L’inflazione in Toscana schizza al 3,7% con Firenze al primo posto, seguita tra i capoluoghi di provincia da Livorno 3,4%. Ad incidere pesantemente è l’incremento dei prezzi al consumo nel 2021 (+1,7% leggermente inferiore rispetto al trend nazionale) che si sta scagliando sulle famiglie toscane già stremate dalla lunga pandemia. A pesare sono i prezzi di abitazione, acqua, elettricità, gas ed altri combustibili (+ 6,5%), trasporti (+4,9%), servizi ricettivi e di ristorazione (+ 1,4%).
A dirlo è Coldiretti Toscana sulla base dei dati Istat relativi al 2021 sui prezzi al consumo secondo cui l’effetto inflazione costringerà molti nuclei a “tagliare” la spesa. “E’ in pieno corso – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana – una tempesta perfetta che sta costringendo molte famiglie a cambiare abitudini alimentari e a fare lo slalom tra più esercizi commerciali alla ricerca di prodotti che costano di meno a discapito della qualità. Gli effetti sono già tangibili e senza misure straordinarie per calmierare l’impennata dei costi energetici le ripercussioni saranno pesantissime nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”.
La tempesta perfetta si è abbattuta sulla campagna toscana dove a causa della stangata sulla bolletta energetica oltre 40 mila imprese agricole sono state costrette ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. “I dati di dicembre – spiega ancora Filippi - confermano per altro che l’incremento del 2,9% dei prezzi dei prodotti alimentari è minore rispetto all’inflazione costringendo molte imprese agricole a vendere sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera gli oneri delle promozioni commerciali”.
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Inoltre – continua Coldiretti – l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano +65%. Non si sottraggono ai rincari anche i fertilizzanti a base di azoto, fosforo e potassio che subiscono anch’essi una forte impennata (+60%).
L’aumento dei costi riguarda anche l’alimentazione del bestiame, il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi ma ad aumentare sono pure i costi per l’essiccazione dei foraggi, delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne. Il rincaro dell’energia – continua Coldiretti Toscana – si abbatte poi sui costi di produzione come quello per gli imballaggi, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi.
Serve – conclude Coldiretti – responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle.
Il mese di dicembre 2021 ha registrato il picco storico di rialzo dell’energia elettrica e del gas che rispetto al mese precedente sono aumentati, rispettivamente, del 25% e del 41%. E la portata della crisi energetica amplierà il suo raggio di azione in questo inizio 2022 perché saranno coinvolte anche le realtà che fino al 31 dicembre erano collocate su di un prezzo fisso, ma che dall’inizio dell’anno stanno facendo i conti con gli aumenti. Una situazione che sta già sfiancando interi settori industriali e che rischia, nel corso del 2022, di provocare una lunga serie di fallimenti e chiusure. E’ questo il quadro sulla crisi energetica fatto dall’osservatorio privilegiato di Power Energia, cooperativa di utenza che dal 2006 fornisce energia elettrica e gas a migliaia di aziende.
“Questa complessa situazione sta mettendo a dura prova l’equilibrio economico di famiglie e interi comparti produttivi - commenta Giuseppe Gori, membro del cda di Power Energia e presidente delle Confcooperative Toscana Nord -. E’ quindi necessario che la politica intervenga quanto prima su due fronti: il primo, a breve termine, per calmierare i prezzi ed evitare che il nostro tessuto produttivo salti in aria; e il secondo, nel medio periodo, per cambiare il sistema di approvvigionamento ed evitare scenari di questo genere.
Su questo fronte - aggiunge Gori - la strada è di certo quella delle rinnovabili e dell’indipendenza energetica e a questo proposito ricordo che una risposta importante ed efficace potrebbe arrivare dalle comunità energetiche, in cui cittadini e imprese diventano produttori di energia da fonti rinnovabili. Lo sviluppo di queste comunità avrebbe tre benefici: la riduzione del costo della bolletta, i premi per l’autoconsumo fissati dal Governo e la vendita al gestore dell’eccedenza di energia prodotta per l’immissione in rete.
La nascita di queste realtà è incentivata nel Pnrr da un fondo di 2,2 miliardi che ha l’obiettivo di contribuire ad abbattere la spesa da interessi nell’investimento e io auspico che l’Italia colga questa occasione”.
