FIRENZE- “Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento” si legge in un comunicato diffuso dal Quirinale. Basterebbe molto meno in una democrazia evoluta per indurre il responsabile politico alle dimissioni. Tutto il paese ha visto immagini che dovrebbero fare vergognare, non solo il ministro, ma i vertici del Viminale, il questore di Pisa, il responsabile dell’ordine pubblico in piazza dei Cavalieri e tutti i poliziotti che hanno manganellato ragazzini inermi che avrebbero potuto essere loro figli e in qualche caso nipoti.
Invece nulla di tutto questo accadrà. Nell’intervista al quotidiano Il Corriere della Sera riprodotta integralmente nel sito del Ministero dell’Interno, Piantedosi si difende definendo “le nostre Forze dell’ordine, tra le migliori al mondo. Nelle manifestazioni pubbliche è fondamentale la collaborazione degli stessi manifestanti”, che a Pisa arretravano alzando le mani in segno di inoffensività.
Per dimettersi servirebbe coerenza politica, come quella che dimostrò Francesco Cossiga, dopo l’assassinio di Aldo Moro. Ma della politica Matteo Piantedosi non ha nemmeno consapevolezza. E’ la condiscendenza la principale caratteristica che lo ha portato al vertice del Viminale, per sostituire qualcuno che avrebbe voluto tornarci, ma non poteva per strascichi giudiziari guadagnati proprio in quel ruolo e a causa di alleanze politiche all’estero in palese contrasto con l’interesse nazionale. Questa compiacente assenza di autonomia politica impedisce al Ministro dell’Interno anche di dimettersi sino al termine del mandato personale, vissuto forse come una sorta di prepensionamento dorato dopo una carriera in prefettura altrimenti del tutto ordinaria.