“Affrontare il fenomeno dell’immigrazione non significa solo confrontarsi con il tema della sicurezza, ma anche e soprattutto inquadrare il tema impegnandosi sulla cooperazione allo sviluppo. È necessario sia a livello europeo sia a livello nazionale superare la concezione dell’immigrazione come problema degli sbarchi e adottare riforme vere per gestire e favorire l’integrazione sociale e l’ingresso nel mondo del lavoro di chi arriva oggi in Italia” ha affermato ieri mattina la studiosa di diritto internazionale Maria Chiara Malaguti durante la lezione di EunomiaMaster dedicata a “Immigrazioni: quali politiche?”. “Il fenomeno dell’immigrazione oggi in Italia è importante e strutturale.
Gli immigrati nel nostro Paese sono 5 milioni e mezzo, l’equivalente della popolazione del Veneto piuttosto che della Sicilia o della Campania. Si tratta soprattutto di lavoratori con famiglie. Sono elementi che ci mettono di fronte alla necessità di valorizzare il contributo che i nuovi arrivi possono dare al Paese” ha sottolineato l’esperto di demografia Gian Carlo Blangiardo, secondo relatore del modulo coordinato dal direttore del corso di Alta Formazione Politico-istituzionale, Monica Degl’Innocenti. In mattinata docenti e corsisti hanno affrontato anche la questione delle nuove povertà e del disagio sociale.
“Nel panorama internazionale l’Italia ha la forte aggravante di venire da diversi anni di recessione. Oggi il Paese vede raddoppiato il numero di persone che rientrano nell’area di povertà assoluta e sarà difficile tornare ai livelli pre-crisi. A questa situazione si sommano la questione della distribuzione della ricchezza, problemi educativi e disagio abitativo che fanno sì che il fenomeno economico si trasformi in problematiche culturali e relazionali tutte da affrontare“ ha spiegato il sociologo ed economista Mauro Magatti. “L’Italia, ma anche l’Europa, si trovano in questo momento in una situazione di grosso affanno - ha detto il demografo Antonio Golini – dovuta principalmente a due fattori: la mancanza di capacità di prendere decisioni e di farlo in tempi rapidi e l’avanzare dell’innovazione tecnologica che di per sé è ovviamente positiva ma che penalizza la domanda di lavoro, sia per la concorrenza dei Paesi extraeuropei sia perché la tecnologia automaticamente riduce le risorse umane impiegate.
Basti pensare che con l’attuale crisi abbiamo perso circa 1,2 milioni di posti di lavoro che sarà a mio avviso impossibile recuperare pienamente”.Le imprese cinesi possono essere un valore aggiunto per l'economia pratese e toscana? E' necessario proseguire sulla via dell'integrazione, sociale ed economica della comunità cinese, tenendo al tempo stesso ferma la barra sul rispetto delle regole e della legalità. A sottolinearlo è l'assessore alle attività produttive credito e lavoro Gianfranco Simoncini in sintonia con quanto emerge dal secondo rapporto Irpet (Istituto per la programmazione economica in Toscana) sulle relazioni transnazionali delle imprese cinesi di Prato e sul loro contributo all'economia della provincia.
Il rapporto è stato presentato venerdì a Prato nel salone consiliare della Provincia. "I numeri che emergono dal rapporto – ha detto Simoncini – ci dicono che la comunità cinese contribuisce per l'11 per cento al Pil provinciale, 705 milioni, e gli investimenti valgono l'8 per cento, ovvero 125 milioni. Una realtà che si trova, ricorda l'Irpet, ancora in una fase delicata, con elementi critici, ma anche potenzialità da sfruttare. Numeri che ci confermano nell'attenzione e nelle scelte fatte per valorizzare questo contributo che, se ancora oggi è vissuto in maniera problematica dal territorio, rappresenta tuttavia una risorsa e un'opportunità per promuovere lo sviluppo del distretto nel suo insieme.
