Il festival, diretto da Stefano Bartezzaghi e promosso da Fondazione Livorno, è gestito e organizzato da Fondazione Livorno - Arte e Cultura, con la collaborazione del Comune di Livorno e il patrocinio della Regione Toscana, E’ partner della manifestazione Aedes Siiq, con il supporto di Pictet; Rai Radio2 è media partner.
«L’arte, la narrativa, la poesia, il cinema, il fumetto, il giornalismo e persino la politica sono i territori in cui umorismo e comicità diffondono i loro princìpi attivi, che sono secondo i casi nutritivi o velenosi – afferma il direttore del festival Stefano Bartezzaghi-. Nutritivi quando la risata che ne deriva ci aiuta a ridimensionare gli intoppi che ci separano dalla realizzazione dei nostri desideri. Velenosi, invece, quando proprio non ci resta che ridere».
Ed è per questo che la lectio magistralis che aprirà il festival (venerdì 22 settembre, h. 17.30) è affidata a Massimo Recalcati, che l’ha voluta intitolare «Il desiderio ci prende in giro?». Nel sottotitolo - «Sulle vicissitudini tragicomiche del desiderio umano» - pare quasi proiettarsi l’ombra immortale dell’eroe del tragicomico italiano contemporaneo, quel Fantozzi rag. Ugo del cui autore abbiamo appena compianto la scomparsa. Non è solo doveroso che il Senso del Ridicolo omaggi Paolo Villaggio, che del ridicolo ha rivelato un aspetto che con lui non potremmo che definire «clamoroso».
Di lui parlerà, più di tutti, il grande Enrico Vaime che, fra le tante voci del suo impareggiabile curriculum di umorista, è stato tra gli autori di «Quelli della domenica», il programma tv che rivelò il genio di Villaggio, quasi cinquant’anni fa, cioè nel fatale 1968. A conversare con Vaime (nell’incontro «Un tanto a umiliazione» di domenica 24, alle 16.30) sarà un suo più giovane collega: Pietro Galeotti, che come autore tv (in particolare di Quelli che il calcio, Anima mia, Che tempo che fa) ha collaborato con tutti i comici e le comiche che ci hanno fatto ridere negli ultimi trent’anni.
Forte di tale esperienza, nell’ultimo anno Galeotti ha assunto la direzione di Linus: di cosa è stato e di cosa è Linus parlerà in «Del Bello e del Buono» (sabato 23 settembre, h. 18.30), assieme a una nuova collaboratrice del mensile, Marina Viola, figlia dell’indimenticabile Beppe Viola che su Linus teneva una rubrica leggendaria, «Vite vere, compresa la mia». Sul palco con loro, il direttore del festival, in veste di lettore del Linusstorico e di quello nuovo, e la critica teatrale Sara Chiappori, che non solo è dalla prima edizione una collaboratrice della direzione del Festival, per le arti sceniche, ma è a sua volta una figlia d’arte: suo padre, Alfredo, con le sue strisce comiche è stata una delle firme di punta del periodo d’oro del mensile.
Alle copertine vecchie e nuove di Linus è dedicata poi un’esposizione alla Bottega del Caffè, sede dell’Associazione Lavoratori Comunali di Livorno, che quest’anno sarà, ancor più che nelle edizioni precedenti, un cuore pulsante del Festival: ospiterà la libreria, uno spazio radiofonico di RadioDue – presidiato da Marco Ardemagni – un angolo ristoro dove poter gustare centrifughe e piatti green fra un incontro e l’altro.
Esposizioni e figlie d’arte: il festival di quest’anno si gloria e pavoneggia per una mostra di livello davvero eccezionale, “ABAB. La stanza dei giochi”, in cui l’opera di uno dei massimi artisti italiani del secondo Novecento, Alighiero Boetti, viene colta da un punto di vista del tutto inedito. Da bambina, la figlia Agata, con il fratello Matteo, frequentava lo studio di Boetti a Trastevere e vi ambientava i suoi giochi. I giochi coinvolgevano il padre e il suo stesso lavoro d’artista, da cui Agata prendeva spunti e a cui regalava idee e origami di rane.
Presso la Sala degli Archi della Fortezza Nuova (inaugurazione venerdì 22 settembre, h. 16.00) verrà fantasiosamente ricostruita la loro Stanza dei Giochi e si potrà ammirare il dialogo divertito e intelligentissimo fra le opere del padre e i giochi della figlia: verrà persino ricostruito un enorme e minuzioso atlante del regno animale, composto da centinaia di bestiole di plastica, su cui Agata, Alighiero e Matteo compivano safari ideali seduti su un tappeto volante.
