Venerdì di sciopero per i lavoratori della Distribuzione Cooperativa e della Distribuzione Moderna Organizzata per il rinnovo del Contratto nazionale, una agitazione indetta a livello nazionale da Cgil-Cisl-Uil di categoria.
I lavoratori delle Cooperazione, oltre 12mila in Toscana, denunciano di essere senza Contratto Nazionale "per la pretesa della controparte di trovare una soluzione che peggiorerebbe diritti e retribuzione, a partire dal non pagamento dei primi tre giorni di malattia, a fronte di un aumento salariale complessivamente più basso di quello già siglato con Confcommercio, archiviando la distintività cooperativa valore fondante del movimento". La situazione sarebbe aggravata ulteriormente dai comportamenti di molte singole aziende che in questi anni "hanno operato disdette dei contratti integrativi, aperto procedure di licenziamento e, soprattutto, pretendendo aperture per le Festività, massima flessibilità degli orari, peggiorando le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori".
I segretari generali toscani Cinzia Bermardini (Filcams Cgil), Carlo Di Paola (Fisascat Cisl), Marco Conficconi (UilTucs) hanno chiesto sostegno e solidarietà, "non andando a fare la spesa il 22 dicembre nei punti vendita di Unicoop Tirreno, Unicoop Firenze, Coop Centro Italia, Carrefour, Coin, Decathlon, Despar, Esselunga, Ikea, Leroy Merlin, Metro, OVS, Upim, Zara, ecc".I punti vendita Unicoop Firenze sono rimasti aperti nonostante lo sciopero ma saranno chiusi per Natale, Santo Stefano, Capodanno ed Epifania. "Sono quattro delle dieci festività di chiusura garantita dal nuovo piano di aperture festive della cooperativa, presentato la scorsa primavera per “soddisfare i bisogni, senza forzare i consumi”.Unicoop Firenze, anche in risposta alle sollecitazioni dei lavoratori, la scorsa estate ha modificato la politica di aperture festive, nell’ottica di tenere insieme etica ed impresa, valori cooperativi e sostenibilità economica.
La linea della Cooperativa garantisce la chiusura nelle dieci festività “comandate” religiose e civili e, durante l’anno, l’apertura domenicale limitata alla sola mattina nel 40% dei punti della rete di vendita, con relativa chiusura dell’intera giornata dell’altro 60% dei punti di vendita. Fra le festività di chiusura garantita Natale, Santo Stefano, Capodanno e l’Epifania, tutte date in cui parte della concorrenza resterà aperta, a discapito della qualità della vita dei dipendenti".
Vincenzo Donvito, presidente Aduc commenta la vicenda dal punto di vista dei consumatori: "Puntuale come un orologio svizzero ecco la proclamazione dello sciopero del commercio per i giorni festivi canonici di questo fine anno. Sono i sindacati cosiddetti confederali a proclamarlo, con altrettante proclamazioni di lotta e di governo contro la legge che consente ai commercianti di decidere per conto proprio, Quest’anno c’e’ di nuovo che, a livello di organizzazioni politiche, pur se non sappiamo cosa ne pensino dello sciopero specifico, anche l’emergente movimento 5 Stelle, e’ schierato coi sindacati; non solo per la chiusura nei giorni canonici, ma anche per le domeniche e altre feste, pari pari a quello che timidamente ogni tanto dicono i prelati cattolici romani, convinti che i negozi chiusi possano portare i consumatori a tornare ad essere fedeli ed andare in chiesa non solo per vedere i bei monumenti ma anche per le funzioni religiose. Un mantra che si ripete ad ogni gruppetto di feste.
Un mantra a cui -purtroppo e nostro malgrado- ci accodiamo puntualmente per evidenziare gli aspetti politici, economici e ridicoli della vicenda. Meno male che ogni tanto ci sono delle novita’ (M5S), cosi’ abbiamo piu’ argomenti per meglio spiegare le nostre ragioni. A meno che non ci sia chissa’ quale rivoluzione che ci porti fuori dall’Occidente, o magari per infilarci in quell’Occidente stile Polonia o Ungheria, questi scioperi e questi proclami lasciano il tempo che trovano.
I sindacati sono pietosi perche’ difendono solo il loro potere contrattuale e di controllo dei lavoratori del settore, che evidentemente loro giudicano immaturi e incapaci di scegliere se e quando lavorare; non solo, ma sono anche ottusi di fronte al reale aumento della disponibilita’ di lavoro che la deregolamentazione degli orari degli esercizi commerciali ha portato in quel settore. Quelli del M5S, ammesso che tutti siano d’accordo col loro leader Di Maio, sono alla ricerca di consensi in tutte le sacche di dissenso che un sistema democratico non puo’ non avere… ed ora si sono accorti degli orari dei negozi….
fra un po’, dopo le sparate mediatiche (fatte -crediamo- proprio ad arte), se ne dimenticheranno e -come spesso fanno- cominceranno a dire il contrario. In mezzo i consumatori, cioe’ tutti noi nella veste di soggetti economici con un grande potere, quello dell’acquisto o del non-acquisto. Noi -modestamente- crediamo che e’ ai consumatori che deve essere lasciata la decisione se la domenica andarsene in chiesa, in un negozio, al mare, in montagna, in campagna; l’importante e’ che i consumatori siano liberi di scegliere e non costretti, per noia o per abitudine, ad andare -per esempio e senza acredine preconcetta- in chiesa, come facevano anche i loro genitori e i loro nonni e i loro trisnonni, perche’ “cosi’ fan tutti”. Nessuno ce ne voglia, ma e’ solo il nostro modo di esser liberi.
Con anche un occhio all’economia che sembra ne tragga ampi benefici da questa liberta’, per tutti e non solo per i padroni di Stato e politici" conclude l'Associazione.