In occasione del 198° anniversario della nascita dello scrittore Carlo Collodi (24 novembre 1826-24 novembre 2024), la Fondazione Nazionale Carlo Collodi presenta il libro I luoghi del Collodi – I luoghi del Pinocchio. Storia e geografia reali e immaginarie di un capolavoro che offre una prospettiva rivoluzionaria sulla vita dello scrittore fiorentino e sulla genesi del suo romanzo più celebre: Le avventure di Pinocchio.
L’autrice è la professoressa Daniela Marcheschi, presidente dell’Edizione Nazionale delle Opere di Carlo Lorenzini e consigliere della Fondazione, e – soprattutto - massima esperta di Carlo Lorenzini “Collodi” e , quindi, delle Avventure di Pinocchio.
I luoghi del Collodi – I luoghi del Pinocchio. Storia e geografia reali e immaginarie di un capolavoro (Pisa, Edizioni ETS, 2024) è stato pubblicato grazie al contributo della Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti culturali - Ministero della Cultura.
Il presidente della Fondazione Collodi, Pier Francesco Bernacchi, sottolinea come: “Si tratta di un libro di agile lettura, sono circa 150 pagine, ricco di dati e assai ben documentato – spiega -, certamente un motivo di orgoglio per la Fondazione Nazionale Carlo Collodi, perché offre una visione originale e inedita sulla vita dello scrittore e sulla nascita del suo capolavoro.”
Il volume è diviso in due parti: la prima, I luoghi del Collodi, ripercorre la biografia dell’autore attraverso le città da lui abitate o visitate: la lunga lista di tali città smentisce l’idea, ancora predominante tra molti commentatori e studiosi, che Carlo Collodi fosse restìo a viaggiare e abbarbicato nella sua Firenze. Tutt’altro: lo scrittore-giornalista è stato un acuto osservatore del suo tempo anche e soprattutto grazie ai viaggi che ha compiuto e in virtù dei quali ha potuto vedere con i propri occhi le condizioni sociali, politiche e culturali, spesso problematiche, dell’Italia pre- e post-unitaria. Senza dimenticare che tutto lascia pensare che Collodi abbia visitato anche città straniere quali Vienna e Parigi.
Tra i luoghi d’elezione per l’autore vi fu naturalmente Collodi, il borgo nel comune di Pescia da cui egli trasse il proprio pseudonimo: secondo l’opinione corrente, per omaggiare la madre che di lì era originaria. L’affetto dello scrittore per la madre è indubbio e Marcheschi offre una lettura nuova e sorprendente della scelta dello pseudonimo Collodi: lo scrittore la fece nel 1856 in polemica con il Granducato di Toscana, e dunque con lo strapotere politico di classi aristocratiche arroganti e illiberali, che a suo modo di vedere dovevano essere abbattute da un nuovo stato italiano e unitario. La decisione di chiamarsi Collodi fu, insomma, dettata soprattutto da motivazioni politiche: certificava una opposizione al vecchio Granducato a cui l’autore si sentiva sempre più estraneo ed era però anche il ribadire una condizione di marginalità che doveva essere salvaguardata per essere sempre più libero come scrittore e giornalista.
La prima parte del volume analizza anche i luoghi in cui Collodi ha scritto il suo capolavoro ed avanza, tra l’altro, l’ipotesi – mai proposta fino ad ora – che l’autore si trovasse proprio a Collodi nelle settimane in cui videro la luce i primi capitoli del Pinocchio: la morte dello zio Pietro Orzali il 25 ottobre 1880 infatti portò quasi certamente lo scrittore a sostare a Collodi in quel periodo, anche per le questioni ereditarie che, in quanto primogenito, lo riguardavano in prima persona. Il luogo dell’infanzia più caro allo scrittore avrebbe dunque ispirato la creazione del burattino-ciuchino-bambino Pinocchio.
La seconda parte del volume, I luoghi del Pinocchio, esamina numerosi dati, anche inediti, per dimostrare che Collodi prese spunto da una molteplicità di influssi, reinventandoli nel definire il paesaggio del suo Pinocchio: un paesaggio stilizzato, per i pochi tratti con cui è descritto; realistico, per la capacità che i luoghi del romanzo hanno comunque di evocare la Toscana dei macchiaioli e la Collodi dell’infanzia, ma anche il mare di Viareggio e Livorno e le feste di Firenze in epoca granducale; ed un paesaggio, infine, anche fantastico, per gli innumerevoli rimandi alla favola, alla fiaba, alla Commedia dell’Arte, al coevo teatro, agli spettacoli di burattini e marionette, al melodramma e all’opera buffa, al romanzo d’avventure, al romanzo storico, ai poemi cavallereschi o all’immancabile Commedia di Dante.