungulati. La revisione delle norme di gestione della caccia agli ungulati, garantendo una gestione integrata e coordinata degli ungulati su tutto il territorio. La revisione dei criteri di determinazione dei danni e delle procedere di gestione e dei risarcimenti, potenziando così le misure preventive e definendo i criteri per determinare il danno delle aziende agricole.
La revisione della governance e della programmazione faunistico-venatoria, riordinando le competenze per dare maggiore efficienza e capacità decisionale al sistema di gestione. Infine è auspicabile una revisione, in accordo con l’autorità nazionale e comunitaria, di alcune norme di protezione faunistica, come interventi per contenere il lupo e l’inserimento dello stormo fra le specie cacciabili.