Nuova norma Uni 10200, entra in scena il «fattore d’uso» per perequare le spese energetiche delle seconde case. La norma, pubblicata pochi giorni fa, è dedicata alla ripartizione delle spese di climatizzazione invernale, estiva e produzione di acqua calda sanitaria.
Inizialmente la norma Uni non prevedeva i criteri per la ripartizione della spesa del raffrescamento e, pertanto, si è resa necessaria la revisione. Ma anche per risolvere le criticità, tra cui le difficoltà applicative per le “seconde case”, cioè quegli edifici i cui appartamenti sono principalmente utilizzati a fini turistici. In questo caso, molti appartamenti vengono occupati per brevi periodi, e sono pochi coloro che vi abitano tutto l’anno.Nessun problema se il sistema di distribuzione del calore è ad anello (o “orizzontale”) e la contabilizzazione venga affidata ai sotto-contatori (contabilizzazione diretta).
In tal caso è semplice il calcolo del consumo effettivo rilevabile dallo strumento installato.Nei casi di sistemi di distribuzione verticale con ricorso alla contabilizzazione indiretta a mezzo dei ripartitori, la quota imputabile delle dispersioni (in media 25-30%) non consentiva la corretta ripartizione in base ai consumi effettivi. Tale valore, infatti, veniva calcolato considerando la piena occupazione del palazzo. Lo stesso problema si poneva per gli edifici di recente costruzione, sino a che restavano invendute un numero rilevante di unità immobiliari.La nuova norma Uni 10200:2018 consente di superare tali criticità facendo ricorso al “fattore d’uso”, che deve essere calcolato annualmente.
In particolare, quanto minore è il grado di occupazione, tanto più incide la componente involontaria (dispersioni dalle tubazioni comuni).In base al valore che ne risulta, si distinguono, convenzionalmente, questi due casi: a) edifici normalmente abitati o piena occupazione (casi già disciplinati nella precedente versione della 10200); b) edifici ad occupazione discontinua o saltuaria o parziale. In questo secondo caso, la nuova norma consente di effettuare la ripartizione delle spese tenendo conto degli effettivi prelievi volontari di energia termica degli occupanti.
Occorre quindi che l’assemblea incarichi un professionista abilitato affinché verifichi la sussistenza dell’occupazione discontinua o saltuaria o parziale calcolando il fattore d’uso e, se necessario, individui il criterio di ripartizione, qualora questo non fosse già desumibile dalla relazione effettuata stante la vigenza della precedente versione della norma Uni.Particolare attenzione va messa negli edifici a occupazione discontinua o saltuaria o parziale, qualora l’assemblea, in presenza di differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari superiori al 50 per cento, abbia deliberato di non utilizzare la norma Uni.
In tal caso l’importo complessivo della spesa del riscaldamento deve essere suddiviso attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. Il fattore d’uso potrebbe però portare a prevedere un consumo involontario ben superiore al 30%. Così fosse, l’assemblea dovrà deliberare di fare ricorso alla nuova norma Uni 10200. Non è ancora possibile disapplicarla in quanto, così facendo, la spesa non verrebbe ripartita in base ai consumi effettivi.
Questi ultimi costituiscono lo strumento per favorire il contenimento dei consumi energetici ai sensi dell’articolo 9 comma 5 capoverso, Dlgs 102/2014.