Firenze, venerdì 23 maggio 2008– Nella giornata di apertura di Terra Futura, la mostra convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità, alla Fortezza da Basso (Firenze) fino al 25 maggio, i rappresentanti delle più importanti associazioni italiane attive del campo della cooperazione internazionale hanno infatti scelto proprio la piattaforma di Terra Futura per lanciare la squadra per un aiuto allo sviluppo più efficace: «Nell’ottica delle alleanze, queste associazioni si sono riunite al fianco delle Nazioni Unite per chiedere al governo di migliorare la qualità, cioè l’efficacia dell’aiuto pubblico» ha esordito MARTA GUGLIELMETTI, della Campagna del Millennio dell’ONU, ricordando che l’Italia è agli ultimissimi posti fra i ricchi Paesi donatori, ferma allo 0,19% del Pil nell’erogazione degli aiuti, a fronte dell’impegno preso di raggiungere quota 0,7% entro il 2015.
«I prossimi mesi saranno costellati da tappe importanti, a iniziare dal 26 giugno, quando il nostro team presenterà al Governo e al Parlamento italiano il policy paper con le nostre raccomandazioni, e ancora il 17 settembre a Roma, con l’incontro con le delegazioni italiane che parteciperanno all’High Level Summit sulla qualità dell’aiuto di Accra». Qualità che deve rispondere a due criteri, efficienza più efficacia: «A fronte di un aiuto erogato si deve certo verificare che lo stesso sia poi usato, ma anche che abbia raggiunto lo scopo, riduzione della povertà in primis» ha precisato LUCA BASILE dell’Associazione Ong Italiane «in una cornice che valorizza l’autopromozione e la partecipazione dei destinatari».
Un concetto rimarcato anche da DANIELA CUOMO di Amref Italia, che ha parlato di «restituire ai Paesi in via di sviluppo la centralità del loro sviluppo e di dare loro un ruolo vero all’interno della cooperazione». Una qualità misurata non solo in termini tecnici, ma anche su indicatori di trasparenza: «Dobbiamo porci ed essere in grado di trovare una risposta a tutta una serie di domande: dal cosa il nostro governo finanzia al come lo fa» ha ricordato ALBERTA GUERRA di Volontari nel mondo Focsiv, seguita a ruota da FARIDA CHAPMAN di Oxfam International–Ucodep: «C’è un concetto inglese che l’Italia fa ancora fatica a tradurre, ed è quello di accountabilty», che implica il dovere di render conto a noi stessi, ai contribuenti europei e ai beneficiari dell’aiuto, del nostro operato.
E che implica una concezione di questi ultimi non tanto in termini di beneficiari quanto piuttosto di partner». E uno degli argomenti forti della retorica in auge, ossia che l’aiuto pubblico erogato dal governo italiano sarebbe sì ridotto ma di qualità, non sembra reggere poi così tanto secondo IACOPO VINCIANI, di Action Aid International, che però assicura: «Da questo momento le valutazioni si baseranno su standard qualitativi che rispondano a uno schema quanto più coerente possibile».
Un processo, questo, iniziato con la Dichiarazione di Parigi del 2005, quando i Paesi donatori e i beneficiari hanno riconosciuto alcuni principi fondamentali che debbono essere alla base della riforma dell’architettura dell’aiuto. La presentazione della squadra per un aiuto allo sviluppo più efficace di questa mattina - alla conferenza stampa anche Soana Tortora (Acli), Silvia Stilli (Arci), Gianfranco Benzi (Cgil), Fosca Nomis (Save the Children Italia), Flavio Lotti (Tavola della Pace), Laura Baldassarre (Unicef Italia) - segna un importante salto di qualità compiuto dalla società civile italiana, che si è così inserita a pieno titolo in questo processo di riforma, attraverso una propria proposta e delle proprie “raccomandazioni”.
