Domani alle ore 10 si terrà in piazza San Marco una manifestazione dell’Unione Amici del Cane e del Gatto contro la recente sentenza del T.A.R: che di fatto rende legittimo lo smantellamento del Canile del Termine
Questo il manifesto dell’Unione Amici del Cane e del Gatto:
Aiutateci a salvare la vita di 300 cani e 100 gatti: dopo la sentenza del T.A.R., tra sessanta giorni la vita di questi animali sarà in grave pericolo.
Quando noi parliamo dell’imminente rischio di soppressione di 300 cani e di 100 gatti, molti salgono in cattedra per chiarire che ci sono leggi in Italia che impediscono la soppressione degli animali randagi.
E’ vero, queste leggi ci sono; ma non sempre riescono ad impedire annientamenti e soppressioni. Il termine “soppressione” significa:”eliminazione, annientamento, uccisione”. Ma non c’è solo un modo “ufficiale” di sopprimere. Pensate ai tanti bambini salvati da situazioni terrificanti, portati in istituti dove si riesce, dopo tanto lavoro, a farli tornare di nuovo a sorridere, ad amare la vita, ad avere ancora fiducia nell’uomo; e poi invece, per motivi che loro sicuramente non potranno mai capire, di nuovo trasferiti altrove: e non è forse questo un modo estremamente subdolo di distruggere ancora una volta la loro fragile nuova sicurezza, le nuove facce amiche, i nuovi riferimenti positivi da poco riconquistati? E’ o no, anche questo, un ulteriore annientamento delle loro vite appena ricominciate…? Nel nostro caso spostare o trasferire i 300 cani ed i 100 gatti che vivono in via del Termine, presso il Canile del Termine, accuditi, amati e curati dai volontari del canile, non significa forse annientarli di nuovo? Anche senza contare i tanti anziani ed i malati (tutti comunque intrasportabili, se non a rischio della vita), per molti di loro dopo lunghi periodi tremendi di sofferenze e privazioni che, molto spesso, hanno preceduto il loro ingresso al Termine, distruggere tutti i loro nuovi riferimenti: non significa forse ributtarli nel baratro dal quale sono usciti? E non è peggio della tortura questa sadica volontà di strapparli ancora e di nuovo ad una condizione riconquistata di serenità e di affetti profondi, come quella che vivono al Termine? E dopo questa terribile prova, quanti pensate che ne sopravviverà? Non vi pare vero e proprio annientamento tutto questo, anche se non si presenta sottoforma di un ago infilato nel cuore (così come si intende tornare a fare a Firenze sui colombi cittadini)? Oppure davvero qualcuno ritiene che non ci dovremmo preoccupare se i nostri “cani sorridenti” (come tutti definiscono i meticci del Termine) verranno confinati in lugubri canili, dimenticati dal mondo, trasformati in inconsapevoli produttori di reddito, derubati dell’affetto che avevano ricevuto fino al giorno prima, con lo sguardo perso nell’infinito nella disperata speranza di poter ancora vedere spuntare quel jeans amico, di poter ancora annusare quell’odore familiare e amico, di poter ancora vedere quel guinzaglio che annunciava la passeggiata.
Tutto ciò accade quotidianamente al Termine, dove ci si accorge dell’arrivo dei volontari già qualche ora prima, perché i cani interessati cominciano ad agitarsi ed a guardare senza sosta verso l’ingresso del canile.
Da quale parte guarderanno tra 60 giorni?
Cosa aspetteranno tra 60 giorni e per il resto della loro vita?
Cosa vogliamo ancora per renderci conto di questo perverso progetto di annientamento?
Non dimentichiamoci mai che lo sterminio di milioni di uomini donne e bambini nacque ufficialmente come semplice “trasferimento” nei campi di lavoro e di concentramento.
Unione Amici del Cane e del Gatto