"Le cose belle": tredici anni di vita (anche degli attori) in un film

​La fatica e la bellezza di crescere al Sud in un documentario che narra quattro storie e dieci anni di vita. Da venerdì 5 settembre allo Stensen

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 settembre 2014 19:43

FIRENZE - Si terrà  venerdì 5 settembre alle ore 21.00 presso il cinema Stensen (viale Don Minzoni 25/c) la proiezione di Le cose belle, il documentario di Agostino Ferrente e Giovanni Piperno che racconta quattro storie e tredici anni di vita, ambientato tra la Napoli del 1999 e quella del 2009. Adele, Enzo, Fabio e Silvana, immortalati in due momenti fondamentali delle loro esistenze: la prima giovinezza e l'inizio dell'età adulta. Alla proiezione sarà presente il regista Giovanni Piperno. Introdurrà Alberto Lastrucci, direttore del Festival dei Popoli.

 

Nel 1999 Ferrente e Piperno girano per Rai Tre Intervista a mia madre, un documentario che riunisce frammenti di adolescenza nella capitale partenopea. Ai quattro protagonisti chiedono che cosa sognino per il proprio futuro: Silvana vuole diventare una modella, Adele riesce a esprimersi solo ballando, Enzo ama la musica napoletana e Fabio è un ragazzino vivace e inarrestabile.

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Dieci anni più tardi, quando la Napoli ancora piena di speranza della fine degli anni novanta è ormai diventata la città completamente paralizzata dei giorni nostri, i registi riprendono in mano la telecamera e tornano alla ricerca di quelli che ormai non sono più degli adolescenti, ma giovani uomini e donne. Alle “cose belle” Fabio, Enzo, Adele e Silvana non credono più. O forse hanno imparato a non cercarle nel futuro o nel passato, ma nell’incerto vivere delle loro giornate, nella lotta per un’esistenza, che forse sarebbe meglio definire resistenza.

 

“Nel riavvicinarci ad Adele, Enzo, Fabio e Silvana – spiegano i registi – ci rendemmo subito conto che le loro esistenze sembravano ferme, cristallizzate, senza prospettive di miglioramento. Questo ci creò un disagio palpabile, direttamente collegato al dolore per la loro condizione ma anche per quella di una città che ci aveva adottati e che ormai stava andando alla deriva sotto gli occhi del mondo. Avevamo anche paura di “speculare” cinematograficamente su tutto questo, sull’immagine – diffusa a livello internazionale, anche grazie al successo del romanzo e del film Gomorra – di una Napoli ostaggio dell’immondizia e del sistema di ecomafia che la gestiva.

Ma la paura e il disagio si sono poi affievoliti, fino a sparire, grazie alla loro forza vitale, all'indisponibilità ad arrendersi, alla dignità con cui cercavano di rimanere a galla. I nostri due ragazzini erano diventati uomini, così diversi tra loro ma ugualmente legati dalla precarietà del lavoro. Le due ragazze adolescenti erano donne, una delle due mamma di una bimba, l'altra mamma "adottiva" di sua madre e dei suoi fratelli. Tutti e quattro testimoni di una napoletanità che ben presto scoprimmo essere l'anticamera locale di quello che sistematicamente succedeva, poco dopo, a livello globale.

Perché forse Napoli è l’Italia al cubo, e non solo l’Italia”.

Il film rimarrà in programmazione allo Stensen sabato 6 settembre (ore 17.15 e 21.00), domenica 7 (ore 17.15, 19.00 e 21.00), martedì 9 (ore 17.15 e 19.00), mercoledì 10 (ore 17.15, 19.00 e 21.00).

Prezzi:

€ 6,00 intero; € 4,50 ridotto (under 30, convenzioni, mercoledì feriali)

pomeriggi: € 4,50 prezzo unico

STENSEN |Viale don Minzoni, 25/c |  www.stensen.org | 055 576551

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