E a Terra Futura dal fronte cooperazione sono arrivati anche segnali di speranza, che parlano delle donne come soggetti strategici di ogni processo di sviluppo. È questa la profonda consapevolezza della Palestinian Agricultural Rural Developement (PARC), l’Ong palestinese leader nel settore dello sviluppo rurale, protezione dell’ambiente e rafforzamento del ruolo delle donne. Un convegno per analizzare la situazione di una delle aree più calde del pianeta, in cui PARC sedeva a fianco di Banca Etica, che recentemente ha destinato loro una nuova linea di credito.
«Il contesto politico, economico, e sociale in Palestina è molto difficile, specie per le donne e soprattutto nella zona di Gaza. Le zone rurali del paese poi» ha spiegato il direttore di PARC KHALIL SHIHA «costituiscono dei punti cruciali sia in termini di risorse, che per numero di persone presenti: sono le aree dove maggiormente si concentrano le tensioni con Israele, perché terra e acqua sono al cuore di ogni conflitto». Il 65% delle donne in Palestina lavora proprio nel contesto rurale, ed è per loro che nel 1983 nasce la PARC che dal 1893 al 1999 fa del social empowerment la propria mission: rinforzamento del ruolo delle donne all’interno della famiglia e della società, consapevolezza dei loro diritti, alfabetizzazione e educazione.
Ma appare subito chiaro come senza il controllo sulle risorse parte di questi sforzi vada perduto: «Abbiamo quindi iniziato la fase dell’economic empowerment mettendo in atto attività generatrici di reddito tese al processo di risparmio e di credito: le donne – spiega il direttore di PARC - sono state incoraggiate a risparmiare alcuni dei loro introiti affinché potessero essere distribuiti a quelle bisognose di credito attraverso gli istituti di microfinanza». Concedere credito significa concedere fiducia, un gesto ripagato in Palestina da migliaia di donne «che lavorano, che vogliono riprendere le redini del loro destino e che sono eccezionali, un seme importantissimo per l’intera società» racconta NIHAYA DAIQ, direttrice de Dipartimento di Capacity Building del PARC.
Un ombrello che ad oggi accoglie ben 7.000 di loro, con l’obiettivo che questo numero salga a 35.000 entro la fine del 2011; un risparmio che ammonta a 15 milioni di dollari per un portafoglio di 24 milioni. Ma nelle zone rurali non esiste ad oggi alcuna banca. «Il Ministero degli Affari Esteri italiano ci ha stimolato a presentare uno studio di fattibilità sulla creazione di quella che sarebbe la prima banca palestinese in area rurale con impostazione sociale per lo sviluppo dell’agricoltura e delle microimprese» spiega FABIO SALVIATO, presidente Banca Popolare Etica.
E Banca Etica ha intanto deliberato 100.000 euro di finanziamenti e 20.000 euro di capitale sociale al REEF, l’istituzione di microfinanza della PARC che, in caso il progetto venga approvato, si vorrebbe diventasse il nucleo della nuova banca.
Salvaguardia, valorizzazione e uso delle fibre e dei colori naturali. Con questi obiettivi la Rete di donne per la sicurezza alimentare e la salvaguardia della biodiversità, promossa dalla Regione Toscana insieme alla Commissione Internazionale per il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura, presentano a Terra Futura (sabato 24 maggio, ore 18,30, sala della Volta della Fortezza da Basso a Firenze) una serie di esperienze di donne toscane e indiane, che operano nel settore del tessile con fibre e colori naturali, testimoni di realtà e modalità diverse per declinare uno stesso tema, la biodiversità.
Un modo per dare sostegno e valorizzare il territorio, le sue risorse naturali, i coltivatori e il mestiere della tessitura. Interverranno le promotrici della Rete delle donne per la biodiversità Vandana Shiva, presidente della Commissione Internazionale per il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura, l’onorevole Susanna Cenni e Maria Grazia Mammuccini, amministratore dell’Arsia. Parteciperanno poi all’incontro Anna Maria Dini e Cinzia Pagni di Donne in Campo Toscana, Stefania Papi di Milletrame, Eva Uccella di Donne Impresa, Paola Migliorini del Coordinamento Toscano Produttori Biologici, Irma Schwegler, Sartoria Old Fashion, progetto CNR - IBIMET “Tessile e Sostenibilità” e Maya Kumar Goburdhun, Rita Kapoor Chisthi, Lata Shishir Sharma, Vibha Gupta, Pallavi Verma, della Research Foundation for Science, Technology and Ecology/Navdanya, India.