Le imprese cinesi rappresentano infatti un naturale ponte verso l'immenso mercato della Cina, come ha capito l'esperienza significativa del progetto di Cna world China".Agricoltori cinesi alla conquista degli orti di Prato con le semente Made in China. Per un ettaro pagano anche mille euro l’anno. “L’espansione di questa popolazione – spiega Claudio Lombardi, Segretario di Zona di Coldiretti nel servizio - è resa possibile soprattutto perché gli affitti sono in rapporto da 1 a 10 con quello che può corrispondere un pratese o un italiano al proprietario del terreno.
Loro, i cinesi, possono arrivare anche a pagare 1.200 euro ad ettaro all’anno”. C’è anche chi – e il video lo racconta – è stato battuto dalla concorrenza dei cinesi che avevano offerto di più: “quel terreno l’ho perso”. Molti gli aspetti poco chiari che il servizio mette bene in evidenza della loro attività a partire dalle semente che vengono utilizzate di cui non si conosce la provenienza. Arrivano dalla Cina eludendo spesso i controlli doganali come spiegato dal Corpo Forestale dello Stato.
“Le piante e le semente provengono dalla Cina – racconta ancora Lombardi - ed arrivano in maniera del tutto irregolare”. La forte espansione dell’agricoltura Made in China a Prato è andata di pari passo allo sviluppo di un mercato parallelo di prodotti agricoli destinati ai connazionali che a Prato hanno acquistato molte fabbriche tessili dagli italiani e vivono che stanno però “togliendo posizioni di mercato agli agricoltori pratesi”. C’è poi tutta un’altra serie di problematiche legate sia allo smaltimento della plastica che viene bruciata “mescolata” alla sterpaglia per non dare troppo dell’occhio sia all’impiego di manodopera non contrattualizzata e dei contratti di affitto che vengono regolarizzati “raramente”.
“Lavorano giorno e notte. – raccontano alcuni testimoni – Siamo preoccupati per la nostra salute. Bruciano la plastica. Si sente il puzzo…”. Per Coldiretti è evidente che si tratta di una colonizzazione sfuggita di mano che necessità di più rigidi controlli e maggiore attenzione nei confronti di un fenomeno in fortissima espansione. “La presenza degli stranieri in agricoltura è un fattore importantissimo: dal 2006 ad oggi gli imprenditori agricoli comunitari ed extracomunitari sono il 15,1% in più contribuendo in maniera determinante ad un settore strategico per la nostra economia – precisa – ma devono rispettare le stesse regole degli italiani e soprattutto garantire la tracciabilità delle semente e delle piante e dei prodotti che propongono anche se questi vengono consumati dai loro connazionali”.“Sono proprio i coiffeur a patire maggiormente la concorrenza sleale degli abusivi cinesi: un universo sommerso che si sta sempre più radicando nell’intero comparto (parrucchieri, estetisti e tatuatori), con conseguenze negative, tanto economiche economiche che personali – spiega Renzo Nibbi, coordinatore area benessere di Confartigianato.
Da una parte il danno economico per le aziende regolari e quello per la cittadinanzain termini di tasse non pagate e contributi non versati, che si traducono inevitabilmente in tagli ai servizi o in aggravi di costi. Dall’altra, i rischi per la propria salute. Basti pensare ai danni alla cute e ai capelli per l’uso di prodotti non a norma, a dermatiti, micosi, allergie, ai danni causati da massaggi non professionali, all’epatite C e anche all’Aids contraibili con l’uso di strumenti non sterilizzati”. Proprio per contrastare l’abusivismo dell’intero comparto, Camera di Commercio di Firenze, Confartigianato e Cna hanno dato il via ad una campagna di sensibilizzazione dei consumatori che indica i vantaggi di avvalersi di imprese regolari, affidando la cura della propria persona ad operatori qualificati (con anni di studio, apprendistato ed aggiornamenti) che rispettano le leggi sul lavoro, l’ambiente, l’igiene e la sicurezza. Tra gli strumenti della campagna anche “12 raccomandazioni per una scelta consapevole”: un’agile guida con accorgimenti, curiosità e consigli per tutti i consumatori che vogliono usare i servizi di cura della persona.
La guida è in distribuzione gratuita presso la Camera di Commercio e le sedi delle associazioni di categoria.
