Il sottosegretario al Ministero degli Esteri Manlio Di Stefano (M5S) è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi su Radio Cusano Campus.
Sulle parole di Draghi: ("Vogliamo la pace o il condizionatore acceso?"). “Credo che se la guerra l’avessimo su Roma non ce lo porremmo nemmeno il dubbio –ha affermato Di Stefano-. La riflessione che si poneva il presidente Draghi è esattamente questa. E’ troppo facile riflettere su quanto sia importante il gas, il grano, l’olio, tutte cose molto importanti sulle quali infatti stiamo lavorando, quando però le bombe non ce le hai a casa tua. Siccome riteniamo che la guerra in Ucraina sia una guerra in casa nostra perché il disegno di Putin era molto chiaro, nelle interviste che faceva nell’ultimo anno parlava apertamente di ritorno all’impero russo.
Allora, con questa visione dobbiamo riflettere su quale sia il livello di nostro sacrificio possibile per fermare questa situazione. Dall’altra parte, dobbiamo lavorare alla pace con i tavoli negoziali, ma anche all’alternativa se vogliamo accendere i termosifoni: trovare fonti alternative, sono certo che dei 29 miliardi di metri cubi di gas che importiamo dalla Russia, per l’inverno prossimo potremo coprire già tre quarti con gli accordi che abbiamo già preso. Ovviamente questa è un’economia di guerra, non è che possiamo pensare che sia tutto uguale, tutto facile come è stato finora”.
Sulle armi all’Ucraina. “Torniamo sempre lì, questa è una guerra locale o è una guerra all’Europa? E’ una guerra all’Europa. Non lo dico perché Putin abbia mosso davvero mezzi in Europa, lo dico perché il disegno, nelle sue dichiarazioni precedenti al conflitto, parlano dell’Ucraina e dei Paesi dell’ex Unione Sovietica come il giardino di casa dei russi. L’Europa deve rispondere e rispondere con le sanzioni è l’unica cosa che si può fare, a meno che non vogliamo entrare davvero in una terza guerra mondiale”.
Sull’aumento del 2% della spesa militare. “Gli Usa coprono in larghissima parte il bilancio della Nato e il motivo per cui vi è questa discussione sulle spese al 2% del pil. E’ come quando vai al ristorante, più paghi e meglio mangi, più spendi e più peso hai nelle decisioni, questo fa parte delle cose nelle organizzazioni umane. L’UE deve avere una sua politica comune, in modo che possa sedere al tavolo della Nato con un peso diverso”.