Firenze, 26 ottobre 2005 - Su 578 km di costa toscana e di isole ci sono 10 porti maggiori e un centinaio di porticcioli di diversa importanza, approdi attrezzati, ridossi, rade con servizi nautici estivi, spiagge attrezzate, corridoi nautici, foci munite di attracchi: questo il contesto dove operano le 788 aziende operanti nel settore della nautica in Toscana, di cui 229 cantieri nautici, 450 aziende impegnate nel comparto degli accessori (produzione di manufatti e servizi) e 109 che si occupano di motori marini.
Questi alcuni degli aspetti dell’“economia del mare” toscana presentati dall’IRPET, Istituto regionale della programmazione economica della Toscana, al 45° Salone nautico Internazionale a Genova, in cui per l’occasione è stata distribuita la pubblicazione “Struttura e problemi dei cantieri commerciali e da diporto”.
Un settore quello della cantieristica che ha acquisito sempre maggior peso in Toscana, con esportazioni più che raddoppiate negli ultimi cinque anni, e che rappresenta, anche nel 2004, un eccellenza a livello regionale.
Seconda soltanto alla Liguria per numero di addetti impiegati nel settore (11,2% toscano rispetto al 24.2% della Liguria) la Toscana occupa la stessa posizione, rispetto ai dati nazionali, anche per i valori dell’export registrando quote pari al 20,2%, sorpassata ancora una volta soltanto dalla Liguria che fa registrare valori pari al 34,9%.
Il 57% del totale delle aziende toscane è impegnato nel diporto nautico, come produttori e terzisti dei cantieri in particolare quelli che producono megayachts.
Il totale degli addetti, impegnati nei tre settori della nautica da diporto, è pari a 5112 addetti, corrispondente ad una media di 6,5 addetti per azienda; tale valore salirebbe ad oltre 10.000 se si calcolassero anche i lavoratori a nero e soprattutto l’indotto che ruota intorno al settore.
Ovviamente fondamentale è il ruolo giocato dalle province di Lucca, Livorno e Grosseto. La prima ospita il 26% del totale delle imprese, soprattutto cantieri costruttori di megayachts, Livorno ha un 21% di cantieri di dimensioni modeste che producono per lo più unità da diporto di piccole dimensioni (massimo 12 metri), e Grosseto conta un 21% di aziende che producono grandi pezzature di piccoli o piccolissimi natanti e molti rimessaggi.
Le province costiere, che insieme arrivano ad un totale del 90% di aziende presenti sul territorio, sono pertanto quelle più interessate allo svolgimento delle attività legate alla nautica da diporto. Anche la provincia di Firenze - nonostante quel che si possa pensare di una produzione che, per caratteristiche ed aree di impiego, sembrerebbe “relegata” alla zona costiera - con il 7% delle aziende nautiche si ritaglia comunque un posto di tutto rispetto, insieme alle realtà di Massa e Pisa che raccolgono l’11% delle imprese.
Bassi invece i valori registrati per Pistoia e Prato con l’1% cui seguono Siena ed Arezzo, che accorpate arrivano all’1%.
Oltre il 70% delle imprese dichiara di avere un numero di dipendenti inferiore o uguale a 10; tra queste un 23,3% ammette di non avere dipendenti, essendo spesso ditte individuali. Un universo di piccole e piccolissime aziende dunque - a parte qualche raro caso rappresentato da unità di dimensioni più grandi soprattutto nel comparto cantieri e accessori-produzione di manufatti -, solitamente costituite in forma di società a responsabilità limitata, che insieme alle società per azioni (S.p.a.
con il 6%) assomma un totale del 54%; un microcosmo di aziende che nel 33,7% dei casi dichiara fatturati non superiori ai 250 mila euro. Un aspetto cruciale del comparto, evidenziato nell’indagine IRPET, è l’attenzione particolare rivolta all’innovazione, uno strumento per far fronte alla competitività internazionale applicato nei cantieri, nell’accessoristica e nella produzione di megayachts e charter. Gli ambiti dove più frequentemente si innova sono quello dei materiali e dei prodotti chimici (31%) e quello tecnologico, con innovazioni apportate quasi esclusivamente negli apparati di comunicazione; nel settore commerciale e del marketing vengono introdotte innovazioni soltanto dal 13% delle aziende del settore Accessori, ed addirittura soltanto il 12% delle aziende asserisce di introdurre innovazioni sui macchinari.
Infine, il 16% delle aziende investe in design, con innovazioni nei servizi di noleggio e di locazione, studi per rendere facile l’utilizzo di determinate strumentazioni, applicazioni per migliorare il comfort a bordo ed altri. È evidente che il comparto degli accessoristi chiede livelli più avanzati di formazione, indicando con ciò la disponibilità del settore all’innovazione e la diffusa coscienza della sua importanza; ad oggi infatti, se escludiamo istruzioni e indicazioni dei cantieri o dei broker insieme a riviste, mostre e rappresentanti delle ditte, manca un forte legame tra le società di piccola dimensione del comparto e l’università ed i centri pubblici di ricerca.
Eppure proprio questo sembra il campo da incrementare e supportare, non solo perché contribuisce all’export italiano ed alla costruzione dei grandi megayachts, ma anche perché ha un know how irripetibile ed è una fonte di ricchezza e di occupazione qualificata. Accessoristica e piccoli cantieri ancora fragili quindi, in Toscana come in Italia, di fronte alla tendenza internazionale alla concentrazione dei grandi cantieri.