Sarà accolto a Dicomano a metà aprile un gruppo composto da circa 20 persone richiedenti asilo che troverà ospitalità nell’edificio Ex Scuola Istituto Sacro Cuore Suore Serve di Maria, ormai non utilizzato da qualche anno. Il servizio è gestito dalla Prefettura di Firenze in collaborazione con la Cooperativa Sociale il Cenacolo, le accoglienze sono diffuse in tutta la provincia di Firenze. La notizia dell’arrivo di questo gruppo di richiedenti asilo è stata data ieri mattina alle Associazioni dal Sindaco di Dicomano Stefano Passiatore e dal Presidente della Cooperativa Sociale il Cenacolo Matteo Conti.
Per chiarire i termini dell’accoglienza è convocata per il giorno mercoledì 1 aprile alle ore 21 presso la sala del Consiglio Comunale, un’assemblea pubblica alla quale parteciperanno il Sindaco, i componenti della Giunta e i responsabili della Cooperativa il Cenacolo. Le persone ospitate a Dicomano saranno migranti richiedenti asilo che sono arrivati in Italia dove hanno richiesto lo status giuridico di protezione, per questo motivo, per circa 6 mesi dovranno attendere un’audizione in Prefettura.
Durante l’audizione si attesterà la situazione di rischio effettiva (in genere si tratta di paesi dosv sono in corso guerre civili con situazioni politiche poco stabili) e si decreterà o meno la concessione dello status di rifugiato politico. Nel frattempo la Prefettura con la collaborazione della Cooperativa Sociale il Cenacolo assicurerà l’accoglienza materiale e la prima assistenza per queste persone che comprende anche un corso di prima alfabetizzazione di Italiano. La Cooperativa Sociale Il Cenacolo, nata nel 1991, rivolge la sua attività a soggetti in situazioni di marginalità o a rischio di esclusione sociale. “Vorrei fare un particolare ringraziamento alle Suore Serve di Maria – afferma il Presidente della Cooperativa il Cenacolo Matteo Conti – che hanno messo a disposizione gratuitamente la Ex Scuola Sacro Cuore seguendo il precetto di Papa Francesco di aprire i conventi ai rifugiati”. “Il tema dell’accoglienza è all’ordine del giorno in molti comuni e ciascuno deve fare al propria parte – sostiene il Sindaco Stefano Passiatore.
E’ necessario seguire con attenzione questo percorso perché possa essere una opportunità per tutti”.
Un appello a Prefetto e Questore per chiedere lo sgombero dell’ex collegio “La Querce” in via della Piazzuola a Firenze. A lanciarlo è Fratelli d’Italia, che per martedì 31 marzo alle ore 18 proprio davanti alla struttura, ha organizzato un presidio a sostegno degli abitanti della zona per chiedere l'immediato ripristino della legalità. “Ormai non passa settimana senza un nuovo immobile occupato in città, con l’amministrazione che continua a fare ponti d’oro agli abusivi - sottolinea il candidato a governatore di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli - noi vogliamo essere dalla parte dei cittadini perbene che chiedono sicurezza e rispetto delle regole”. “E’ di poco meno di un mese fa l’ennesimo episodio di violenza nella zona, con l’aggressione a colpi di coltello ai danni di un 19enne rumeno da parte del padre - conclude Donzelli - la zona non può più continuare a vivere nel pericolo: la struttura deve essere sgomberata urgentemente”.
«Ancora una conferma ai nostri timori: il provvedimento di espulsione dell'imam di Lucca ribadisce la necessità di non abbassare la guardia anche in Toscana, di non minimizzare il pericolo di infiltrazioni di pericolosi estremisti islamici della porta accanto». Così il commento del consigliere regionale di Forza Italia, Tommaso Villa all’espulsione dell’imam di Lucca dall’Italia decretata dal Ministero degli Interni. «Fatti come questo si stanno purtroppo intensificando. Quanto sta avvenendo anche nella nostra regione, ci impone di tenere altissima la guardia anche nei confronti di luoghi di aggregazione e di preghiera come le moschee, che guide spirituali come l’imam di Lucca potrebbero trasformare in sorgenti di proselitismo e di minacce concrete del jihadismo in Italia. Il Governo italiano e le amministrazioni comunali “pro-moschee” ascoltino questa sirena di allarme e si sveglino una volta per tutte», conclude Villa.