“L’impennata delle bollette riguarda l’intero sistema produttivo, non solo le imprese energivore ma anche e soprattutto le micro e piccole imprese che sopportano la maggior parte degli oneri generali di sistema. Qualsiasi soluzione il Governo si accinga ad adottare sarà insufficiente e parziale se non terrà conto delle esigenze delle piccole imprese”. Così Luca Tonini, presidente di CNA Toscana, sugli aumenti dei costi delle bollette energetiche che stanno mettendo in ginocchio un sistema economico-produttivo già provato.
Una soluzione al problema che chiama in causa sia la politica centrale che quella locale: “le politiche energetiche sono strettamente connesse a quelle ambientali. Se la Regione Toscana avesse al tempo affrontato le seconde, l’impatto dei rincari avrebbe potuto essere diverso, alleviando anche il costo della Tari che, nel tempo, ha assunto un peso crescente” spiega Giacomo Cioni, presidente di CNA Firenze. Il riferimento va alla mancata costruzione sul territorio di impianti di termovalorizzazione “da utilizzare – precisa Cioni – al netto dei recuperi dell’economia circolare e di un’adeguata raccolta differenziata”.
Un esempio? Il termovalorizzatore di Brescia che fornisce un significativo contributo al fabbisogno energetico della città visto che oltre a produrre energia elettrica, recupera il calore generato e lo convoglia, attraverso una rete di teleriscaldamento di oltre 670 chilometri, fino alle abitazioni dei singoli utenti.
“I rincari energetici sono per le imprese, al momento, un argomento ancor più cogente del Covid perché ci sono tantissimi comparti imprenditoriali in stand by con l’attività produttiva, divenuta spesso antieconomica, perché riversare sui clienti finali il costo di bollette che sono nei casi peggiori triplicate è impensabile. Da qui lo stop alla produzione” prosegue Cioni.
Le richieste per il livello politico centrale sono avanzate da Tonini: “le piccole imprese e quelle artigiane subiscono una distribuzione iniqua del sistema degli oneri generali, a cui contribuiscono per il 49%, e con i quali finanziano anche, paradossalmente, le agevolazioni per le aziende energivore alle quali non accedono. La distribuzione sperequata aggrava i ‘normali’ costi energetici di un ulteriore 35%, mettendo le piccole imprese ai margini di un mercato in cui le imprese industriali hanno il vantaggio competitivo di pagare l’energia quattro volte di meno. È quindi necessaria la riforma rapida e drastica della struttura della bolletta, che garantisca una distribuzione più equa degli oneri generali di sistema tra le diverse categorie di utenti e legata all’effettivo consumo”.
Ma non solo. CNA chiede che si affronti la revisione della disciplina delle agevolazioni alle imprese a forte consumo di energia, limitando i benefici alle sole aziende che abbiano effettivamente realizzato interventi di efficienza energetica. Infine, va guardato con attenzione il fenomeno delle cosiddette rendite inframarginali che condiziona il peso dei costi energetici producendo extramargini di guadagno per alcuni produttori. Si tratta di un meccanismo che crea inefficienze nel processo di formazione del prezzo di borsa, che contribuisce ad aggravare ulteriormente un quadro già complesso.
Estra S.p.A. - tra gli operatori leader in Italia nel settore della distribuzione e vendita di gas naturale, attivo anche nella vendita di energia elettrica - presenta i risultati dell’Indagine “La povertà energetica e le misure per fronteggiarla”, focalizzata sul tema dei costi energetici in bolletta.
La ricerca, condotta dall’Istituto di ricerca Piepoli è stata realizzata a fine 2021 attraverso interviste con metodologia CATI su un campione rappresentativo della totalità della popolazione italiana. L’indagine ha analizzato le difficoltà economiche dei cittadini a coprire le spese energetiche, approfondendo molteplici temi: dal sentiment generale verso il Paese, all’impatto della bolletta energetica sul bilancio familiare, dagli atteggiamenti verso il pagamento della bolletta energetica, alle possibili misure di solidarietà.