Dei rapporti fra arte figurativa e umorismo parlerà la storica dell’arte contemporanea Antonella Sbrilli, che ha studiato snodi curiosi e spesso anche umoristici del rapporto fra scrittura e figura (basti pensare al suo lavoro sul Tristram Shandy di Laurence Sterne o alla mostra romana sull’arte del rebus). La sua panoramica su arte e umorismo si intitola «Monna Risa» (sabato 23 settembre, h. 11.15).
Agata Boetti, invece, parlerà di arte e padri assieme a Teresa Ciabatti, la scrittrice italiana che quest’anno ha conquistato il centro della scena letteraria con il suo La più amata, un romanzo attorno al mistero di un padre potente e taciturno, la cui ombra insiste a oscurare e inquietare la vita della figlia («Facciamo che io ero», domenica 24 settembre, h. 12.30).
Dopo la lectio del professor Recalcati, la serata inaugurale del festival ci porterà al Teatro Goldoni per una serata spettacolo condotta dal direttore del festival e intitolata: «Meno male che Silvio c’è», dove per Silvio va ovviamente inteso Silvio Orlando (venerdì 22 settembre, h. 21.30). Il suo irresistibile cardinal Voiello, in The Young Pope di Paolo Sorrentino, è solo la più recente e nota delle incarnazioni della sua comicità, sempre di impeccabile e discreta misura e sempre pronta a volgersi al drammatico.
Dall’esordio teatrale nello spettacolo Comedians di Gabriele Salvatores (con un cast che comprendeva i giovani Gigio Alberti, Claudio Bisio, Antonio Catania, Paolo Rossi, Bebo Storti), passando per il pasticcere trotzkista e gli altri personaggi interpretati per Nanni Moretti nonché certe spassose sitcom tv (Emilio, I vicini di casa), il nostro Silvio ha calcato alcuni fra i set cinematografici e tutti i palcoscenici più importanti di Italia, vincendo Coppe Volpi, Palme d’Oro, Nastri d’Argenti e guadagnandosi una popolarità affettuosa e ammirata, che tanto gli assomiglia.
Un’occasione straordinaria chiamerà poi per una seconda volta il pubblico del festival al teatro Goldoni. Fabrizio Gifuni regalerà infatti un saggio della sua capacità, unica nel panorama teatrale, di portare in scena la letteratura, dando voce, corpo e profondità agli scritti di autori come Pier Paolo Pasolini e Giovanni Testori (sabato 23 settembre, h. 21.00). A Livorno si cimenterà con Carlo Emilio Gadda, di cui ha già affrontato i dolenti e amletici mémoires delle due Guerre in un monologo teatrale e a cui ha dato voce nell’audiolibro di Quer pasticciacccio brutto de via Merulana.
Un autore considerato difficile e tortuoso dai lettori più pigri si rivela, per voce e azione di Gifuni, il più formidabile esploratore della tragica comicità del mondo e della lingua (meglio, delle lingue) tramite cui cerchiamo di farcene un’idea. Ci ricorda Gifuni che, per Gadda, teatro è il mondo: la risata è il fulmine che ne squarcia il fondale dell’apparente normalità. Il genio di Gadda e l’arte di Gifuni promettono un incontro imperdibile.
Della comicità di Gadda parlerà poi lo scrittore, critico, editore e organizzatore culturale Ernesto Ferrero, che ha lavorato all’edizione di alcuni testi dello scrittore lombardo («Il riso amaro dell’ingegnere», domenica 24 settembre, h. 12.00) e che inseguirà la comicità gaddiana nelle sue diverse forme di satira, commedia, invettiva, autodenigrazione, furore.
La sezione letteraria del festival sarà particolarmente corposa. Il nostro viaggio d’Italia della comicità tocca quest’anno i territori emiliani battuti dagli eroi dello scrittore Gianni Celati, studioso ed erede della tradizione cavalleresca dei poemi eroicomici ma anche animatore della stagione «creativa» della Bologna anni Settanta, a cui partecipò come docente di letteratura angloamericana (con uno storico seminario su Alice di Lewis Carroll) ma anche come saltimbanco. Di lui ci parlerà Nunzia Palmieri, docente di letteratura italiana all’università di Bergamo e curatrice delle opere di Celati per il Meridiano Mondadori («Ridere con Celati», domenica 24 settembre, h. 10.00).
Ma letterario è anche il lavoro del poeta e scrittore Bruno Tognolini a proposito delle “Chimerine Poetiche”, cioè delle parole deformate con cui i bambini ricostruiscono il mondo a modo loro, ad esempio “I Romani si dividevano in due classi: i Patrizi e i Playboy”. («La persistenza del pisciancòra», domenica 24 settembre, h. 17.30).