Il “tessile sostenibile”, poi, sarà ancora al centro della sfilata dal titolo “Fibre di libertà” (ore 20,30-Teatro Lorenese), in cui sarà possibile gustare da vicino il risultato di tanto impegno nel settore delle fibre naturali: sfileranno capi in canapa e in fibre e colori naturali, da manifattura italiana e indiana. Per tutta la durata di Terra Futura sono in programma, presso lo stand ARSIA, laboratori di tintura naturale e lavorazione del feltro: venerdì 23 maggio alle 11 (tintura con reseda) e alle 16 (tintura con robbia), sabato 24 maggio alle 11 (tintura con guado) e alle 16 (tintura con ginestra); domenica 25 maggio alle 11, lavorazione del feltro e alle 16 tintura con le galle.
E' ancora la frutta la regina dei fitofarmaci, più "inquinata" rispetto alle verdure. Rimane ancora alta al 47,4% la percentuale di campioni di frutta contaminati da uno o più residui, mentre continua a risultare meno problematica la verdura analizzata di cui risulta contaminata il 15,4%. Ad aumentare, in modo significativo e correlatamene all'aumento del numero dei controlli, è invece la contaminazione dei prodotti derivati, tra i quali olio e vino, di cui ben il 18,3% contiene uno o più principi attivi.
Sono questi i risultati di Pesticidi nel piatto 2008, il dossier di Legambiente sulla presenza di residui chimici nell'ortofrutta, realizzato sulla base dei dati forniti dai laboratori pubblici provinciali e regionali relativi alle analisi condotte nel corso del 2007. A presentarlo, questa mattina a Terra Futura, la mostra convegno alla Fortezza da Basso di Firenze, il direttore generale di Legambiente Rossella Muroni, Francesco Panella, presidente UNAAPI (Unione nazionale associazioni apicoltori italiani), Fausto Ferruzza, direttore di Legambiente Toscana, Michele Mazzetti e Roberto Gori, rispettivamente responsabile e direttore tecnico Arpat Toscana.
In generale, la percentuale dei campioni irregolari di prodotti ortofrutticoli (cioè fuori legge per superamento dei limiti di concentrazione di residuo chimico o per uso di pesticidi non autorizzati) registra un lievissimo miglioramento, con l'1% dei campioni irregolari contro l'1,3 dello scorso anno, mentre sale leggermente la percentuale di campioni con uno o più residui passando al 28% dal 27,2 del 2007. Un risultato che testimonia sicuramente una maggiore attenzione da parte degli operatori agricoli nell'uso sempre più attento della chimica nel campo, alla salubrità dei cibi e alle richieste dei consumatori, sempre più favorevoli ai prodotti provenienti da un'agricoltura di qualità.
Tra i casi eclatanti, anche quest'anno come nel 2007, le mele che ormai sembrano rappresentare più il frutto della strega di Biancaneve che il famoso stratagemma per stare in salute e togliersi il medico di torno: solo il 38,8% è ancora esente da pesticidi, mentre il 26% dei campioni analizzati presenta un principio attivo, il 34,1% contiene più di un residuo e addirittura l'1,1% risulta irregolare. Altri frutti poco "naturali" sembrano essere gli agrumi: su 746 campioni analizzati 14 risultano irregolari (1,9%), 386 regolari senza residuo (51,7%), 219 regolari con un residuo (29,4%) e ben 127 (pari al 17%) contaminati da più di un residuo.
Oltre l'81,6% delle verdure analizzate risulta, invece, regolare e privo di residui chimici, il 18% presenta uno o più residui e lo 0,3% è proprio irregolare. Un segnale preoccupante arriva, invece, dalle analisi dei prodotti derivati, in cui si è registrato un aumento dei casi di contaminazione, particolarmente nei campioni di vino e olio. Un dato particolarmente significativo se si pensa che tra questi compaiono proprio quei prodotti tipici del made in Italy e alcuni tra gli alimenti preferiti dai bambini come succhi di frutta e omogeneizzati.
