Dall’11 dicembre 2025 al 9 aprile 2026, il Museo Archeologico Nazionale di Firenze ospita la mostra Icone di potere e bellezza, che si propone di analizzare lo sviluppo storico dell’uso delle immagini per la celebrazione, la conservazione e la trasmissione del potere imperiale.
L’esposizione, curata da Daniele Federico Maras e Barbara Arbeid, rispettivamente direttore e curatrice del Museo fiorentino, presenta 20 oggetti antichi di forte valore simbolico provenienti dalle raccolte medicee, riuniti attorno a quattro teste di bronzo dorato a grandezza naturale: tre ritratti imperiali provenienti dal Museo di Santa Giulia a Brescia, gestito dalla Fondazione Brescia Musei, e una testa di Venere dalle antiche collezioni granducali.
In particolare, si potranno ammirare medaglioni e monete (aurei, sesterzi, denari, assi) che veicolavano il ritratto imperiale come simbolo e garanzia della continuità del potere, ma anche gemme, anelli e collane d’oro, destinati a un uso “privato”, ma non meno ricco di significato simbolico, e una splendida testa d’aquila a grandezza naturale, simbolo della maestà di Giove.
La rassegna s’inserisce nel quadro istituzionale di una virtuosa collaborazione tra la Fondazione Brescia Musei e il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, sotto gli auspici della Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura, dal titolo complessivo Idoli di bronzo.
L’appuntamento fiorentino si pone in linea di continuità con quello in corso fino al 12 aprile 2026 all’interno del Capitolium, al Parco archeologico di Brescia romana, dal titolo Victoria Mater. L’idolo e l’icona, che propone un’inedita installazione di Francesco Vezzoli, in grado di far dialogare la Vittoria Alata, una delle opere più importanti della romanità per composizione, materiale e conservazione, e l’Idolino di Pesaro, esempio raffinato di artigianato artistico classico, in prestito dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
L’intero progetto, promosso da Fondazione Brescia Musei e Comune di Brescia, in collaborazione con la Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura, il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, l’Opificio delle Pietre Dure e il fondamentale contributo di Intesa Sanpaolo, è stato appositamente studiato per accompagnare l’apertura delle celebrazioni per il Bicentenario della scoperta del deposito bronzeo del Capitolium bresciano, dove si conservava la Vittoria Alata.
“Il progetto Icone di potere e bellezza – commenta il Direttore generale Musei Massimo Osanna – nasce da una collaborazione virtuosa tra istituzioni che si riconoscono in una visione comune: creare narrazioni condivise, che accostino opere provenienti da contesti diversi e, nel loro incontro, generino relazioni e valori nuovi.
Qui a Firenze il tema è quello affascinante e trasversale del potere e dei suoi simboli, letto attraverso immagini, segni, oggetti e biografie. Il dialogo tra Firenze e Brescia, esempio virtuoso delle connessioni offerte dal Sistema Museale Nazionale, offre così una lettura rinnovata del mondo antico, grazie a un modo di intendere il museo come luogo vivo, capace di far emergere il valore pubblico del patrimonio culturale. Un luogo aperto alla conoscenza, dove il passato continua a interrogarci e a produrre significati nuovi, per i pubblici di oggi e di domani”.
E prosegue Daniele Federico Maras, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze “L’alleanza tra Firenze e Brescia che ha portato l’Idolino di Pesaro a confronto con la Vittoria di Brescia ha trovato la sua naturale continuazione nel viaggio delle bellissime teste di bronzo dorato degli imperatori di III secolo d.C. per generare un incontro altrettanto suggestivo con le antiche collezioni medicee.
L’occasione è stata perfetta per organizzare attorno ai tre ritratti, attribuiti a Settimio Severo, Probo e Claudio II il Gotico, e a una testa medicea di Venere, appena restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure, un’esposizione dedicata all’uso del ritratto come icona estetica e strumento di comunicazione del potere nella Roma imperiale, associando alle sculture bronzee monete, gemme e altri oggetti preziosi che furono utilizzati come veicolo delle immagini del potere nel medesimo periodo storico”.
