Il Museo Stibbert conserva nelle proprie collezioni una copia antica della Monna Lisa di Leonardo da Vinci. L’opera fu acquistata da Frederick Stibbert nel 1879 come “ritratto di Monna Lisa del Boltraffio, scolare di Leonardo” per una cifra considerevole, ed esposta subito nella Sala della Quadreria Antica, tra i dipinti più importanti della raccolta.
In seguito, considerata una copia ottocentesca di nessun valore, l’opera fu relegata in deposito dove giacque a lungo ignorata da tutti gli studiosi. Negli ultimi anni, il lavoro di riallestimento della quadreria di Stibbert ha portato a riconsiderare il dipinto e, nel rispetto delle volontà del collezionista, a ricollocarlo nella sua posizione originaria, nonostante le sue condizioni di conservazione precarie.
Le ricerche condotte nell’Archivio Stibbert forniscono informazioni interessanti riguardo alle vicende del dipinto, e lo collegano alla storia del collezionismo fiorentino dell’Ottocento, perché una famosa copia della Gioconda è citata nelle raccolte di una antica famiglia cittadina senza che oggi se ne conosca più la collocazione.
Nel 2019, in occasione del Cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, il Museo Stibbert ha effettuato le analisi strumentali non invasive sul dipinto, che contribuiscono a retrodatare l’opera a prima del XIX secolo. Il museo vuole valorizzare questa opera con un adeguato restauro, eseguito da Daniele Rossi, che consenta di comprenderne meglio la qualità, la reale datazione e l’eventuale conferma di attribuzione ad un autore.
Considerata l’attenzione che circonda tutte le copie del dipinto più famoso del mondo, questo restauro restituirà alla visione del pubblico l’unica Monna Lisa conservata a Firenze, infatti al termine dell’intervento il dipinto tornerà ad essere esposto in museo per poter essere ammirato da chiunque visiti la collezione.
Le due associazioni, Amici Museo Stibbert e Lions Club Firenze Poggio Imperiale, finanzieranno il restauro dell’opera coinvolgendo tutti coloro che vorranno partecipare. Per l’occasione sarà creato un diploma commemorativo destinato a tutti i sostenitori, e una medaglia in bronzo coniata a ricordo dell’iniziativa, disegnata dal maestro Varo Gorlei.
Alla presentazione del restauro erano presenti il direttore del Museo Stibbert Enrico Colle, con il vicedirettore Simona Di Marco, il restauratore Daniele Rossi, il Presidente dell’Associazione Amici Museo Stibbert Alessandro Del Taglia, i Presidenti del Lions Club Firenze Poggio Imperiale Mario Bartelli e Tommaso Ceccanti.
"Il dipinto - spiega il restauratore Daniele Rossi - è stato oggetto di almeno un restauro documentato avvenuto nel luglio del 1879 due mesi dopo l’acquisto da parte di Stibbert ad opera del pittore Egisto Paoletti.
Abbiamo eseguito numerose indagini diagnostiche per cercare e soprattutto avere delle risposte con l’ausilio della scienza e andare oltre a quello che vede l’occhio umano anche se l’occhio allenato del restauratore riesce sempre a vedere qualcosa in più ma sempre con dei limiti.
Intanto vi posso anticipare due cose: la prima è che non si tratta di un dipinto del primo cinquecento, né tantomeno del pittore Boltraffio come si credeva al momento dell’acquisizione, che dipinge in modo diverso e su tavola principalmente anche se documentato nella bottega di Leonardo a Milano.
Però potremo parlare di una copia abbastanza fedele all’originale Leonardesco del Louvre anche nelle dimensioni attuali con però alcune piccole varianti: parte del paesaggio è semplificato con l’eliminazione della colonna, della montagna e del ponte sulla destra nello sfondo, la decorazione della scollatura della veste con una greca leggermente diversa.
Diversa dalla Monna Lisa del museo del Prado degli stessi anni dell’originale e più simile alla copia dell’Ermitage un olio su tela già dei primi del seicento.
Sembra dalla pennellata un dipinto a olio su tela.
Le indagini che abbiamo eseguito sono: riprese in infrarosso falso colore, in fluorescenza ultravioletta, riflettografia infrarossa, e radiografia.
Analisi dei componenti minerali per punti, questo per capire la composizione di alcuni pigmenti tramite puntatura di XRF.
Proprio per questo tipo di indagini compiute si può dedurre quanto segue:
le dimensioni della tela “” sono ridotte rispetto a quelle attuali.
Non sappiamo se nel restauro eseguito da Paoletti due mesi dopo l’acquisizione sia avvenuto l’ampliamento tramite stucco e pittura successiva o con tela e poi dipinta e per quale motivo e poi anche il rifodero dell’originale.
I colori ipotizzati in base agli elementi minerali riscontrati e che fanno supporre ad una datazione del dipinto probabilmente ai primi anni del seicento sono il blu di smalto (cobalto e quindi vetro colorato e macinato ) in uso già dal quattrocento fino al settecento, poi per gli altri colori rosa incarnati e veste il ferro e gli ossidi quindi le ocre gialla e rossa e la biacca per il bianco.
La presenza sui rifacimenti di blu di Prussia (ferrocianuro ferrico ) fa pensare che l’ampliamento sia un rifacimento ottocentesco.
Speriamo col restauro di approfondire e capire quali segreti ci potrebbe svelare questa copia del famosissimo capolavoro", conclude Daniele Rossi