24 “Pietre d’Inciampo” per ricordare e tramandare alle future generazioni a memoria delle 24 persone arrestate dalle truppe naziste a Firenze e deportate nel campo di sterminio di Auschwitz. Nomi che da oggi resteranno impressi ancora di più nella memoria collettiva grazie ai piccoli sanpietrini decorati con una piastra d’ottone questa mattina sono state collocate su viale Amendola, nel luogo in cui un tempo si trovava ospizio israelitico “Settimio Saadun” da dove furono prelevati il 24 maggio 1944.
All’iniziativa, promossa dalla Comunità Ebraica di Firenze e la Casa di Riposo Ebraica con l’Amministrazione comunale, erano presenti tra gli altri il sindaco Dario Nardella, Alessandra Nardini assessore alla Cultura della Memoria della Regione Toscana, Marta Baiardi dell’Istituto Storico della Resistenza, Enrico Gabbai presidente Casa di Riposo Ebraica di Firenze, Enrico Fink presidente Comunità Ebraica di Firenze. E ancora l’assessore al welfare ed educazione Sara Funaro e il presidente del consiglio comunale Luca Milani.
“Quella delle Pietre d’Inciampo è una iniziativa a cui tengo molto – ha dichiarato il sindaco Nardella – e a cui ho voluto partecipare nonostante l’emergenza sanitaria per portare la vicinanza della città alla comunità ebraica e a tutta la comunità fiorentina. Non dimentichiamo quello che Firenze ha sofferto, la sua battaglia per i diritti umani e per la libertà contro il nazifascismo. E soprattutto non dimentichiamo le persecuzioni degli ebrei fiorentini e quello che è avvenuto un questo luogo e le 24 persone vittime della violenza nazifascista. Con i rappresentanti della comunità ebraica portiamo avanti numerosi progetti culturali ed educativi soprattutto nelle scuole perché è importante raccontare alle nuove generazioni cosa accadde a Firenze e nel mondo in quegli anni. E le Pietre d’inciampo rappresentavano una traccia indelebile di quello che è avvenuto e un monito perché il passato si ripeta”.
“Con l'iniziativa di oggi continuiamo una azione davvero importante che come città e Amministrazione di Firenze portiamo avanti insieme con la comunità ebraica e tutti coloro che hanno a cuore il valore della memoria – ha commentato l’assessore alla Cultura della Memoria e Toponomastica Alessandro Martini – . Le pietre d'inciampo questa volta ricordano molti anziani e bambini che furono deportati ingiustamente e poi sacrificati dalla violenza e dalla cecità dell'aggressore nazifascista.
È un momento importante che rappresenta anche un'occasione di riflessione e di ulteriore conoscenza di quei fatti non solo per non dimenticare ma anche per concretizzare la nostra attenzione ai valori della libertà, della democrazia, della coesione sociale e della positiva vita di relazione nelle comunità di cui oggi c'è tanto bisogno, forse più che in passato. Quindi grazie agli organizzatori e tutti coloro che si impegnano e continueranno a impegnarsi per proseguire con la collocazione di queste testimonianze tangibili di un momento drammatico della storia del secolo scorso”.
La ricostruzione storica
A ricostruire quanto avvenne la mattina del 24 maggio 1944 Marta Baiardi dell’Istituto Storico della Resistenza. L’ente benefico Ospizio Israelitico “Settimio Saadun” era stato fondato nel 1870 come ricovero per i bisognosi ebrei anziani e malati. Durante la guerra e sotto l’occupazione tedesca continuò a svolgere le sue funzioni, fino alla tragica mattina del 24 maggio 1944 in cui un camion di militi nazisti si fermò all’ingresso della struttura (allora in viale Duca di Genova 6, attuale viale Amendola) e catturò 24 ospiti: ventun persone anziane, dieci uomini e undici donne, e insieme tre membri di una famiglia francese: la madre venticinquenne e i suoi figli, Renée, una bambina di due anni, e il suo fratellino Sergio di un anno.
Due giorni dopo l’arresto, i catturati dell’Ospizio fiorentino furono trasferiti da Firenze al campo di Fossoli (presso Carpi, in provincia di Modena), e da lì il 26 giugno 1944 furono deportati al campo di sterminio di Auschwitz, dove giunsero quattro giorni dopo per essere tutti assassinati all’arrivo. Solo una anziana donna non arrivò mai in Polonia, perché morì nel campo di Fossoli prima della partenza del convoglio. La deportazione e l’uccisione di vecchi, malati, donne e bambini inermi era parte integrante del progetto di distruzione degli ebrei europei ideato e pianificato dai nazisti e attuato su scala continentale anche grazie all’aiuto fattivo ricevuto dai regimi collaborazionisti, nel nostro Paese dalla Repubblica Sociale Italiana.
Il progetto delle “Pietre d’inciampo”, voluto dalla Comunità Ebraica di Firenze e dal Comune , prende vita dopo l’approvazione dell’apposita delibera nel 2019 mentre risale al 9 gennaio 2020, in occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria, la prima posa in città.
Le “Pietre d’Inciampo” nascono a metà degli anni ’90 su iniziativa dell'artista tedesco Gunter Demnig per ricordare tutte le vittime della deportazione nei campi di concentramento nazisti, indipendentemente da credo religioso, appartenenza politica, origine etnica, nazionalità, orientamento sessuale. Sono così chiamate perché hanno lo scopo di far “inciampare” in senso figurato le riflessioni dei passanti, cittadini o turisti, costringendoli a ricordare il motivo per il quale i sampietrini si trovano in quel preciso luogo; un monumento privo di verticalità e addirittura interrato che necessita della distanza ravvicinata per essere notato e osservato, che pur non imponendosi riesce a catturare l’attenzione del passante intrecciando memoria pubblica e privata, passato e presente, individuo e collettività. Una delle caratteristiche peculiari di quest’opera è la sua totale integrazione con il tessuto urbano della città e diffuso sul territorio.
Il progetto consiste nella posa in opera di piccole targhe in ottone della dimensione di un sampietrino (10 x 10 cm) sul selciato nella zona prospiciente l’abitazione della vittima, su cui ne sono incisi i dati personali. Ad oggi si contano oltre 60mila pietre in molti Paesi europei, tra cui tante città italiane.