Nel dettaglio, i campioni di prodotti ortofrutticoli e derivati analizzati nel corso del 2008 dai laboratori pubblici provinciali o regionali sono 10.048 con una diminuzione delle analisi effettuate pari al 4,2 % rispetto all'anno precedente. Anche nel 2008, risulta molto vario il comportamento dei diversi laboratori rispetto al numero di analisi effettuate e ai principi attivi ricercati, con il Molise che si conferma "Maglia Nera" nazionale per non aver saputo ancora fornire i dati richiesti. "Il costante anche se lento miglioramento dei dati – ha dichiarato Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – conferma la validità delle battaglie a favore di un'agricoltura di qualità, il più possibile sana, stagionale e legata al territorio.
Pur aumentando le evidenze scientifiche della gravità dei pesticidi sulla salute umana e ambientale non si è ancora provveduto a cambiare una legislazione ferma da trent'anni che non prevede ancora un limite alla somma di più residui nello stesso alimento, ignorando il principio di precauzione. Continuano ad essere tollerate, infatti, concentrazioni singolarmente consentite di più principi attivi su uno stesso prodotto, con potenziali sinergie anche tra sostanze che, come il procimidone, il vinclozolin o il captano, l'Epa - l'americana Environmental protection agency - ha da tempo classificato come possibili o probabili cancerogeni".
Va sottolineato, infatti, che la normativa vigente non considera ancora la questione del multiresiduo: la presenza contemporanea, entro i limiti di legge, di più principi attivi su uno stesso prodotto. Così si continuano a registrare "campioni da record", prodotti considerati in regola ma che presentano contemporaneamente numerose concentrazioni di residui di fitofarmaci diversi, i cui effetti sulla salute e sull'ambiente andrebbero adeguatamente verificati. Ad aggiudicarsi il record quest'anno è un campione d'uva bianca proveniente dalla Sicilia che contiene ben 9 residui di pesticidi.
6 residui sono stati rilevati su un campione di uva nera siciliana e su 11 campioni di agrumi provenienti dalla Spagna e dalla Calabria analizzati nel Lazio. Numerosi campioni di pere con oltre 5 principi attivi sono stati, poi, segnalati dall'Emilia Romagna, mentre una banana con 6 residui è stata segnalata dalla Lombardia, che registra anche una mela Golden con 5 principi attivi e due campioni di uva italiana con 6 e 5 residui. Pesche contaminate da 5 diversi pesticidi sono state segnalate dai laboratori della Sardegna, mentre ancora dalla Sicilia vengono registrati casi eclatanti di pomodorini a grappolo di produzione locale con 8 e 7 residui contemporaneamente.
Tra i derivati, invece, i campioni decisamente fuorilegge sono 6 (3 oli di oliva in Puglia, 2 in Lombardia e un vino sempre analizzato in Puglia), su 1.917 prodotti. "La Toscana svolge regolarmente un buon numero di analisi accurate sui prodotti alimentari - ha spiegato Fausto Ferruzza, direttore di LegambienteToscana - Ci rallegriamo sia dell'attenzione mostrata da chi è preposto ai controlli che dei risultati che da questi emergono rispetto ad altre realtà regionali. I residui nei nostri alimenti sono minori rispetto alla media nazionale, soprattutto per quanto riguarda la frutta ("solo" 36% di prodotti con residui).
I prodotti che risultano proprio irregolari, invece, su un totale di 988 campioni analizzati tra frutta, ortaggi e derivati, sono soltanto due. Le analisi sull'olio rilevano che tale prodotto appare sempre regolare e senza residui. Purtoppo non si può dire altrettanto sul vino, che nel 14% dei casi, anche se regolare, qualche residuo lo contiene. Sembra comunque che pian piano il principio dell'importanza dell'agricoltura di qualità nella nostra regione si stia facendo strada". Ecco infatti sinteticamente le principali differenze tra i dati toscani e quelli nazionali.