Dall’indagine emerge un clima di negatività diffusa nella percezione dell’economia italiana con l’83% degli italiani (l’84% degli abitanti nelle aree Estra) che ritiene si sia verificato un peggioramento da inizio anno, ma la quota scende al 51%, se si pensa ad una previsione per i mesi futuri (65% nelle aree servite da Estra). Il 31% stima inoltre un aggravamento della propria situazione economica.
Analizzando il sovracampione dell’area Estra (Toscana, Marche e Abruzzo), relativamente a questo ultimo aspetto, notiamo una leggera risalita di ottimismo: stimano infatti un aggravamento delle loro condizioni economiche, il 19% degli abitanti rispetto al 31% complessivo del campione, viceversa, come abbiamo visto, risulta notevolmente accentuato in questa area il pessimismo rispetto all’andamento economico generale del Paese.
Le misure più efficaci per calmierare la bolletta energetica
Alta la quota degli italiani che percepiscono le bollette energetiche come la principale spesa sul proprio bilancio familiare: è citata dal 76% degli italiani ed è seguita dalle spese alimentari (48%) e dai trasporti (18%). La percentuale di quanti fanno fatica a sostenere le bollette energetiche ogni mese è invece più contenuta, e pari al 14% a livello nazionale e 10% nell’area Estra.
Tra le misure ritenute più efficaci dagli italiani per calmierare i costi della bolletta energetica, al primo posto troviamo il finanziamento della riduzione delle accise su gas e luce con la fiscalità generale (42%), seguita dal taglio degli oneri di sistema (40%) e dalla previsione di un contributo di solidarietà a carico dei percettori di redditi alti (21%). Le prime due misure, in particolare, vanno nella direzione delle iniziative intraprese dal Governo nel periodo autunnale con il c.d. “Decreto taglia-bollette” per calmierare i costi della bolletta energetica.
La difficoltà a sostenere le spese
Le bollette energetiche rappresentano la principale voce di spesa nel bilancio delle famiglie per più di 2 italiani su 3 (76%), seguita dalle spese alimentari (48%) e dei trasporti (18%). Il 21% degli italiani dichiara di fare fatica ad “arrivare a fine mese” e, in particolare, ben il 14% attribuisce questa difficoltà alle bollette energetiche, il 10% in Toscana. Questa condizione interessa ancor di più chi vive all’interno di nuclei familiari numerosi di almeno quattro persone (nel 21% dei casi in difficoltà a sostenere le spese energetiche), ma anche coloro che vivono in abitazioni vecchie (19%) e con un contratto di affitto (21%).
I comportamenti di consumo energetico
L’indagine ha preso in esame i comportamenti di consumo messi in atto per risparmiare energia: il 93% degli intervistati dichiara di spegnere sempre o spesso le luci quando è presente luce naturale, mentre l’85% fa lo stesso con il pc e l’81% con gli apparecchi in stand-by. Il 76% programma sempre o spesso l’uso degli elettrodomestici nei giorni e nelle fasce orarie ottimali, mentre soltanto il 60% riduce l’utilizzo dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento. Da segnalare che nelle regioni Estra si notano comportamenti di consumo dell’energia, più virtuosi rispetto alla media nazionale, anche rispetto agli impianti di nuova generazione installati o verso i quali vorrebbero tendere.
Inoltre, il 69% degli italiani afferma che intende sostituire, o che già lo ha fatto, i vecchi dispositivi e impianti con dei nuovi più efficienti, laddove invece più ridotta è la propensione attuale e futura per l’installazione di impianti di autoproduzione fotovoltaici (43% della popolazione), per il miglioramento dell’isolamento dell’edificio (40%), per l’installazione di impianti di produzione di acqua calda sanitaria da fonte solare (37%) e per l’adozione di sistemi di monitoraggio dei consumi per poter agire sulla loro riduzione (34%).
Opinioni sulle misure di solidarietà
La povertà energetica rappresenta per gli italiani un tema cruciale, con l’88% dei connazionali che si dichiara favorevole all’adozione di misure di solidarietà energetica (identica percentuale per le Regioni dell’area Estra, 88%, dove però si registra un maggior coinvolgimento: “molto favorevole”, rispetto agli “abbastanza favorevole”, infatti, si dichiara il 22%, rispetto al 18% della media nazionale. Per la quasi totalità degli intervistati tali misure spettano alle istituzioni (Stato, Comuni, etc.), che dovrebbero sostenere le fasce più fragili della popolazione (93% - 88% nelle regioni Estra), seguite al secondo posto (16% degli italiani) dalle aziende energetiche.