“La presenza a Firenze dei ritratti virili in bronzo dorato provenienti dal museo di Santa Giulia di Brescia – sottolinea Francesca Bazoli, Presidente Fondazione Brescia Musei – rappresenta un momento di grande rilievo per Fondazione Brescia Musei: portare questi capolavori in un museo autonomo del Sistema Museale Nazionale significa valorizzarne pienamente la portata storica e riaffermare il ruolo di Brescia nella costruzione di progetti culturali di livello nazionale.
Siamo particolarmente grati al professor Massimo Osanna, membro del nostro Comitato Scientifico, per la straordinaria collaborazione che ha reso possibile questo dialogo tra Istituzioni, così come al Museo Archeologico Nazionale di Firenze per l’accoglienza e il lavoro svolto insieme. Questa mostra si inserisce in un momento decisivo per Fondazione Brescia Musei, impegnata con “Victoria Mater. L'idolo e l'icona. Installazione di Francesco Vezzoli” in un percorso di rilettura contemporanea del patrimonio antico, che conferma la volontà di Brescia Musei di dare nuova vitalità ai propri capolavori e rafforzare le connessioni culturali su scala nazionale e internazionale”.
La mostra offre, inoltre, l’opportunità di ammirare gli esiti del restauro, a cura dell’Opificio delle Pietre Dure, sia del ritratto bronzeo del cosiddetto Probo, in prestito dal Museo di Santa Giulia a Brescia, sia della raffinata testa bronzea di Venere, afferente alle antiche collezioni medicee.
Il percorso espositivo prende in esame il periodo tra la fine del II secolo d.C. e il III secolo d.C. quando la crisi delle successioni e della gestione stessa dell’Impero rese evidente la necessità di un ripensamento della comunicazione. L’avvento di Settimio Severo sembrò inaugurare una nuova fase di stabilità dinastica, garantita da una forte tenuta del potere e sostenuta dalla preparazione politica e dalle capacità belliche dell’imperatore, che veniva riconosciuto come il nuovo fondatore dell’impero che si accingeva a riformarne la struttura governativa e l’organizzazione militare.
Le tre teste provenienti da Brescia aiutano a definire l’estetica del potere. L’immagine dell’imperatore, spesso visto nelle vesti di pensatore e filosofo, maturo ma possente, era in grado di trasmettere sicurezza e stabilità, grazie anche a un’acconciatura e a un taglio della barba tali da renderlo immediatamente riconoscibile e differenziarlo da tutti i suoi predecessori
Più tardi, alla metà del III secolo d.C., l’iconografia imperiale attinse ai simboli che furono già di Augusto e dei suoi successori, per comunicate forza e fermezza, con l’intento di supportare la conservazione dell’autorità. I cosiddetti ‘imperatori illirici’, come Probo e Claudio il Gotico, ad esempio, dimostravano la propria sicurezza esibendo uno sguardo altero e distaccato, ma sottolineavano, con la fermezza dei tratti e dell’espressione, il proprio impegno civile, rispondendo a un modello di bellezza virile priva di orpelli, ma associata alla resa di una acconciatura allo stesso tempo semplice e curata.
Anche le donne partecipavano alla costruzione dell’immagine della casa imperiale. È il caso di Iulia Domna, moglie di Settimio Severo, figura di primo piano nella gestione degli affari pubblici, ritratta in alcuni tipi monetali, con lineamenti delicati, abbellita con un’acconciatura elaborata, che diviene essa stessa un simbolo di autorevolezza, influenzando profondamente la moda dei decenni a venire.
In mostra si troveranno anche altri simboli della natura variegata del potere, che accompagna tutta la storia dell’Impero romano, come alcune insegne dell’autorità religiosa e della pietas, dell’ascendenza e della protezione divina, della stabilità militare, della cura della prosperità, nonché del carisma personale e della protezione delle arti.
Allestimento e progettazione della mostra sono stati curati dello studio Deferrari+Modesti.
Il progetto di identità visiva è a cura dello studio TassinariVetta.
Catalogo Allemandi Editore a cura di Daniele F. Maras e Barbara Arbeid, con saggi, tra gli altri, di Stefano Karadjov, Maria Elisa Micheli, Massimiliano Papini, Javier Deferrari e Lavinia Modesti, e fotografie di Alessandra Chemollo.