I campioni controllati risultati regolari e senza residui in Toscana sono per la frutta il 64%, contro una media nazionale del 52,6%. Buona la differenza anche rispetto ai derivati: 88,9 contro 81,6%. Meglio della media nazionale anche per quanto riguarda le verdure, ma in qesto caso il distacco è minore: 82,8 contro 84,6. L'attenzione al tema della chimica in agricoltura deve rimanere alta e sollecitare la ricerca di nuovi e meno impattanti metodi di produzione. Va segnalato infatti, che anche quest'anno – e in misura ben più evidente e preoccupante del passato – si sono verificate le morie delle api e gli spopolamenti degli apiari in corrispondenza delle semine effettuate con semi conciati e con la dispersione di molecole neonicotinoidi nei campi.
A lanciare l'allarme sono state ancora una volta Legambiente e Unione nazionale associazioni apicoltori italiani che insieme hanno rivolto un appello al Governo per la sospensione immediata degli insetticidi killer, e per l'aggiornamento delle procedure di autorizzazione che tengano in ben altro conto l'impatto ambientale delle nuove e potentissime molecole tossiche persistenti nell'ambiente. "La Francia – ha dichiarato Francesco Panella – da molti anni ha sospeso l'uso di queste molecole su tutte le colture visitate dalle api e dagli altri insetti impollinatori.
Qualche giorno fa è stata la volta della Germania. In Italia invece nonostante i ripetuti allarmi e le denunce di apicoltori e ambientalisti rischiamo che con la prossima semina si riproponga lo stesso disastro. Bisogna sospendere d'urgenza, sulla base del principio di precauzione, le autorizzazioni d'uso dei preparati a base di clothianidin, thiamethoxam, fipronil e imidacloprid e rivedere le procedure per una seria, trasparente valutazione pubblica dell'impatto ambientale dei prodotti chimici usati in agricoltura".
Tornando al rapporto, nel complesso, le analisi condotte sui prodotti derivanti da agricoltura biologica sono ancora molto esigue. Il totale dei campioni bio analizzati in Italia è inferiore a 400 prodotti, un dato molto scarso se paragonato agli oltre 10.048 campioni di agricoltura tradizionale. I dati relativi a queste analisi hanno perciò scarso valore statistico, soprattutto se si considera che 10 regioni su 15 fanno controlli su meno di 15 campioni. I principi attivi più spesso riscontrati - sia nei campioni irregolari che in quelli regolari - sono Chlorpirifos, Procimidone, Captano, Carbofuran, Cyprodinil, Diclofluanide, Dimetoato, Ditiocarbammati, Endosulfan, Fenitrotion, Imazalil, Malathion, Metalaxil, Tiabendazolo.
Si torna a parlare di Somalia, in occasione dei fatti di cronaca che hanno coinvolto nostri connazionali, impegnati in progetti di cooperazione internazionale nel difficile contesto somalo, ma, in Italia sono scarse e frammentarie le informazioni sulla complessa situazione politico, sociale e politica del Paese. Cospe, in Somalia fin dal 1997, coglie l’ occasione della presenza di a Terra Futura di alcune rappresentanti della Somali Women Agenda (SWA), una piattaforma che riunisce molte associazioni femminili in Somalia e all’estero (donne somale della Diaspora) impegnate politicamente nella ricostruzione del paese, nella tutela e nella difesa dei diritti umani, per convocare una conferenza stampa.
Sarà questa l’occasione per riflettere sulla attualità e le prospettive di ricostruzione di un paese martoriato da anni di guerra civile, e anche per approfondire tematiche inerenti alla cooperazione internazionale e agli interventi in contesti come questi. Cospe sostiene in Somalia progetti che hanno principalmente l’obiettivo di rafforzare la società civile, ponendosi a fianco delle organizzazioni di donne protagoniste delle sviluppo e della politica del paese attraverso iniziative di educazione, formazione, sensibilizzazione, rafforzamento istituzionale e comunicazione.