“Voglio restare bambino per sempre!”, esclama il clarinettista Tony Scott nella prima, gustosa traccia del nuovo album dei Doctor 3 (Danilo Rea – pianoforte, Enzo Pietropaoli – contrabbasso, Fabrizio Sferra – batteria). E il restare “bambini”, nei molti significati del termine, si riferisce qui alla musica, invocata da Scott come medicina per l’anima, ma è anche un appello alla preservazione della propria istintività, che da sempre è il segno stilistico distintivo del trio. E’ chiaro che i significati possono essere ulteriormente allargati, com’è naturale parlando dei Doctor 3 e ascoltando i loro lavori: nulla è precostituito, tutto si dipana partendo da un clima, presentato, sviluppato grazie all’improvvisazione, approfondito, inaspettatamente poi modificato - durante il percorso tutto può cambiare, poiché il dialogo serrato tra i tre musicisti è imprevedibile ed estremamente fecondo.
Il clima di questo terzo album, dunque, nasce dai Beatles, presenti con molti brani - un vero leit-motiv compositivo, si sviluppa attraverso i Red Hot Chili Peppers, Wayne Shorter, Pat Metheny, Fabrizio De André e Sting; aprono e chiudono l’album due deliziosi interventi parlati di Tony Scott.
Le sette mini-suites che raggruppano i brani e le citazioni sono i “Bambini”, come negli album precedenti erano “Tales” e “Songs”; i cinque titoli “Forever”, composti dal trio, nascono come cellule improvvisative con la funzione di passaggio tra i brani, ma all’ascolto più attento svelano e rimandano ad altri mondi musicali, altre idee, altre citazioni: come in un gioco di specchi, o di scatole cinesi. L’album nasce anche questa volta di getto, sostenuto però in questo caso da una consistente attività dal vivo, che ha occupato il gruppo per buona parte del 2001.
A detta degli autori, molte idee presenti nel disco sono nate nel corso dei concerti, quindi maturate con il pubblico – e grazie ad esso. In questo senso si spiega lo straordinario impatto dell’album, che riesce a mantenere, nella sua estrema fluidità, una dimensione molto vicina al Live.Nonostante la presenza cospicua di autori e riferimenti al pop, questo è un album assolutamente jazz: jazz come il linguaggio, così personale, dei Doctor 3, che dimostra di essere maturato al punto da poter rileggere davvero ogni genere musicale.