I bambini, si sa, sfidano il senso del ridicolo. Ma devono farlo anche gli scrittori, sia perché il ridicolo è uno dei mostri che i loro personaggi devono affrontare, sia perché loro stessi, nel mandare nel mondo le loro opere, devono superare inibizioni e timor panico «da palcoscenico». Del ridicolo come segreto motore della narrazione parlerà lo scrittore Paolo Giordano, in una conversazione con il direttore del festival («La paura del ridicolo», domenica 24 settembre, h. 11.00).
I rapporti fra umorismo e poesia saranno oggetto di ben tre incontri. L’attrice Sonia Bergamasco si impegnerà in un reading della maggiore poetessa britannica vivente, Carol Ann Duffy, la cui raccolta «La moglie del mondo» è una galleria di donne che danno, finalmente, la loro versione dei fatti. Dietro ogni grande uomo c’è una donna che su di lui normalmente la pensa molto diversamente. Euridice non ha alcuna voglia di seguire Orfeo, Cappuccetto il lupo lo va a cercare, Penelope non chiede di meglio di starsene a fare e disfare la sua tela («La moglie del mondo - La donna nel mito, un’altra versione», sabato 23 settembre, h. 11.00).
La poesia, infatti, può far anche ridere: a spiegarlo sarà la giornalista Irene Soave («Quando sono felice, esco», domenica 24 settembre h. 15.30), in una veloce rassegna che va da Marziale alla poesia contemporanea, non solo di una poetessa affermata come Patrizia Cavalli ma anche nei sorprendenti e discussi successi che Internet ha corroborato per poeti ormai popolarissimi come Guido Catalano.
Marco Ardemagni parlerà invece con Stefano Bartezzaghi della poesia che nasce dal gioco di parole, dal gioco enigmistico, da vincoli stravaganti, come l’abrogazione di una, o di quattro, vocali o l’uso dissennato della rima («Oulilà: piccola rassegna di poesia enigmistica e artificiale», sabato 23 settembre, h. 12.30).
L’autore comico Walter Fontana rifletterà su come è divenuto difficile, per un comico, spiazzare un pubblico che è oramai abituato a tutto, in tutti i campi («Salga a bordo, perbacco!» sabato 23 settembre, h. 15.30). In effetti, se si pensa a una figura come quella di Donald Trump, occorre ammettere che i moduli spettacolari di una comicità anche deteriore possono essere utili per andare a occupare la poltrona più potente del globo.
Di questa vicenda bizzarra e sconcertante riferirà, con il dovuto sgomento, il giornalista italiano che l’ha seguita più da vicino, innovando oltretutto le tecniche e il linguaggio giornalistico: è il vice-direttore del Post, Francesco Costa («Come parla Donald Trump», sabato 23 settembre, h. 10.00).
Nell’anno in cui si celebra il cinquantesimo anniversario dalla scomparsa, non si poteva certo tralasciare Totò. Lo ricorderà la scrittrice napoletana Valeria Parrella, il cui culto per Totò si rivolge innanzitutto al modo in cui la sua comicità è penetrata nel Dna napoletano e continua a esprimersi nei gesti, nelle battute, nell’atteggiamento verso il mondo. L’ammirazione e la gratitudine per l’artista si trasformano così, tutti i giorni, dopo mezzo secolo, in vita vissuta («”Sabato Trippa”», sabato 23 settembre, h. 17.00).
Totò si potrà ammirare anche sullo schermo cinematografico, poiché Guardie e ladri, il capolavoro di Monicelli e Vanzina che interpretò con Aldo Fabrizi, aprirà la rassegna di film comici, che proseguirà nei giorni successivi con Kamikazen di Gabriele Salvatores (film tratto dallo spettacolo Comedians di cui fu protagonista fra gli altri Silvio Orlando) e si concluderà con l’ormai classico Non ci resta che piangere di Roberto Benigni e Massimo Troisi.
Ai bambini si rivolgono i laboratori «Il gioco dell’a…rte» e «La forma delle storie», curati da Giulia Addazi, nei giorni del festival.
L’ultimo appuntamento del programma sarà davvero speciale. Dopo la sua partecipazione all’edizione 2016, Matteo Caccia torna al festival non più per un singolo incontro ma per concludere un percorso cominciato a maggio, quando alla Terrazza Mascagni raccolse per un intero weekend storie e testimonianze dei livornesi sulle loro estati («A Livorno è sempre estate», domenica 24 settembre, h. 18.45). Le loro parole ora sono diventate uno «story show» con cui Matteo metterà in scena Livorno che parla di se stessa.