Le azioni da porre in campo riguardano al primo posto la riduzione delle tasse sulle bollette energetiche per liberare risorse utili al pagamento delle bollette per le famiglie in difficoltà. L’adesione a questa proposta è plebiscitaria, pari al 93% degli italiani.)
Una misura alternativa è rappresentata dall’attivazione di un’assicurazione di mutuo soccorso, che tuteli e sostenga le famiglie che non riescono a pagare le bollette, soluzione possibile per più di 1 italiano su 2 (63% - 68% nelle aree Estra). Ancora, il 59% degli italiani, percentuale che cresce al 67% in Toscana, Marche e Abruzzo, si è espresso in favore dell’istituzione di una quota di solidarietà in bolletta da destinare al pagamento delle bollette delle famiglie in difficoltà.
Una maggiore efficienza e autonomia nell’uso dell’energia, specie per chi vive in condominio, è invece la soluzione proposta, accolta dal 90% degli italiani nel campione di indagine. Accolta con deciso favore anche l’attività delle associazioni no profit, che vogliono promuovere una maggiore efficienza energetica delle comunità che vivono in condominio (90%, 92% nelle regioni di riferimento per Estra).
In termini di conoscenza delle componenti della bolletta, però, soltanto il 27% della popolazione è in grado di indicare e quantificare correttamente l’incidenza delle tasse sul totale della spesa, percentuale, che sale però al 34% nell’area Estra; ben il 42% degli italiani, invece, tende a sottostimare il peso della fiscalità, percependolo come inferiore rispetto alla realtà.
“I risultati dell’indagine testimoniano la centralità del tema dei costi dell’energia, anche alla luce dei recenti incrementi dei prezzi della materia prima. Estra vuole avere un ruolo attivo di sensibilizzazione, vicino a clienti e cittadini, che in qualità di multiutility energetica intende interpretare aprendo la strada a un dialogo strutturato con istituzioni e associazioni di categoria per avanzare, in ottica di collaborazione tra privato e pubblico, proposte innovative e concrete di sostegno a chi versa in condizioni di povertà energetica” - ha dichiarato Paolo Abati, Direttore Generale di Estra.
“Quella legata alla povertà energetica è forse la più dura tra le crisi “sommerse” che vivono le famiglie italiane. La bolletta dell’energia sembra essere la spesa che grava di più sul bilancio familiare, persino più di quelle alimentari. Il 14%, soprattutto famiglie numerose, fa fatica a pagare la bolletta e rinuncia, ad esempio, a proteggersi dal freddo riscaldando adeguatamente la casa. Tra gli italiani prevale l’idea per cui dovrebbero essere le autorità pubbliche a sostenere le famiglie in questa spesa, ma cresce anche l’idea dell’autotutela, di soluzioni solidali”- ha dichiarato Livio Gigliuto, Vicepresidente Istituto Piepoli.
Passano i giorni e l’impatto del caro-bollette sui bilanci delle imprese fiorentine del terziario si fa sempre più devastante. A raccogliere i dati tra i suoi associati è la Confcommercio Toscana: “il Grand Hotel Baglioni di Firenze, a dicembre 2020 pagava 13,850 euro a Kwh, che sono diventati 32,7 a dicembre 2021, quasi due volte e mezzo. Sempre a Firenze, l’hotel San Giorgio a dicembre 2019 spendeva per le forniture energetiche 4.500 euro, a dicembre 2021 si è ritrovato a pagarne 10.985: più del doppio, a fronte di consumi minori visto che anche l’attività, purtroppo, nel frattempo è diminuita.
Per qualcuno i costi dell’energia sono addirittura più che triplicati: è il caso, sempre a Firenze, della trattoria La Madia. L’importo della prima bolletta del 2022, da saldare entro l’11 febbraio, è di 3.175 euro quando esattamente un anno fa ne pagava 1.021. Qui, o si mantengono posti di lavoro o si paga la luce!”, dice il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, che racconta “ogni giorno ricevo da associati di tutta la regione, decine e decine di messaggi in cui lamentano situazioni analoghe”.
