SIENA, 8 giugno 2007 – Il tema è stato approfondito oggi in occasione della presentazione del volume “La gestione del patrimonio archeologico tra passato e futuro: la valutazione del “Progetto Etruschi” che raccoglie il lavoro di monitoraggio del progetto Etruschi condotto dall’IRPET per conto di Regione Toscana, NURV (Nucleo unificato regionale di valutazione), Ufficio programmazione e controllo e dell’Assessorato alla Cultura. Il 1985 fu definito “l’anno degli Etruschi” e ospitò un evento culturale di portata internazionale, un significativo investimento per la valorizzazione del patrimonio archeologico da parte della Regione Toscana.
Oggi, ad oltre 20 anni di distanza, l’IRPET ha eseguito una valutazione per stabilirne le ricadute di medio e lungo termine, soprattutto dal punto di vista economico. La ricerca, coordinata dal Prof. Lorenzo Zanni dell’Università di Siena, riporta i risultati di un’azione di monitoraggio di natura interdisciplinare suddivisa in diversi assi di ricerca. A tal fine sono stati coinvolti studiosi di diversa matrice disciplinare e sono stati utilizzati differenti metodi d’indagine (analisi statistiche di banche dati, interviste dirette a testimoni privilegiati, esame di singoli casi, network analysis, interviste dirette ai visitatori) in modo da cogliere le molteplici sfaccettature del progetto nel quadro delle politiche di valorizzazione dei beni culturali in Toscana.
In particolare, sono stati approfonditi: l’impatto del progetto sotto il profilo scientifico e culturale; l’architettura organizzativa sedimentata nel tempo (sistemi e reti museali); l’indotto economico generato dal turismo archeologico; i profili di domanda e di customer satisfaction dei visitatori di alcuni musei archeologici; le caratteristiche dell’offerta museale; i risvolti del progetto sotto il profilo della comunicazione.
L’archeologia rappresenta la seconda area tematica regionale per ordine di importanza all’interno dei sistemi museali toscani (15,6% come numerosità sul territorio toscano, rispetto al 45,4% dei musei d’arte), e con forte diffusione territoriale.
Quale, dunque, la capacità del patrimonio archeologico di attrarre flussi turistici e di attivare un indotto economico? L’IRPET ha stimato che il peso dei visitatori attratti dalla risorsa archeologica in Toscana (50 i musei presenti su territorio regionale) corrisponde al 13,4% del totale, e che muta sostanzialmente a seconda che si considerino le città d’arte con maggiore visibilità oppure il resto del territorio della Toscana; infatti, mentre nelle città d’arte maggiori (Firenze, Pisa e Siena) gli ingressi a musei archeologici rappresentano una quota dei visitatori dei musei molto modesta (fra il 2 e lo 0,5%), nel resto della Toscana i circa 550 mila visitatori di musei e siti archeologici corrispondono al 20% del totale dei visitatori museali.
Utilizzando il modello input-output multilocale sviluppato dall’IRPET si stima che la spesa effettuata dai turisti nei sistemi locali della regione si trasforma in valore aggiunto locale per 54,5 milioni di euro.
Considerando il visitatore archeologico come il turista che solo in quel giorno visita il sito o museo, il PIL attivato si attesta attorno a poco più dello 0,05% del PIL regionale. Si tratta ovviamente di un valore basso che però non deve essere considerato trascurabile; rispetto al PIL turistico nel suo complesso quello attivato dalla risorsa archeologica rappresenta circa lo 0,6%.
L’attivazione economica imputabile al patrimonio archeologico presenta, però, differenze assai rilevanti fra le diverse aree della regione: nelle città d’arte maggiori e nelle aree turisticamente più sviluppate le ricadute sono inferiori; invece nei sistemi locali di minori dimensioni demografiche dove lo sviluppo turistico, pur elevato rispetto alla struttura economica dell’area, non si basa su grandi masse di visitatori, il ruolo del turismo archeologico appare di rilievo (e giunge talvolta a superare il 3% del PIL turistico totale).
Emergerebbe quindi che con le politiche culturali, pur perseguendo obiettivi diversi (tutela, conservazione, crescita culturale collettiva), si possono operare azioni di “riequilibrio” a favore di aree periferiche nei diversi territori che compongono la Toscana.