Indagine e sequestro del pomodoro: a rischio la filiera produttiva

In Toscana il 50% del prodotto realizzato dalla Maremma. Saccardi: “Tutelare produttori, lavoratori e consumatori”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 aprile 2021 14:12
Indagine e sequestro del pomodoro: a rischio la filiera produttiva

Firenze, 28 aprile 2021- Il settore è sconvolto dalle indagini avviate dai Carabinieri per la Tutela Agroalimentare e Forestale in provincia di Livorno, che hanno coinvolto il Gruppo Petti e alcuni suoi dirigenti dello stabilimento a Venturina (Li), dove sono stati sequestrati quantitativi di pomodoro falsamente etichettato come italiano. Gli Inquirenti hanno anche l'obiettivo di evitare speculazioni che potrebbero mettere a repentaglio l’immagine di un comparto fondamentale per la filiera agroalimentare italiana.

“Ci sono due punti fermi in questa preoccupante vicenda: la fiducia nel lavoro degli inquirenti e della magistratura e la necessità di salvaguardare il futuro della filiera toscana del pomodoro e dei tanti addetti e su questo aspetto l’attenzione della Regione, a difesa dei produttori locali, dei lavoratori impiegati nel comparto e dei consumatori, sarà massima”. La vicepresidente e assessora all’agroalimentare, Stefania Saccardi, interviene sull’inchiesta per presunta frode in commercio che ha coinvolto l’azienda Italian food del Gruppo Petti.

“Le frodi alimentari – prosegue – sono nemiche non solo della salute dei cittadini, ma anche della buona economia, soprattutto in un settore come quello dell’agroalimentare che, in Toscana, ha nel rispetto della qualità e della tipicità i suoi punti di forza”.

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"Non possiamo che riporre la stessa fiducia anche nell’azienda coinvolta augurandoci che possa, dal canto suo, chiarire la propria posizione e dissipare ogni dubbio sul proprio lavoro -è la posizione dell'Anicav- L’Associazione ribadisce il suo totale impegno a favore della massima trasparenza a tutela dei consumatori, così come testimoniato nel corso degli anni anche dalle posizioni assunte a sostegno dell’introduzione dell’etichettatura di origine obbligatoria per tutti i derivati del pomodoro, che, ha reso obbligatorio ciò che volontariamente le nostre aziende già fanno e continueranno a fare indicando in etichetta la provenienza italiana del pomodoro".

“La frode che ha riguardato l'azienda Petti è il chiaro segnale che il pomodoro maremmano deve essere valorizzato ancora di più di quanto non sia stato fatto fino ad oggi”. Così Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana, sulla vicenda che ha coinvolto l’azienda toscana che utilizza parte del prodotto da industria coltivato in Maremma. “Se confermato dalla indagini, il comportamento dell’azienda è assolutamente da stigmatizzare e mette ancora più in evidenza come l’aumento della domanda di questo prodotto renda necessario una maggiore valorizzazione, anche economica, del pomodoro maremmano. Il consumatore deve scegliere non solo in funzione del prezzo, ma della qualità. Se ci fosse una minore marginalità sulla distribuzione e commercializzazione forse riusciremo a tutelarlo ancora di più”.

In Toscana sono coltivati a pomodoro circa 2000 ettari, il 50% dei quali in Maremma ed il resto tra le province di Livorno e Pisa e il Mugello. Per coltivarlo in provincia di Grosseto si spendono mediamente dai 5 ai 7mila euro per ettaro, con una resa di 850 quintali. “Se lo si pagasse, come avveniva nel 2017, 82 euro alla tonnellata, non sarebbe più conveniente la sua coltivazione. Con l’avvento di Petti, vi è stata una crescita del prezzo all’origine fino ai 105-120 euro e dunque ad una redditività più elevata, ma ancora non sufficiente a garantire i margini giusti per gli agricoltori. Spero - conclude Neri . che ipotesi di reato come quelle contestate alla azienda livornese non frenino e non pregiudichino in qualche modo la trasformazione toscana, perché si rischierebbe di interrompere una filiera importante per l’economia toscana e la sostenibilità economica e ambientale”.

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