“Il tutto”, commenta Marinoni, “avviene nel disinteresse più completo, o quasi, da parte dello Stato, che non ha trovato il modo di spiegare davvero le motivazioni che si celano dietro questi rialzi spropositati, né tanto meno di individuare una soluzione. La questione va risolta in maniera strutturale, per esempio investendo i soldi del Pnnr per rendere il nostro Paese indipendente dalle forniture estere di energia”.
“Gli aumenti aggiungono sale alle ferite in un terziario già allo stremo, costretto da due anni a barcamenarsi fra incassi in discesa costante e costi che invece continuano a salire”, prosegue Marinoni. “Sì, ci sono i ristori, ma si tratta per lo più di cifre esigue, che adesso non bastano più neppure a ripianare l’aumento di gas ed energia. Sarebbe meglio che, al posto di ristori inconsistenti, si cancellassero gli aumenti di tariffe e bollette di questi giorni!! Di questo passo invece, senza aiuti sufficienti, senza cassa integrazione, senza ricavi, in migliaia saranno costrette alla chiusura. Come è possibile che lo Stato assista impotente a questo sfacelo?”.
In gioco non c’è solo il futuro delle imprese. “Cancellando dalle nostre città negozi, ristoranti, bar, strutture ricettive e tante altre aziende che ora ci garantiscono servizi importanti – ribadisce Marinoni – si mette in discussione un intero sistema di accoglienza che tutto il mondo ci invidia e un modello di vita e di consumo consolidati e frutto eccellente dell’italianità. Le ripercussioni saranno pesanti anche per l’immagine dell’Italia, non solo per la sua economia. Ogni saracinesca abbassata, ogni dipendente licenziato sono una sconfitta per tutti. Ma nei palazzi romani questo tema non pare interessare, è evidente: ora c’è da discutere sugli accordi per l’elezione del Presidente della Repubblica, Berlusconi sì o Berlusconi no, domani chissà. Le imprese, spina dorsale del nostro Paese, non sono mai una priorità. Al limite, si pensa di tenerle buone con una mancetta”.
Ma gli ostacoli per le imprese del terziario non sono finiti qui. Confcommercio evidenza anche la complessa trafila burocratica legata alla gestione dei casi di Covid. “Non bastavano gli effetti devastanti del rialzo dei contagi, che tra quarantene, positivi, smart working e Dad ha fatto sparire la gente dalle strade, azzerando o quasi i clienti potenziali di locali e negozi. Ora ci si mette anche la burocrazia da Covid, che allunga a dismisura i tempi delle guarigioni”, dice esasperato il presidente di Confcommercio Toscana Aldo Cursano.
“Sarebbe bene che lo Stato prendesse una volta per tutte la decisione di rendere obbligatorio il vaccino. Ora per tutelare chi non lo vuole fare siamo obbligati all’assurdo: persone con la terza dose che si ammalano e, nonostante la totale assenza di sintomi, devono restare a casa fino a venti giorni e più. Non parlo solo di dipendenti – la cui assenza rende faticosa la turnazione per chi resta – ma anche di imprenditori che mandano avanti da soli l’attività. Se mancano, il negozio resta chiuso, giorni e giorni senza incasso e con i costi che continuano a girare. E loro costretti a stare fermi quando prima dell’epoca Covid sarebbero andati al lavoro anche con la febbre alta. Perché per qualcuno ammalarsi è un lusso”.
Urgente, per la Confcommercio, è anche ripensare l’organizzazione e la sicurezza delle aree di lavoro - negozi e locali ma anche luoghi della produzione – nel dopo Covid. “Chiediamo un credito d’imposta consistente e aiuti per chi, ad esempio, acquista attrezzature per il ricambio dell’aria”, fa sapere il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. “Le imprese devono pensare ora ad adeguarsi ai nuovi stili di vita post pandemici. Eppure, al Governo nessuno pare pronto a pensarci programmando una strategia efficace per governare il cambiamento. A meno che qualcuno conti sul fatto che nel post pandemia non ci siano più imprese...”.