Firenze– L’87% dei laureati toscani, secondo dati rilevati tra il 2001 e il 2004, rimane a lavorare sul territorio e trova occupazione a tre anni dalla laurea. La cosiddetta “fuga di cervelli”, dunque, riguarda un “fenomeno di dimensione contenuta” che comprende una piccola percentuale di ragazzi, alcuni dei quali si limitano ad uno spostamento entro i limiti nazionali e solo lo 0,2% va all’estero. E’ questo il risultato di una ricerca dell’Irpet dal titolo “Offerta e domanda di capitale umano qualificato in Toscana”, presentata stamani in commissione speciale Lavoro.
“Preoccupante, invece, il dato riguardante il “mismatch”, il mancato allineamento tra il titolo di studio e la professionalità richiesta sul luogo di lavoro.
All’aumento del numero dei laureati non è seguita la domanda di capitale umano specializzato da parte delle imprese.
“Un laureato su tre svolge un’attività per la quale la laurea non è richiesta – ha spiegato Lara Antoni, curatrice della ricerca Irpet – e i più penalizzati sono i laureati in discipline letterarie e scientifiche. Invece, i dottori nelle discipline chimico-farmaceutiche trovano occupazione nel loro settore al 93,1% e i medici al 96,7%”. Un’altra conseguenza del mismatch è la disoccupazione che però non sembra un dato allarmante: riguarda solo il 4% dei laureati ma “forse – aggiunge Antoni – si nasconde dietro un 16% di studenti che scelgono di continuare la loro formazione con master o dottorati e dietro un 4,8% che dice di fare altro”.
“Il problema della sottoccupazione – ha detto il presidente della commissione speciale Lavoro Eduardo Bruno (Pdci) – è un fenomeno preoccupante che colpisce i giovani laureati e che lascia trasparire i limiti dell’università toscana e le difficoltà del mercato del lavoro nell’assorbire forza qualificata, utile per la nostra economia”. Il consigliere regionale Andrea Agresti (An-Pdl) ha, invece, evidenziato la necessità di aggiornare i dati al 2007-2008 e l’opportunità di creare dei corsi di laurea legati al territorio, “in modo – ha detto – da creare maggiori opportunità di lavoro”.
La prima parte della ricerca si concentrava sull’analisi dei laureati negli atenei toscani, della domanda di lavoro da parte del mondo produttivo a seconda delle differenze territoriali e degli esiti occupazionali dei laureati stessi. La seconda parte, invece, prendeva in considerazione i numeri e le caratteristiche delle imprese sul territorio e le loro richieste di nuovi assunti. (bb)