La Regione Toscana ha promosso nel corso del 2006 un percorso partecipato che, attraverso una ricognizione delle esperienze in atto e dei problemi che si presentano nella pratica, dovrebbe portare alla formazione di una legge regionale sulla partecipazione dei cittadini. Il complesso percorso che la Regione Toscana ha avviato si muove nella direzione di promuovere la democrazia partecipativa come forma ordinaria del governo locale, fondata sull’attivazione di istituti permanenti di negoziazione e partecipazione che investano tutti i settori dell’amministrazione in modo integrato, garantendo l’unitarietà delle sedi partecipative e promuovendo una composizione inclusiva degli attori, che riconosca e dia voce alle esperienze in atto di autorganizzazione sociale e culturale nel territorio.
Ma se la normativa regionale demanderà comunque ai comuni l’individuazione delle forme di partecipazione e consultazione e l’attribuzione dei conseguenti diritti ai cittadini, c'è davvero bisogno di una legge regionale per affermare questi principi, già riconsciuti tra l'altro dal nuovo Statuto della Regione Toscana?
Forse in questo caso sarebbe più efficace un intervento del Consiglio delle Autonomie, organo di consultazione tra Regioni ed enti locali previsto espressamente dall’art.123 della Costituzione.
La Regione Toscana ha previsto nel proprio statuto il consiglio delle autonomie locali, definendolo quale organo di rappresentanza del sistema degli enti locali della Toscana, con funzioni consultive e di proposta (art.66). Il consiglio delle autonomie locali esprime parere obbligatorio sul bilancio regionale, sugli atti della programmazione regionale, sulle proposte di legge e di regolamento che riguardano l'attribuzione e l'esercizio delle competenze degli enti locali. Il suo scopo è quello di favorire l'intervento diretto degli enti locali nei processi decisionali della Regione e di attuare il principio di raccordo e consultazione permanenti tra Regione ed Enti locali.
Il CdAL è stato istituito con Legge regionale 21 aprile 1998 n. 22, poi sostituita dalla Legge regionale 21 marzo 2000 n. 36 "Nuova disciplina del Consiglio delle autonomie locali". Adotta anche risoluzioni e raccomandazioni con cui invita gli enti locali a garantire e rafforzare i diritti fondamentali dei cittadini. Ad esempio con risoluzione n.2 del 19/07/2005 ha invitato gli enti locali della Toscana a riconoscere, nei propri statuti e regolamenti, livelli di tutela in materia di accesso agli atti amministrativi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla L.241/90.
La Democrazia partecipativa...
davvero
Il Consiglio delle Autonomie potrebbe farsi portavoce dell’esigenza di un maggior riconoscimento, da parte degli enti locali, delle istanze di partecipazione popolare alle decisioni pubbliche nel territorio regionale. La Regione non ha il potere di imporre, anche con propria legge, l’adozione da parte degli enti locali di atti che riconoscano forme di partecipazione alle decisioni degli organi di governo. Può però, per il tramite del Consiglio delle Autonomie, sollecitare e raccomandare agli enti locali l’adeguamento dei propri atti, statuti e regolamenti, ad un maggior rafforzamento del ruolo degli organismi di partecipazione, rispettando l’autonomia locale.
Si tratta di chiedere agli enti locali il funzionamento “minimo” dei meccanismi di partecipazione (ci sono comuni, anche medi, che non hanno né il regolamento del consiglio comunale, né regolamenti di disciplina delle forme di partecipazione), lasciando all’autonomia degli enti di prevedere forme di partecipazione ulteriori e maggiormente incisive sui procedimenti decisionali.
Qualunque sia il percorso istituzionale adottato l'obiettivo da perseguire rimane comunque riuscire a far sì che gli enti locali della Toscana, attraverso le proprie disposizioni statutarie e regolamentari, garantiscano livelli minimi di partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche e di consultazione degli stessi nell’elaborazione delle politiche pubbliche perseguendo le seguenti finalità: garantire trasparenza, informazione e conoscenza; favorire la partecipazione attiva del cittadino; definire quali sono gli ambiti privilegiati della partecipazione, la scala territoriale d’intervento e i criteri operativi, da specificare in base ai contesti territoriali coinvolti nella decisione, tenendo conto che tutte le scale e tutti gli ambiti delle politiche pubbliche possono essere potenzialmente coinvolti; riconoscere e valorizzare le esperienze di autorganizzazione e partecipazione in atto, di una realtà sociale nascente e delle sue istanze di protagonismo, come statuizione di nuove forme di governo in risposta alla domanda di partecipazione emergente dalla società locale.
Roberto Onorati e Nicola Novelli, per l'Associazione Comunicazione Democratica