Un pastore su tre è stato costretto ad alzare bandiera bianca a causa delle sempre più frequenti predazioni di lupi ed ibridi contribuendo al progressivo abbandono ed impoverimento delle nostre campagne e delle nostre montagne. Ed in Toscana, terra ancestrale di pastorizia, biodiversità e straordinari formaggi, gli allevamenti di ovini da latte non sono stati mai così pochi. Meno pecore e meno capre al pascolo significa meno latte e senza il latte ovino che caratterizza e da valore alla filiera lattiero casearia regionale anche la produzione di qualità di pecorini, caciotte, ricotte e stracchini e tantissimi altri meravigliosi prodotti della pastorizia si allontanano sempre di più dalle tavole dei consumatori.
Prodotti caseari la cui sopravvivenza è spesso legata a piccoli gruppi di allevatori che ne “custodiscono” i segreti. A denunciarlo è Coldiretti Toscana sulla base dei dati rilevati sul sistema informativo veterinario. L’Ispra ha stimato, nell'ambito del progetto Life WolfAlps EU, intorno ai 3.300 esemplari di cui quasi 2.400 lungo nelle regioni della zona peninsulare con una probabilità di presenza molto elevata in Toscana dove ha colonizzato quasi la totalità degli ambienti idonei.
“Nella nostra regione abbiamo perso una intera generazione di pastori. Si tratta di figli di pastori che a loro volta erano stati figli di pastori. Stiamo parlando di un’esperienza centenaria che la presenza di veri e proprio branchi di predatori da un decennio a questa parte stanno mettendo in serio pericolo. – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana – Le aggressioni alle greggi sono ormai all’ordine del giorno tanto che molti decidono di non denunciare nemmeno più così come gli avvistamenti di lupi e ibridi che sono arrivati ormai fino alle porte delle abitazioni civili.
Le contromisure non sempre sono sufficienti. C’è un clima di esasperazione e scoraggiamento tra i pastori che deve preoccupare e deve far riflettere chi è chiamato a tutelare le imprese agricole e le comunità. Le testimonianze anche nelle ultime settimane sono state molte da parte dei pastori che si sono trovati faccia a faccia con il lupo, che hanno visto morire lentamente i cani da guardiania ed azzannare i greggi in pieno giorno. Denunciare non può essere la risposta perché una predazione non ripaga mai i danni, il lavoro e la passione”.
Secondo l’elaborazione di Coldiretti Toscana dei dati del sistema informativo veterinario, dal 2009 al 2022, sono spariti 468 allevamenti ovini da latte in tutta la regione insieme ad 17 mila capi (-6%) dopo che la popolazione ovinacaprina nel 2017 aveva raggiunto il record di 305.000 capi. Oggi sono 262 mila circa. Gli allevamenti sono passati da 1.425 a 957 (-33%). Un fenomeno che assume proporzioni spaventose se prendiamo come riferimento il solo periodo 2017-2022: i capi in meno sono 42 mila capi (-14%). Un tracollo che sta mettendo a rischio la sopravvivenza della filiera lattiero casearia regionale, una delle più ricche del Bel Paese con 2 formaggi Dop, il pecorino toscano recentemente entrato nella top ten dei formaggi più buoni del mondo ed il pecorino delle balze volterrane e 33 specialità agricole tradizionali censite che raccontano il territorio, il paesaggio, l’identità e la storia spesso di piccole comunità, borghi e località.
Siena è la provincia con il maggior numero di formaggi tradizionali (8) con il pecorino di Lucardo, il Fossa del Greppio considerato a rischio estinzione, il grande vecchio di Montefollonico prodotto in appena 100 forme l’anno, il pecorino a latte crudo, il pecorino delle colline senesi, il pecorino di Pienza stagionato in barriques, il pecorino stagionato in foglie di noce ed il raveggiolo di pecora senese. A seguire troviamo Grosseto (7) con la ciotta di pecora, formaggi caprini della Maremma, pastorella del cerreto di Sorano, il pecorino delle cantine di Roccalbegna, Pratolina o formaggio caprino, ricotta di pecora grossetana e la crescenza.
Tra i territori a vocazione pastorizia ci sono poi Massa Carrara (5) con la caciotta della Lunigiana, il formaggio caprino delle Apuane prodotto attualmente da 5 allevatori, il pecorino della costa Apuana, il pecorino della Lunigiane e la ricotta di pecora massese la cui sopravvivenza è legata alla passione di quattro allevatori. A Pistoia (5) l’arte casearia trova la sua espressione nella caciotta dolce e nella caciotta stagionata, del pecorino a latte crudo della Montagna Pistoiese, il Raveggiolo di pecora pistoiese e la ricotta di pecora pistoiese.
In provincia di Firenze (2) i formaggi minacciati dai predatori sono il formaggio caprino dell’Alto Mugello ed il pecorino a crosta fiorita prodotto da una sola azienda così come nella provincia di Pisa (2) il pecorino alle erbe aromatiche ed il pecorino del Parco di Migliarino San Rossore e nella provincia di Arezzo (2) il pecorino a latte crudo abbucciato ed il pecorino del Casentino. Tra Lucca e la Garfagnana (1) il prodotto casearo da salvare è il pecorino della Garfagnana e delle Colline Lucchesi mentre a Livorno(1) è il formaggio di latte di capra dell’Isola di Capraia.
“Il rischio vero oggi – spiega il Presidente di Coldiretti Toscana - è la scomparsa della presenza dell’uomo delle montagne e delle aree interne per l’abbandono di tantissime famiglie ma anche di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze di mucche, capre e pecore. Di questo passo saranno i pastori la specie in via di estinzione. La stalla non è una saracinesca di un negozio: quando si abbassa non riapre più. Da tempo stiamo chiedendo di definire un Piano nazionale che guardi a quello che hanno fatto altri Paesi Ue come Francia e Svizzera per la difesa dal lupo degli agricoltori e degli animali allevati. Serve più coraggio”.
Per informazioni www.toscana.coldiretti.it, pagina ufficiale Facebook @coldiretti.toscana e canale ufficiale YouTube “Coldiretti Toscana”